appartamento vegan

New York: proprietario di casa vegan obbliga gli inquilini a non cucinare carne e pesce. È polemica

Un proprietario vegan di due appartamenti a New York ha posto una clausola particolare agli inquilini: non cucinare carne e pesce per evitare il diffondersi dell'odore nel caseggiato dove abita anche lui.

Vivere a New York, nel quartiere di Brooklyn, con l’affitto pagato per un mese e pasti gratis per un anno: sembra un sogno, e invece è la realtà di una storia che in questi giorni ha fatto il giro del mondo. Il proprietario vegan di due appartamenti definiti come spaziosi, luminosi e dotati di tutti i comfort a Fort Greene avrebbe pubblicato un annuncio ponendo una condizione inderogabile agli inquilini: niente carne o pesce cucinati nei suoi appartamenti.

Secondo i media, l’uomo sarebbe stato molto chiaro a riguardo: abitando nell’edificio, non vuole che l’odore di due alimenti che ha escluso da tempo dalla propria tavola invada anche casa sua. La notizia ha suscitato polemiche e ha fatto storcere il naso a molte persone che hanno parlato di discriminazione nei confronti dei potenziali inquilini, ma a questo punto è intervenuta MorningStar Farms, la divisione di Kellogg Company che produce alimenti plant-based, con una proposta particolare. L’azienda si è infatti offerta di pagare un mese di affitto – circa 5mila dollari ad appartamento – e di fornire per un anno intero cibo plant-based a chiunque volesse accettare le condizioni di affitto poste dal proprietario. La proposta rimarrà valida fino al 1 dicembre di quest’anno.

Bisogna sottolineare che il proprietario degli appartamenti – in affitto dal 2007 – ha sempre posto questa particolare clausola agli inquilini, senza tuttavia entrare mai nel merito del cibo acquistato da asporto. Attualmente non si sa se i due appartamenti, anche grazie al supporto offerto da MorningStar Farms, siano stati effettivamente affittati, anche perché l’annuncio risulta ancora online, sul sito dell’agenzia immobiliare che ha preso in carico la trattativa.

Discriminazione o rispetto dell’etica individuale?

Com’era prevedibile, la notizia ha suscitato critiche e scalpore un po’ in tutto il mondo, con un’accusa molto forte nei confronti del proprietario delle case in affitto. Eppure, ci sono alcuni punti a favore della sua scelta, per quanto possa sembrare per alcune persone un po’ estrema: per prima cosa, non esiste a New York una legge che vieti ai proprietari di un appartamento di negare o approvare la domanda di affitto di qualcuno sulla base delle sue preferenze alimentari; nell’elenco degli aspetti che non possono essere presi in considerazione figurano, tra gli altri, anche l’età, il genere e l’orientamento sessuale. Questa decisione, per quanto insolita, sembra essere quindi del tutto legale.

Poi, è importante sottolineare che considerare la scelta vegan esclusivamente come una preferenza alimentare è sbagliato: il veganismo è prima di tutto uno stile di vita, un principio morale che riguarda anche quello che si decide di portare in tavola, ma non si può certo ridurre a una mera questione alimentare. Come ci ricorda il caso Casamitjana, il “veganismo etico” “è paragonabile a una religione o a un credo filosofico” e con essi condivide la profondità e il peso morale per il singolo individuo.

Se da un lato “costringere” qualcuno a non cucinare (e non, attenzione, a mangiare) carne e pesce in casa propria possa essere considerato una forma di violenza, lo è altrettanto – se non di più – anche imporre a una persona che abbia fatto una scelta etica importante, come quella vegan, di metterla da parte, facendo finta di non sapere cosa si nasconda davvero dietro alla produzione di carne e pesce.

Non si tratta di discriminazione – ha dichiarato il proprietario degli appartamenti al New York Times, spiegando la sua posizione – Si tratta semplicemente di adattarsi alle regole dell‘edificio.

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