Per il terzo anno consecutivo, Coca-Cola, PepsiCo e Nestlé figurano come i principali inquinatori da plastica al mondo, e sono sotto accusa per aver compiuto “zero progressi” nella riduzione dei rifiuti, nonostante i nobili obiettivi di sostenibilità annunciati globalmente. I dati provengono dal report annuale di Break free from plastic (BFFP), movimento internazionale che dal 2016 lotta contro l’inquinamento da plastica che affligge l’intero pianeta. L’organizzazione è composta da una fitta rete di volontari provenienti da tutto il mondo, che si occupano della raccolta e dell’identificazione dei rifiuti di plastica in diversi Paesi.
I numeri parlano chiaro e mostrano un quadro decisamente allarmante: quest’anno sono stati raccolti 346.494 rifiuti di plastica, il 63% dei quali è stato chiaramente identificato come a marchio Coca-Cola, le cui bottiglie sono state trovate su spiagge, fiumi e parchi in 51 delle 55 nazioni esaminate. Un primato che non fa certo invidia, e che rende la multinazionale addirittura peggiore di PepsiCo e Nestlé messi insieme: il marchio Coca-Cola (insieme agli altri brand del gruppo) è infatti stato trovato su 13.834 pezzi di plastica, mentre il marchio PepsiCo su 5.155 e il marchio Nestlé su 8.633.
Nella “top ten” delle grandi multinazionali coinvolte in questo disastro ambientale troviamo altri nomi noti, anche se 7 su 10 tra questi marchi hanno aderito al progetto The New Plastics Economy, che riunisce centinaia di imprese per lavorare verso un migliore uso della plastica attraverso iniziative volontarie. Il punto è che i progressi in questo senso sono minimi, e difficilmente verranno raggiunti gli obiettivi previsti per il 2025. Molte aziende, secondo BFFP, sono invece impegnate in campagne apparentemente incoraggianti – con claim che sponsorizzano l’uso di plastica riciclata o riciclabile – ma che di fatto consentono ancora un impiego indiscriminato di questo materiale. Quest’anno, poi, hanno giocato un ruolo fondamentale nell’inquinare l’ambiente anche le bustine monouso, utilizzate per vendere piccole quantità di prodotti come ketchup, caffè e shampoo, seguite dai mozziconi di sigaretta e poi dalle bottiglie di plastica.
La risposta delle aziende
I marchi coinvolti contestano le accuse legate al poco impegno per ridurre il loro impiego di plastica, e in particolare Coca-Cola ha affermato attraverso un portavoce che “l’azienda si sta impegnando a recuperare entro il 2030 ogni bottiglia dispersa, in modo che nessuna di esse finisca sulle spiagge o negli oceani, e la plastica possa essere riciclata in nuove bottiglie. Quelle in plastica riciclata al 100% sono ora disponibili in 18 mercati in tutto il mondo, e questo è solo l’inizio“. PepsiCo dichiara invece un impegno “per la riduzione del 35% della plastica vergine nel settore delle bevande entro il 2025“, contestualmente all’aumento del riciclaggio e della raccolta dei rifiuti.
Una dichiarazione di Nestlé afferma infine che la società stia compiendo “progressi significativi” nel settore degli imballaggi sostenibili, anche se riconosce che sia necessario un impegno maggiore: “Stiamo intensificando le nostre azioni per rendere il 100% dei nostri imballaggi riciclabile o riutilizzabile entro il 2025 e per ridurre il nostro uso di plastica vergine di un terzo nello stesso periodo. Finora, l’87% dei nostri imballaggi in plastica sono riciclabili o riutilizzabili “.
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Il problema è che la plastica è difficilmente riciclabile, per prima cosa perché ne esistono molti tipi diversi, che risultano difficili (ed economicamente gravosi) da differenziare. In più, la plastica riciclata è spesso di scarsa qualità e non sono molte le aziende disposte a darle una seconda possibilità; se è di qualità, invece, risulta molto più costosa di quella vergine. Ecco perché quello della plastica rimane ancora uno dei problemi ambientali più grandi del nostro secolo: saremo in grado di far fronte a questa catastrofe o verremo letteralmente sommersi dai rifiuti di plastica? Il tempo a disposizione per rispondere è davvero molto poco.
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