La carne vegetale di Beyond Meat arriva nei menu di McDonald’s: le due aziende hanno stipulato in questi giorni una partnership triennale, che renderà Beyond Meat il principale fornitore della linea di hamburger McPlant, confermando i rumors che circolavano già dallo scorso novembre. In più, le due realtà collaboreranno per il lancio di nuovi alimenti plant-based – tra cui alternative a pollo, maiale e uova – che andranno ad arricchire i menu del fast food. Un accordo che fortifica ulteriormente il rapporto tra McDonald’s e Beyond Meat, iniziato nel 2019 con il test di un panino a base di Beyond Burger nei ristoranti canadesi della catena.
L’obiettivo di McDonald’s, come afferma Francesca DeBiase, vicepresidente esecutivo e chief supply chain officer dell’azienda, è di “offrire ai clienti una scelta più ampia quando visitano McDonald’s. Siamo entusiasti di lavorare con Beyond Meat per guidare l’innovazione in questo campo, e questo accordo strategico è un passo importante per portare nei nostri menu opzioni deliziose, di alta qualità e a base vegetale“.
Gli accordi milionari con Yum! e PepsiCo
L’espansione di Beyond Meat – nata nel 2009 come una piccola start up rivoluzionaria e oggi numero uno al mondo nella produzione di “fake meat” – non si ferma qui. L’azienda ha annunciato di aver stipulato un accordo anche con Yum!, il gruppo che fa capo a tre insegne importanti come FKC, Pizza Hut e Taco Bell, che insieme vantano un impero da oltre 50 mila ristoranti 150 Paesi. L’obiettivo è la creazione di prodotti proteici plant-based, sostitutivi della carne, che i consumatori possano trovare in esclusiva nei menu di queste tre catene di ristoranti. Non si sa ancora niente sulle tempistiche di lancio dei prodotti né sulla durata dell’accordo, ma i vertici di Yum! si dicono entusiasti di una collaborazione che si augurano possa attrarre un numero di consumatori molto elevato, specialmente tra i giovani. Il target di persone a cui si rivolge questa iniziativa, come ribadito anche da Beyond Meat, sono principalmente i flexitariani – cioè gli onnivori che prediligono le alternative plant-based ai prodotti di origine animale, pur non rinunciandovi del tutto.
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A gennaio, inoltre, il colosso della “fake meat” ha stretto accordi con PepsiCo, una tra le più grandi multinazionali di alimenti e bevande al mondo, per sviluppare, produrre e commercializzare snack e bevande innovativi a base di proteine vegetali. L’accordo, noto come “The PLANeT Partnership”, consentirà a Beyond Meat di raggiungere più consumatori, grazie alla creazione di nuove categorie di prodotti che verranno distribuite in diversi canali di vendita, aumentando di fatto l’accessibilità alle proteine vegetali in tutto il mondo. “PepsiCo rappresenta per noi il partner ideale in questa impresa entusiasmante, di portata e importanza globale” ha dichiarato Ethan Brown, fondatore e CEO di Beyond Meat.
Carne vegetale nei fast food: qual è il punto?
Queste iniziative destabilizzano e generano molto dibattito. Si apre la strada a considerazioni e giudizi; assistiamo quasi quotidianamente alla contrapposizione, spesso mediata dai social, tra sostenitori e detrattori della “fake meat”, e in generale delle alternative plant-based ai prodotti animali. C’è chi le considera uno strumento fondamentale per la “rivoluzione vegetale” e chi, invece, un’inutile imitazione dei prodotti di origine animale.
Il fatto che un’azienda come Beyond Meat, sia riuscita a raggiungere i menu di un fast food del calibro di McDonald’s, non è un aspetto trascurabile. Questa scelta “normalizza” le opzioni vegetali: non più prodotti di nicchia reperibili in piccoli negozi specializzati, ma parte integrante del menu di un fast food che rappresenta, da decenni un’abitudine di consumo per milioni e milioni di persone nel mondo, e che sicuramente ha contribuito a plasmare il sistema alimentare attuale. Se la “fake meat” è da McDonald’s o da FKC, possiamo essere sicuri che sia diventata mainstream.
Pensiamo poi all’accessibilità alle opzioni vegetali che queste partnership mettono sul piatto della bilancia: quando un consumatore entra in un ristorante che offre questi prodotti, ha la possibilità di scegliere. E questa possibilità genera consapevolezza. Bisogna poi ricordare che questi prodotti non sono pensati per chi non frequenta abitualmente i fast food o per i vegani: il target di riferimento sono i clienti abituali di questa tipologia di ristoranti, che vengono messi di fronte a un’alternativa nuova, più salutare e più sostenibile, rispetto all’offerta tradizionale.
Che ci piaccia o no, non tutti sono vegani o hanno intenzione di diventarlo (in tempi brevi); è un dato di fatto, per quanto le tematiche etiche e ambientali siano sempre più stringenti. Rimangono – e forse rimarranno sempre – consumatori che “vogliono” mangiare carne. Indipendentemente dalla questione etica e ambientale.
Bene, l’industria alimentare deve necessariamente rispondere alla domanda di carne di questa fetta di consumatori che, lo ricordiamo, a oggi sono ancora la maggioranza nel mondo. Sperare che oltre 7 miliardi di persone diventino vegane in tempi brevi è utopistico. E forse è utopistico anche sperare in un mondo in cui tutti siano vegani, perché le scelte individuali – per quanto inaccettabili su un piano etico – rimangono indiscutibili. Molti vedono nella carne vegetale un mezzo per portare avanti, in maniera quasi “ossessiva”, il consumo di carne animale attraverso prodotti che la ricordino per gusto, aspetto e consistenza. Sappiamo che mangiare carne e derivati animali non è necessario, ma spesso la tradizione e le abitudini vincono sul cambiamento. È impensabile che l’industria alimentare ignori questo aspetto della questione: se è chiaro che non tutti sono o diventeranno vegani, è fondamentale fornire un’alternativa alla carne che attragga i consumatori e aggiri il problema etico e ambientale legato agli allevamenti intensivi.
Secondo noi vivere con il paraocchi non serve: in questo momento storico i vegani, anche se in continuo aumento, sono ancora una minoranza rispetto alla totalità dei consumatori onnivori, ed è un dato da cui nessuno può prescindere. Da vegani, capiamo e sosteniamo coloro che affermano che la carne non serve e siamo i primi a diffondere una cultura basata sul rispetto degli animali. Da professionisti, però, sappiamo che il mondo non è ancora pronto per una “rivoluzione vegana” a 360 gradi, e che l’industria alimentare ha bisogno di innovazioni tecnologiche di questo genere. Ma, soprattutto, ha bisogno della loro diffusione in realtà in grado di normalizzarle, portandole al pari di un hamburger a base di carne di manzo.
Quali considerazioni sul piano economico?
Anche se è ancora presto per dirlo, l’ingresso della carne vegetale in questo settore della ristorazione potrebbe portare anche a un importante cambiamento economico. Non esistono per ora dati a riguardo, ma non è irragionevole pensare che le alternative vegetali vadano in qualche modo a minare la stabilità del mercato della carne in questo contesto. Non sappiamo se, come e quanto i consumatori abbracceranno l’idea di un prodotto 100% vegetale che “imita” la carne, ma il 2020 ha portato a dei cambiamenti importanti.
Negli scorsi mesi abbiamo assistito a un calo del consumo di carne a livello globale; gli alimenti plant-based sono diventati il “new normal” per una fetta importante di persone, e le opportunità di crescita per i produttori sono alle stelle. Per questo, lo shift dei consumi non è impossibile anche nella ristorazione fast ed è il momento per le aziende di cavalcare l’onda di questo probabilissimo successo.
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Crediti foto in apertura: Livekindly.com
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