In un antico Erbario figurato dell\’Italia centrale, datato sec. XV (quindi di piena epoca umanistica), troviamo scritto: \”L\’erba Achillea possiede diverse virtù curative: cicatrizza rapidamente ferite e piaghe d\’ogni genere, rende più digeribili cibi e bevande a coloro che non potessero ritenerli ed è un utile rimedio contro le emorroidi. Combatte, infine, il mal di denti ed arresta la diarrea. Bevendo spesso l\’acqua del suo decotto, non si dovranno temere i veleni assunti, anche a propria insaputa, per bocca, perché l\’Achillea è un ottimo antidoto al veleno\” (il testo latino è: \”Haec herba est bona ad vulnera sanando/ Ad moroidas/ Ut non timeas eos qui cibum retinere/ Ut non timeas venenum in toto anno/ Ad fluxum ventris/ Ad dolorem dentium/, etc.).
In altro antico testo di medicina popolare dell’Umbria datato sec. XVI, troviamo: \”Per fermare li denti, si mastica e si tiene in bocca un pezzo di radica (radice) del Mille foglie\”. Riprendiamo dunque a parlare delle piante con questi consigli botanici che ci vengono da un lontano passato, ma che testimoniano ancora una volta le felici intuizioni fitoterapiche avute dai nostri progenitori (va ricordato che nei periodi in cui sono stati scritti questi rudimentali prontuari di medicina non si conoscevano i potenti strumenti per indagare su tutte le parti della pianta (microscopio, ecc.)! I medici o speziali del passato avevano già intuito alcune proprietà curative possedute dall\’Achillea, come quelle antispasmodiche, astringente, vulnearia (rimedio efficace nel favorire la cicatrizzazione delle ferite).
Il codice botanico è Achillea millefolium, delle Composite (chiamata anche Sanguinella, Erba del soldato, Stagnasangue, Erbe del Marchese, Erba delle ferite, e così via). La pianta possiede un portamento regale, con la sua altezza che va dai 30 ai 70 cm. Produce fiori bianchi o rosa (da maggio a ottobre) e foglie pelose, lunghe, molli, piccolissime (due o tre volte pennatosette, perciò è chiamata millefoglie). La pianta è conosciuta da millenni ed è presente ovunque nella nostra Umbria, soprattutto nei prati, lungo i margini dei viottoli di campagna e delle ferrovie; la troviamo anche sulle pendici del Monte Subasio e del Monte Tezio, perché può sopravvivere fino ai 2500 metri.
L\’Achillea millefoglie è tra le piante più preziose della farmacopea ufficiale. Nelle campagne umbre, fino a pochi decenni fa, non si usava soltanto per le numerose proprietà medicinali, ma anche per la sua virtù di conservare il vino (oggi si ricorre all\’iposolfito o solfito di sodio, anidride solforosa). I nostri contadini, per conservare il vino, mettevano nelle botti un sacchetto di semi d\’Achillea (come sarebbe bello consigliare agli enologi questo rimedio efficace e salutare!).
Questa mitica pianta è quella che si trova più abbondante nella nostra flora e contiene sostanze amare e tannino, dallo 0,1 allo 0,5 d\’olio essenziale, sesquiterpeni lattonici (achillina, achillicina, leucodina, millifolide), flavonoidi (apigenina, luteolina, quercitina), alcaloidi (achilleina, stachidrina, achiceina, trigonellina), acidi organici. L\’Achillea è un tonico amaro con alcune proprietà aggiuntive quali quelle antinfiammatoria, carminativa (facilita l\’espulsione dei gas intestinali), antispasmodica. La combinazione dei principi attivi diversi, precedentemente elencati, rende quest\’erba efficace anche nel combattere i disturbi biliari, in sinergia con alte piante, quali la \”Balsamite odorosa\” e l\’Elicriso (coleretica).
Un buon infuso d\’Achillea (sommità fiorite) è un rimedio efficace conto le mestruazioni dolorose.
Ecco le ricette. Infuso: 3 grammi di sommità fiorite della pianta in 100 d\’acqua. Berne due o tre tazzine durante la giornata. Decotto: 5 grammi di sommità fiorite in 100 d\’acqua. L\’acqua della decozione è utile per detergere ferite, ragadi al seno, emorroidi, geloni. I lavaggi con l\’infuso d\’Achillea servono anche come calmanti e astringenti.
Il nome Achillea ricorda l\’eroe greco Achille che, avendo appreso dal centauro Chitone le proprietà terapeutiche della pianta, se ne servì durante una battaglia per medicare un re ferito. Achille è stato il protagonista d\’Iliade ed ha sempre impersonato l\’ideale eroico della virtù guerriera. Figlio di Peleo, re dei Mirmidoni, per amore di gloria partecipa alla spedizione di Troia, pur sapendo che vi morrà.
Adirato contro Agamennone, che gli ha tolto la schiava Briseide, si ritira dalla battaglia e vi ritorna solo per vendicare l\’amico Patroclo, ucciso da Ettore.
A sua volta uccide l\’eroe troiano e fa scempio del suo cadavere, finché non si lascia commuovere dalle richieste del vecchio Priamo, permettendo di dargli sepoltura. La pianta Achillea, dal nome quindi del leggendario Achille, era nota anche ai Celti (antiche popolazioni di lingua indoeuropea, stanziate nell\’Europa occidentale e fiorite soprattutto in Gallia, Spagna, Isole britanniche, Germania, fra il 6° e 1° secolo a.C. Ai nostri giorni sono chiamati Celti le popolazioni che parlano lingue celtiche). E\’ una pianta anche onnipresente nella medicina popolare cinese.
I fusti di un\’Achillea affine, l\’Achillea ptarmica, infatti, che un tempo era impiegata come medicinale ma poco utilizzata ai giorni nostri, forniscono sotto il nome di Che Pou le 50 bacchette vegetali adoperate nel metodo divinatorio praticato in Cina già da 3000 anni e che è spiegato, in modo dettagliato, nel famoso libro delle mutazioni Yi-King.
Testo di Salvatore Pezzella
Tratto da: ilmessaggero.caltanet.it
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