Il giorno in cui Promiseland non fu più in linea avrebbe dovuto apparire questo articolo. Lo riproponiamo, tratto da gondrano.it, all’indomani della quasi unanime approvazione del famigerato DDL2297, ritenendo ora e sempre valide le argometazioni in esso contenute.
La vicenda suscitata dalla infelice dichiarazione fatta l’8 maggio scorso da Fulvia Bandoli, che ha riportato in primo piano il non certo nuovo problema delle tendenze filovenatorie diffuse anche nei partiti della Sinistra, un effetto certamente lo ha avuto: quello di far perdere al suo partito simpatie – e voti – presso la componente di più alta sensibilità ambientalista dell’elettorato. Quanti voti non saprei ma che ciò sia accaduto non v’è dubbio, come evidenzia, fra le altre, questa lettera inviata il 14 maggio scorso ad alcuni esponenti dei Democratici di Sinistra da due lettori genovesi di Promiseland:
\”Egregi Signori,
Vi scriviamo perché siamo stufi del fatto che la \”nostra\” sinistra appoggi sempre i cacciatori. Questo è un periodo nero per l\’ambiente e le novità sull\’aumento dei diritti ai cacciatori sono state la goccia che ha fatto traboccare il vaso, il nostro vaso. Parlate di allargamento dei diritti, siamo d\’accordo ma non solo per gli umani. Tra i vostri sostenitori ci siamo anche noi animalisti e alle prossime elezioni, ci dispiace, ma voteremo per i Verdi. Anche loro sono di sinistra ma almeno daranno un pochino di voce alle urla degli animali.
Ricordatevi che i cacciatori ogni anno diminuiscono di numero, noi animalisti invece aumentiamo e siamo giovani.
Distinti saluti
Barbara Salvadori
Luca Menegatti\”
A un analogo messaggio inviato dagli stessi lettori a Fulvia Bandoli la parlamentare DS ha risposto domandando: \”basta solo la questione caccia per farle cambiare partito?\” Domanda senza dubbio interessante perché pone l’accento su quella che è LA questione chiave del problema: il peso della questione caccia nelle scelte elettorali di ognuno di noi.
La risposta alla domanda dell’on. Bandoli è senza dubbio affermativa per chi si identifica nel sistema etico dell’animalismo o più in generale di un ambientalismo non puramente pragmatico, e lo è in base all’ovvia constatazione che l’adesione anche solo parziale a una attività consistente nell’uccidere per divertimento implica un sistema etico d’infima levatura, che non può non ritenersi inaccettabile a tutto tondo.
Ma la risposta è senza dubbio affermativa anche per chi ambientalista o animalista non è, ed è affermativa anche a prescindere da considerazioni di natura etica o di tutela della biodiversità. In quanto segue motiverò quest’ultima affermazione, e pertanto non ricorrerò ad argomenti che toccano l’animalismo o l’ambientalismo pur identificandomi io a pieno titolo nelle idee dell’uno e dell’altro. Perché anche se io fossi un macellaio con l’hobby del motocross, l’esatto opposto cioè di un animalista e di un ambientalista, le mie posizioni contro la caccia non si smuoverebbero di un millimetro; anche se l’opposizione alla caccia fosse l’ultimo dei miei interessi scarterei a priori l’ipotesi di votare per un politico il quale ritiene che fra i suoi compiti vi sia quello di \”difendere il mondo venatorio\”. Sostengo in altre parole che la caccia, pur essendo in sé un argomento specifico, rappresenti un’ottima cartina al tornasole per valutare la reale preparazione o attenzione di un politico nei confronti di tutto ciò che è la tutela degli interessi generali ovvero, al contrario, la sua tendenza o disponibilità a subordinare questi ultimi a interessi particolari.
Perché il punto è che tutte le argomentazioni di carattere etico-ambientalista, pur ineccepibili per conto loro, e direi fin troppo sufficienti all’interno di una società che possa davvero definirsi civile, sono, con riferimento alla caccia, ridondanti, bastando per condannarla ed estrometterla definitivamente e radicalmente dal mondo, semplici argomenti legati al più elementare senso comune. Sono gli argomenti già esposti nei mesi scorsi su Promiseland e dunque probabilmente mi ripeterò un po’ ma merita farlo perché è il caso di notare esplicitamente come da tutte le considerazioni fatte finora si deduca l’essere la questione della caccia appunto argomento di rilievo nel determinare le proprie scelte politiche.
Cominciamo dunque col dare alcune definizioni:
Luogo pubblico: luogo in cui chiunque ha pieno diritto di transitare o sostare in totale libertà e sicurezza.
Proprietà privata: luogo in cui chi detiene il diritto di proprietà o possesso ha piena facoltà, oltre che di transitare, sostare e risiedere in piena libertà e sicurezza, anche di decidere in merito all’accesso al luogo stesso da parte di estranei, soprattutto se armati.
Cacciatore: individuo armato avente la pretesa di fare uso di armi da fuoco in luoghi pubblici e nelle altrui proprietà private.
Quest’ultima definizione, che ho già dato in un precedente articolo, ho voluto qui ripeterla perché essa è il necessario punto di partenza per qualsiasi discorso sensato sulla caccia. I tragici risultati li abbiamo sotto i nostri occhi e avendone già ampiamente parlato non staremo a ricordarli a loro volta.
Sono fatti accidentali? Pure ed episodiche fatalità? O non piuttosto fatti sistematicamente conseguenziali alla natura stessa dell’attività venatoria? La risposta è intuitiva se si pensa al banale fatto che essa (e anche questo lo abbiamo già detto) è l’unica attività \”a mano armata\” cui è consentito svolgersi in totale promiscuità di spazi con le comuni attività civili, lavorative e non, di coloro che cacciatori non sono e che vivono, lavorano, transitano al di fuori dei centri urbani. Ma questa risposta intuitiva si presta a un approfondimento tecnico e quantitativo (che faremo quanto prima). Anticipiamo intanto solo una cosa: che l’attuale legge sulla caccia, la 157/92, è nata in anni che hanno visto importanti evoluzioni legislative in tema di sicurezza del cittadino ma nonostante ciò essa su questo tema è ferma a una grossolana e primitiva ottica risarcitoria, quale era ad esempio nel campo degli infortuni sul lavoro, quella della legislazione del 1898. Né può essere diversamente, perché se dovessimo applicare alla caccia una analoga evoluzione legislativa dovremmo imporle tali e tante restrizioni da renderla di fatto impraticabile sempre e ovunque.
Un politico filovenatorio dunque è un politico che, non dico in tema di tutela dell’ambiente, non dico in tema di rispetto per gli altri esseri viventi, ma già in tema tutela della sicurezza del cittadino, mostra una totale impreparazione se in buona fede, un totale disprezzo per la vita stessa di coloro che dovrebbe rappresentare, se in malafede. Nell’uno come nell’altro caso egli non è in alcun modo proponibile come pubblico rappresentante.
Non è dunque esagerazione o gratuito \”fondamentalismo\” affermare che ogni legge fatta per favorire il \”mondo\” (o forse sarebbe meglio dire l’ \”antimondo\”) venatorio è un colpo di fucile sparato contro tutto il resto del mondo, compreso il consorzio umano.
Ecco perché la caccia basta a cambiare partito.
Articolo di Filippo Schillaci
Fonte: www.gondrano.it
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