Arrivano le uova che risparmiano i pulcini maschi. Sono “etiche”?

Nel mondo sono circa 6 miliardi i pulcini maschi uccisi ogni anno perché non utili all'industria avicola: vengono trattati come scarti di produzione e di conseguenza, smaltiti dopo poche ore dalla loro nascita. I pulcini di sesso femminile invece, sono destinati alla produzione massiva di uova. Dall'Università di Lipsia in Germania, è arrivato un sistema che, attraverso una particolare tecnologia di selezione, consente di stabilire il sesso del pulcino prima della nascita. In questo modo verranno alla luce solo future galline ovaiole. I pulcini maschi mai nati, non potranno essere uccisi dall'industria. Questa notizia lanciata con enorme sensazionalismo dalle maggiori testate, non rappresenta davvero un'evoluzione verso un consumo più etico. Ecco perché.

Sono arrivate le uova Respeggt prodotte dall’azienda Seleggt: attraverso una particolare tecnologia di selezione, si impedisce l’uccisione dei pulcini maschi all’interno degli allevamenti intensivi dell’industria avicola. Il metodo Respeggt si propone come obiettivo quello di salvare la vita a 6 miliardi di pulcini maschi tritati vivi o gassati ogni anno nel mondo perché inutili all’industria delle uova: sono scarti di produzione.

Ecco ciò che avviene: il pulcino nasce; le sue poche ore di vita si riducono all’attesa della morte fino a quando il nastro trasportatore lo porterà al macchinario che lo ridurrà in poltiglia.

Gli scienziati dell’Università di Lipsia, a fronte di un finanziamento di 5 milioni di euro, hanno implementato un metodo che consente di determinare il sesso dei pulcini prima che le uova si schiudano. Il sistema sfrutta un marcatore chimico che a contatto con il fluido interno dell’uovo assume un colore diverso a seconda se l’embrione sia maschio o femmina. Attraverso l’uso di un laser, si pratica un foro di 0,3 millimetri e si preleva una piccola quantità di fluido. Viene quindi eseguito il test per l’ormone estrone solfato, che è presente solo nei pulcini di sesso femminile. L’intero processo richiede un secondo e garantisce un’affidabilità del 98,5%.

Si legge sul sito ufficiale dell’azienda Respeggt: “Le uova maschili vengono trasformate in mangimi di alta qualità. Queste uova acquistano un valore aggiunto economico quando vengono polverizzate e integrate nelle ricette dei mangimi per gli animali da allevamento. “

Il Dott. Breloh del team di ricerca ha dichiarato: “Questo è un grande risultato per gli scienziati. Lavoreremo sodo per rendere la procedura Seleggt disponibile per gli incubatoi gratuitamente. Ora tutti possono salvare i pulcini attraverso delle scelte d’acquisto consapevoli.” Nel corso di quest’anno le uova prodotte senza uccisione dei pulcini maschi saranno dunque disponibili in tutti i 5.500 punti vendita tedeschi di Rewe e Penny.

In Italia molte associazioni che si occupano di diritti animali, stanno portando avanti una battaglia parallela sul “benessere animale” per le galline ovaiole. L’obiettivo è quello di spingere la grandi aziende di produzione ad abbandonare – almeno – l’allevamento in gabbia. Secondo i dati della Commissione Europea, In Italia vengono allevate circa 35 milioni di galline ovaiole: il 62% del totale è allevato nelle “gabbie arricchite”, uno spazio di 750 cm quadrati per gallina.

Ciwf e Legambiente hanno recentemente anche lanciato una petizione ai ministri di Politiche agricole e Salute per la definizione di un’etichettatura volontaria basata sul metodo di allevamento. In una nota hanno dichiarato:

Fra le etichette che compaiono sui prodotti di origine animale quella con il claim ‘benessere animale’ si sta diffondendo molto rapidamente, alla pari di altre indicazioni di vario genere come ‘fresco di allevamento’, ‘genuino’, ‘100% naturale’. Queste etichette ingannano i consumatori sulle condizioni di vita degli animali”.

Il concetto di “benessere animale” infatti sembra più una strategia di marketing volta a fornire false rassicurazioni al consumatore di prodotti animali più che una linea guida.

Il problema della discussione intorno a questo tema risiede nelle premesse di base.

É possibile parlare di benessere quando l’animale diventa bene strumentale (a prescindere dal tipo di allevamento)? In fondo, di quale benessere si parla se l’animale diventa bene di consumo inserito all’interno di una catena di montaggio/smontaggio attraverso la quale sarà privato delle sue caratteristiche di soggetto e verrà ucciso tra atroci sofferenze?

Il Reg.(CE) 1099/2009 disciplina l’abbattimento degli animali allevati o detenuti per la produzione di alimenti, lana, pelli, pellicce o altri prodotti e le modalità a cui devono attenersi gli allevatori. Le norme sono “relative alla protezione degli animali” in questa fase.

La ricerca che ha implementato il metodo per risparmiare i pulcini maschi rappresenta un piccolissimo passo in avanti ma non ha nulla a che fare con la risoluzione del problema alla radice. Non è di fatto una soluzione al tema del rispetto dell’animale.  Il sensazionalismo con cui è stata data questa notizia serve soltanto a giustificare la violenza incessante, a fornire un’idea fuorviante di “alternativa possibile” offuscando la vera unica alternativa: la svolta animal-free. Sembrano dei passi avanti ma servono solo a mantenere praticamente inalterato lo status quo. Queste iniziative sono degli anestetici che rendono l’opinione pubblica più mansueta impedendo  di ragionare in un’ottica globale complessiva e di proseguire il cammino verso delle vere soluzioni.

Abbiamo chiesto un parere a chi si occupa in prima linea di diritti animali.

Nella foto, Renata Balducci presidente di AssoVegan – Associazione Vegani Italiani Onlus e Sauro Martella fondatore di VEGANOK

Ci dice Sauro Martella, fondatore del Network VEGANOK e presidente del tavolo di lavoro di Bruxelles per la realizzazione di uno standard vegan unico europeo:

Prima di cantare vittoria, chiariamo alcune premesse compreso il significato di “successo”. Quando si parla di traguardi nell’ambito del benessere animale, l’unico successo possibile è rappresentato da un unico scenario: la liberazione animale. La trepidazione dell’industria avicola sul merito di questa notizia, non è nient’altro che un’ammissione di colpa rispetto alle atrocità perpetrate sugli animali coinvolti nella produzione delle uova. Mi chiedo se questo entusiasmo derivi dalla sincera comprensione del male inflitto agli animali o dalla consapevolezza che ora i produttori grazie a questa tecnologia, avranno un onere in meno di cui occuparsi: possono continuare a sfruttare fino alla morte le galline riducendo con soddisfazione anche i costi legati all’uccisione dei pulcini maschi.  Un traguardo è tale quando apporta un reale cambiamento: non è questo il caso. Questa tecnologia serve solo a ripulire un po’ di sangue dalle mani dell’industria più crudele della storia.”

Aggiunge Renata Balducci presidente di AssoVegan – Associazione Vegani Italiani Onlus:

Mi pare una strategia legata all’ottimizzazione delle risorse nell’ambito della produzione delle uova piuttosto che un passo verso un’industria etica. Ma in fondo la domanda è solo una: “può esserci una produzione etica a fronte dello sfruttamento animale?” La nostra posizione come Associazione Vegani Italiani Onlus è molto chiara a riguardo: la risposta è no. Il concetto stesso di benessere animale non ha nulla a che fare con il benessere animale. Di quale benessere esattamente la legge e la ricerca vogliono farsi portavoce se l’animale è privato dello status di “soggetto” e resta solo un anello nella filiera alimentare? La selezione sull’embrione che questa tecnologia permetterà di fare, garantirà che il pulcino maschio non venga mai alla luce piuttosto che vivere un solo giorno e poi essere tritato vivo. Non a tutti interessano questi argomenti di natura etica e allora queste persone vorrei dire: perché semplicemente non immaginare un sistema alimentare che non preveda le uova? La scienza medica compresi i più autorevoli medici del nostro comitato scientifico, non hanno nessun timore a ritenerle assolutamente non necessarie (se non dannose) per la nostra salute.”


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