Lo spirito del grano, antico nume tutelare della fertilità dei campi, non aleggia a Chernobyl.
A 14 anni dal disastro nucleare gli effetti della contaminazione dei terreni che circondano l’impianto sono ancora, o in qualche caso solo ora, evidenti.
Ricercatori del Friedrich Miescher Institute di Basilea hanno pubblicato su «Nature» della scorsa settimana i risultati delle analisi genetiche effettuate su piante di frumento prelevate nella zona. Confrontando campioni di popolazioni identiche del cereale raccolti rispettivamente nell’area contaminata circostante la stazione nucleare e in una zona indenne situata a circa 30 chilometri di distanza, hanno trovato nei primi un tasso di mutazioni geniche sei volte superiore al normale.
Dati analoghi, il cui significato è rimasto finora controverso, erano già emersi da ricerche condotte sui ratti e sull’uomo.
Secondo gli studiosi svizzeri, le anomalie genetiche riscontrate nelle piante sono da considerare la conseguenza dell’esposizione cronica alle radiazioni ionizzanti. Infatti, benché la dose di radiazioni ricevuta da ogni pianta sia da ritenere relativamente bassa e teoricamente non sufficiente a danneggiarne il genoma, essi hanno potuto osservare un incremento anomalo di delezioni, ripetizioni e inserzioni già da una generazione a quella successiva, vale a dire ogni dieci mesi.
Considerando che il terreno da cui sono state prelevate le piante irradiate non era mai stato coltivato a frumento precedentemente e che il cereale si riproduce per autoimpollinazione, il riscontro genetico non può trovare spiegazioni alternative, per esempio in meccanismi di contaminazione o trasferimento da semi o piante diverse.
La scoperta, sostengono al Friedrich Miescher Institute, è un’importante prova del pericolo rappresentato dall’esposizione prolungata di un organismo alle radiazioni; soprattutto dei danni che queste possono determinare a livello delle cellule germinali, e non solo di quelle vegetali ovviamente, e delle conseguenze della trasmissione di tali alterazioni a ogni episodio riproduttivo.
Monica Oldani
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