Carne coltivata: nel 2020 boom di finanziamenti; verso la competitività di prezzo?

Il 2020 è stato un anno particolarmente importante per il settore delle proteine alternative: non solo per quanto riguarda quelle vegetali, ma anche per la carne creata in laboratorio. Boom di finanziamenti e numerose nuove aziende produttrici: la carne coltivata sarà presto una realtà sul mercato?

Il 2020 è stato l’anno di ascesa della carne coltivata: gli investimenti nel settore sono aumentati di quasi sei volte rispetto al 2019, e nel mondo sono nate dozzine di aziende che creano carne il laboratorio. Ad affermarlo è un recentissimo report del Good Food Institute, dal quale emerge il ruolo essenziale che la “clean meat” sta avendo nel riprogettare il sistema alimentare globale.

Secondo gli esperti, nel 2020 i finanziamenti ad aziende che producono carne in laboratorio hanno rappresentato il 14% degli investimenti totali nel settore delle proteine alternative, esattamente il doppio rispetto all’anno precedente. Ma non è tutto, perché si calcola che i 366 milioni di dollari raccolti nel 2020 siano il 72% del capitale totale raccolto nel settore dal 2016 al 2020.

A differenza della fake meat, che è ormai un prodotto mainstream diffuso e consumato a livello globale, la carne coltivata in laboratorio non è ancora approdata sui mercati internazionali. A fine 2020, Singapore è stato il primo Paese al mondo a dare il via libera alla vendita di carne coltivata, e da poco è anche il primo Paese al mondoin cui la “clean meat” si può ordinarea domicilio. Finora, in questo specifico esperimento con il food delivery, le valutazioni di approvazione sono alte, con il 70% dei consumatori che afferma che la “clean meat” è buona, o perfino migliore, della carne convenzionale; il 90% dichiara perfino di poter sostituire del tutto la carne “vera” con quella coltivata. I motivi? La sua maggiore sostenibilità ambientale e i minori rischi per la salute rispetto alla carne convenzionale.

Carne coltivata: innegabili i vantaggi dal punto di vista ambientale

Partiamo col dire che la “clean meat”, a differenza della fake meat, è carne vera e propria, che si ottiene in laboratorio partendo da cellule staminali prelevate da un animale. Un prodotto ottenuto senza macellazione, ma non senza il coinvolgimento di animali nell’intero processo. Il fatto che sia prodotta artificialmente in laboratorio, consente alla “clean meat” di essere lavorata in modo particolare: le aziende produttrici puntano a creare un prodotto senza colesterolo, grassi saturi e antibiotici, quindi migliore della carne convenzionale dal punto di vista nutrizionale.

A questo, si aggiungono i vantaggi dal punto di vista dell’impatto ambientale; un report del Good Food Institute evidenzia questo aspetto: “La carne coltivata può essere prodotta in modo più rapido ed efficiente della carne convenzionale, con pochi scarti e nessun animale da macellare. Nelle sette settimane necessarie a un allevatore per crescere 20.000 polli, un impianto di coltivazione della carne potrebbe teoricamente produrre un milione di volte la quantità di carne ricavata da quei polli; il tutto, da una coltura iniziale delle dimensioni di un uovo“. Il report continua sottolineando che più di tre quarti dei terreni agricoli nel mondo sono utilizzati per allevare
mucche, maiali e polli, ma i prodotti animali forniscono solo il 18% delle calorie alimentari globali e il 25% delle proteine. A questo si aggiungono il consumo di acqua e le emissioni di gas serra legate agli allevamenti: alcune stime suggeriscono che l’industria del bestiame produca il 51% di tutti i gas serra derivanti dalle attività umane. La carne coltivata sarebbe un modo per soddisfare la domanda di proteine animali dei consumatori, riducendo l’impatto sull’ambiente.

Parliamo di prezzo

Il settore della carne coltivata ha compiuto diversi passi avanti da quando fu presentato al mondo il primo hamburger creato con questa tecnologia. Era il 2013 e il professor Mark Post – Chief Scientific Officer dell’azienda Mosa Meat – illustrò il potenziale di questa creazione durante una conferenza stampa a Londra. Quel piccolo hamburger fu il risultato di anni di ricerca presso l’Università di Maastricht e il suo costo totale fu di 250.000 euro. Anche se più basso, ancora oggi il prezzo rimane proibitivo, ed è uno degli ostacoli maggiori al lancio di questo prodotto sui mercati internazionali.

Proprio Mosa Meat, però, sembra sul punto di cambiare le carte in tavola: l’azienda ha annunciato di recente l’eliminazione delle componenti animali (molto costose) dal mezzo di differenziazione – ovvero l’elemento nutritivo che alimenta le cellule adipose nel processo di creazione della carne. La scelta di componenti più economiche ha portato a ridurre di 66 volte il costo del grasso che compone la “clean meat”. Quest’ultimo è stato ottimizzato anche dal punto di vista sensoriale, per essere quanto più possibile identico a quello della carne tradizionale. Il tutto, nell’ottica di ottimizzare i costi e permettere alla carne creata in laboratorio di entrare nel mercato come un’alternativa realmente competitiva alla carne.

La questione etica

Molto spesso ci viene chiesto qual è il nostro punto di vista rispetto alla carne creata in laboratorio: dando per scontato che non è vegana, crediamo che sia un prodotto complesso da esaminare. Da una parte, è innegabile che la sua diffusione sarebbe la soluzione a moltissimi problemi ambientali legati al nostro sistema alimentare. D’altra parte, siamo d’accordo con chi afferma che mangiare carne non è necessario. Il punto cruciale della questione, però, è che la “clean meat” non è un prodotto pensato per vegetariani e vegani, ma per tutti coloro che “vogliono” mangiare carne. Indipendentemente dalla questione etica e ambientale.

L’industria alimentare deve necessariamente rispondere alla domanda di carne di questa fetta di consumatori, che sono ancora la maggioranza nel mondo. La carne coltivata, insieme alla “fake meat”, è una delle risposte sostenibili a questa domanda, anche se da un punto di vista etico non è accettabile. È un compromesso; non un traguardo, ma un punto di inizio.

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