Una ricerca condotta congiuntamente dalle Università di Oxford e di Exeter – e pubblicata sulla rivista accademica peer-reviewed Social Psychological and Personality Science – rivela che l’empatia è un sentimento innato. Secondo lo studio, che ha coinvolto 479 persone – tra cui bambini dai 9 agli 11 anni – la gerarchia morale che ci porta a considerare alcuni animali “da amare” e altri “da mangiare” è acquisita nel tempo, ed è legata alla società in cui viviamo.
Non a caso, nel gruppo di persone coinvolte, i bambini si sono rivelati i più propensi a considerare moralmente inaccettabile il consumo di carne e derivati animali, e a credere che sia necessario un trattamento migliore per gli animali “da fattoria”. Questo dimostra che i bambini tendono ad avere una visione antispecista del mondo, e la categorizzazione come cibo si dimostra fondamentalmente indotta culturalmente.
“I risultati suggeriscono che dobbiamo riconsiderare il modo in cui parliamo ai bambini del rapporto degli esseri umani con gli animali non umani“, ha spiegato il Dott. Luke McGuire, dell’Università di Exeter, tra i principali autori dello studio. Gli esperti sono convinti che sia fondamentale crescere i bambini con un’idea precisa del danno che le azioni umane comportano al Pianeta e agli animali, introducendo conversazioni sull’importanza di scelte alimentari consapevoli fin dalla più tenera età.
Bambini: empatia innata VS consumo di carne
I risultati di questa ricerca dimostrano ancora più chiaramente che l’essere umano non nasce con l’idea che gli animali siano “cibo”. I processi mentali messi in atto per giustificarne lo sfruttamento e l’uccisione sono appresi nel contesto sociale in cui si cresce.
Un’idea già espressa dalla psicologa e attivista americana Melanie Joy, nota per le sue teorie sul carnismo: un sistema di credenze – di fatto, un’ideologia violenta – che ci spinge a credere che il consumo di carne sia normale e necessario. Per giustificarlo, visto che quasi sempre genera disagio morale, elaboriamo una serie di processi cognitivi. Joy definisce il carnismo come un’abitudine talmente radicata da essere considerata dai più naturale, necessaria e normale. Ma quando diciamo che ci piace la carne parliamo del suo gusto? Della sua consistenza? O piuttosto dell’abitudine che si nasconde dietro al suo consumo, delle tradizioni familiari che associamo a quel determinato alimento? Molto spesso il cibo è legato a emozioni, ricordi e stati d’animo.
I bambini, liberi da queste sovrastrutture, dimostrano invece quale sia la strada giusta.
Laura Di Cintio
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