Allarme Ipcc: cambiamenti climatici rapidissimi e già in parte irreversibili

Le attività umane hanno alterato l'equilibrio della Terra: nel 2019 la concentrazione di CO2 presente nell'atmosfera ha toccato il picco, il più elevato degli ultimi 2 milioni di anni. Siamo quasi al punto di non ritorno.

I cambiamenti climatici non sono mai stati così veloci e i loro effetti sono già in parte irreversibili: ad affermarlo è la prima parte del sesto report dell’Ipcc (Intergovernmental panel on climate change), l’organismo delle Nazioni Unite che studia i cambiamenti climatici fin dal 1990. Pubblicato in questi giorni con il titolo “Climate change 2021: the Physical Science Basis“, lo studio lancia un allarme sulla base dei dati scientifici più aggiornati, che parlano di una situazione estremamente grave. Secondo gli esperti, nel 2019 la concentrazione di CO2 presente nell’atmosfera era la più elevata degli ultimi 2 milioni di anni; quella di metano e biossido di azoto, i due principali gas serra, la più elevata degli ultimi 800.000 anni.

Anche la rapidità con cui corre il riscaldamento globale è allarmante, se si pensa che negli ultimi 50 anni la temperatura della Terra è cresciuta a una velocità mai toccata negli ultimi 2.000 anni; anche l’aumento medio del livello del mare è cresciuto a una velocità impressionante, mai vista negli ultimi 3000 anni. Sono questi i dati su cui dovranno basarsi le prossime decisioni riguardo alle strategie globali per fermare i cambiamenti climatici, tenendo conto che in parte sono già considerati irreversibili.

La speranza, è quindi di contenere il più possibile i danni, ma è chiaro che bisogna agire in fretta. Come è chiaro che non si tratti di un fenomeno naturale, ma che sia tutto legato all’attività umana: aumento della temperatura media globale, scioglimento dei ghiacci, fenomeni atmosferici anomali, perdita della biodiversità.

Un grafico tratto dal report Ipcc: dal periodo pre-industriale (1850-1900) la temperatura media osservata sulla superficie terrestre è aumentata molto di più della temperatura media globale di superficie (terra e oceano).

Cosa potrebbe accadere?

All’interno del report, gli esperti individuano i possibili scenari futuri: la temperatura superficiale globale continuerà ad aumentare almeno fino alla metà del secolo e, se nei prossimi decenni non avverrà una diminuzione drastica delle emissioni di gas serra, verranno disattesi gli accordi di Parigi sul clima – che prevedono di limitare il riscaldamento medio globale ben al di sotto dei 2ºC rispetto al periodo preindustriale, mantenendolo a 1,5ºC.

Con il continuo aumento della temperatura media globale, dovremo fare i conti con fenomeni atmosferici sempre più estremi e sistematici, tra i quali l’aumento della frequenza e dell’intensità di temperature estreme, precipitazioni pesanti in alcune zone e siccità in altre, cicloni tropicali intensi, scioglimento del ghiaccio marino artico, della copertura nevosa e del permafrost. Tutto questo tenendo conto che, pur agendo nel più breve tempo possibile, potrebbe essere troppo tardi: molti di questi cambiamenti sono da considerare irreversibili, se non nel corso di secoli o millenni, specialmente quando hanno a che fare con l’innalzamento dei livelli delle acque o lo scioglimento dei ghiacci.

Cambiamento individuale per la salvezza globale

Davanti a questi scenari catastrofici è chiara la necessità di una soluzione concreta e immediata; nonostante l’argomento sia da diverso tempo al centro di importanti vertici mondiali, l’impressione è che manchi una strategia comune e, soprattutto, la volontà di concretizzarla. Detto questo, anche se è ovvio che sia fondamentale un’azione che arrivi “dall’alto”, è anche vero che ognuno di noi può dare un contributo fondamentale per l’ambiente, scegliendo un’alimentazione a base vegetale.

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Finora il tentativo di ridurre l’emissione di gas serra nell’atmosfera si è infatti tradotto negli sforzi per ridurre le emissioni legate alla produzione di energia elettrica, ai trasporti e all’industria. Il punto, però, è tutto questo non basta: secondo uno studio dell’Università di Oxford, “l’eliminazione di tutte le emissioni di questi settori non sarebbe comunque sufficiente per raggiungere gli obiettivi stabiliti con l’accordo di Parigi. Il sistema alimentare globale è una delle principali fonti di emissioni di gas serra, circa il 30% del totale globale“.

Nonostante questo, è ancora poca l’attenzione riservata al legame che il cambiamento climatico ha con la produzione alimentare, anche se si calcola che, ogni anno, la produzione di cibo a livello globale porti a immettere nell’atmosfera 16 miliardi di tonnellate di anidride carbonica. Già nel 2018, gli studiosi dell’Università di Oxford avevano pubblicato una ricerca nella quale si afferma che i prodotti di origine animale contribuiscono per il 58% alla produzione di gas serra legati al cibo.

Che cosa stiamo aspettando? Il cambiamento è anche e soprattutto nelle nostre mani, e dipende da quello che scegliamo di portare in tavola ogni giorno.

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