Uno tra gli argomenti più diffusi per giustificare il consumo di carne, è un’affermazione tanto semplice quanto discutibile: anche le piante soffrono. Questa convinzione, spesso, diventa il baluardo di coloro che cercano di giustificare la sofferenza a cui il sistema alimentare sottopone miliardi di animali ogni anno; il punto, però, è che fa acqua da tutte le parti.
Coloro che sostengono questa affermazione si appellano agli studi scientifici che, negli anni, hanno cercato di dimostrare la capacità delle piante di provare dolore; il dibattito è ancora aperto e la certezza – in un senso o nell’altro – è ancora lontana dall’essere raggiunta.
Posto che non è nostro interesse dimostrare che le piante non soffrono, ci sono alcuni punti della questione che ci preme evidenziare. Prima di tutto, una precisazione: il dolore per come lo intendiamo e lo sperimentiamo, è un meccanismo di difesa che riguarda gli individui dotati di un sistema nervoso centrale (che le piante non hanno). In più gli animali, dal punto di vista biologico, hanno la necessità di provare dolore, perché questo inneschi una reazione di qualche tipo (di solito, fuga o attacco) che possa favorirne la sopravvivenza di fronte a un pericolo.
Nel regno vegetale, com’è noto, non esistono individui in grado di fuggire o attaccare e, di conseguenza, il dolore sarebbe un meccanismo inutile dal punto di vista biologico: la natura non lascia niente al caso ed è difficile pensare che degli esseri viventi possano provare una sensazione dolorosa fine a se stessa, senza che questa possa avere una qualsiasi utilità pratica.
Le piante soffrono? Forse, ma cosa c’entra con l’essere vegani?
Alcuni studi hanno certamente dimostrato che le piante reagiscono agli stimoli esterni: perfino un lieve tocco, un cambiamento di luce o di temperatura sono in grado di innescare delle reazioni all’interno del regno vegetale, e onestamente ci stupirebbe il contrario. In quanto esseri viventi, le piante interagiscono con il mondo che le circonda, il che non significa che lo facciano in maniera cosciente; a differenza degli animali, rispondono in maniera del tutto inconsapevole.
In più, anche ammesso che le piante provino un qualche tipo di dolore, è innegabile che la reazione di un vitello terrorizzato, in procinto di essere ucciso o quella di un maialino a cui venga tagliata la coda senza anestesia, sia ben diversa da quella di una pianta a cui venga reciso un ramo o staccata una foglia: semplicemente, ancora, perché la natura ha deciso così. Ci viene difficile pensare, anche solo per una questione di empatia, che qualcuno possa paragonare questi due tipi di sofferenza.
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Detto questo, chi sceglie di diventare vegan non lo fa certo per arrecare danni o sofferenza alle piante: posto che per sopravvivere abbiamo bisogno di alimentarci regolarmente, è nostro dovere morale scegliere di arrecare il minor danno e la minor sofferenza possibile. Questo, ci porta inevitabilmente a scegliere un’alimentazione a base vegetale.
Se questo non basta, ricordiamo anche che la gran parte delle piante coltivate a scopo alimentare, viene impiegata attualmente per alimentare gli animali all’interno degli allevamenti: basti pensare che la distruzione di quasi l’80% della foresta amazzonica è attribuibile all’allevamento di bestiame. Chi consuma carne e derivati animali, non solo causa la sofferenza e la morte degli animali stessi, ma contribuisce in maniera non trascurabile anche alla sofferenza delle piante. Una dieta onnivora, insomma, “uccide” in maniera trasversale molte più piante di una dieta plant-based.
Adesso, un esempio pratico: se stessimo guidando e, all’improvviso, ci trovassimo davanti un cucciolo di labrador, cosa faremmo? Istintivamente, la maggior parte di noi cercherebbe a tutti i costi di evitarlo, anche se questo comportasse di finire con l’auto su un’aiuola o di estirpare qualche pianta.
Sostenere di avere a cuore la sofferenza delle piante per giustificare l’uccisione di miliardi di animali per la nostra alimentazione, semplicemente, non ha alcun senso: la sofferenza non è mai giustificabile e, moralmente, dovremmo scegliere il male minore. E a coloro che proprio non riescono a fare a meno di preoccuparsi per le piante, ricordiamo che scegliere un’alimentazione plant-based è la soluzione migliore, perché salva gli animali comportando al tempo stesso l’uccisione un numero inferiore di piante.
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Laura Di Cintio
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