La Cina si afferma come uno dei Paesi in cui si consuma più carne al mondo, con una popolazione in continuo aumento e abitudini sempre più simili a quelle occidentali. Per questo, il Governo Cinese sceglie ufficialmente di dare un’opportunità alla carne coltivata in laboratorio: per la prima volta, infatti, la produzione di carne coltivata in vitro rientra all’interno del suo Piano Agricolo Quinquennale, un modello per lo sviluppo economico e per il sostegno delle innovazioni in campo alimentare.
La clean meat rientra quindi tra “i cibi del futuro” per la Cina, che – secondo il Good Food Institute APAC (GFI APAC) – con tutta probabilità continuerà a mettere in campo una serie di finanziamenti cospicui per il settore. I funzionari cinesi vedono nella carne creata in laboratorio un prodotto da supportare nell’interesse nazionale, proprio come parte importante della crescita e del successo della Cina. Stiamo assistendo al ripetersi di una spinta al cambiamento che ha visto il Governo cinese, in passato, incentivare economicamente lo sviluppo di pannelli solari, batterie agli ioni di litio e veicoli elettrici.
Dando il via a questo processo, lo scorso giugno è stato annunciato un progetto triennale finanziato dal governo chiamato “Tecnologia di produzione biologica ad alta efficienza della carne artificiale”. La National Natural Science Foundation of China ha anche concesso finanziamenti a diversi team di ricerca che si occupano di proteine alternative, mentre il China Meat Food Research Center e l’Accademia delle scienze alimentari di Pechino stanno collaborando per stampare in 3D la carne coltivata. Nel frattempo, il Ministero della Scienza e della Tecnologia cinese ha lanciato un programma chiamato “Green Biological Manufacturing”, per supportare progetti di ricerca incentrati sulla sostenibilità, inclusi molti relativi alla carne di origine vegetale e coltivata.
La Cina verso un’alimentazione sostenibile?
Sicuramente è presto per cantare vittoria, anche perché in Cina non è stata ancora approvata la normativa che consente la vendita di carne coltivata, ma i segnali sono incoraggianti. Segnali che riguardano anche la carne vegetale: tempo fa avevamo visto come la fake meat spopola in Cina, e l’86% dei consumatori l’ha provata almeno una volta.
Il Paese più popoloso del mondo sembra di fronte a una lenta ma importante inversione di rotta rispetto alla tendenza degli ultimi anni, che ha visto crescere i consumi di carne (soprattutto di maiale) come simbolo della nuova ricchezza della classe media. Ma negli ultimi anni, e in particolare dopo lo scoppio della pandemia da Covid-19, i sostituti della carne a base vegetale hanno suscitato l’interesse dei consumatori più giovani, sempre più attenti alla questione ambientale e alla connessione tra consumo di carne e rischi per la salute.
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Secondo il GFI, stiamo assistendo all’unico atto decisivo in grado di contrastare la crisi climatica: “I sistemi di produzione di proteine convenzionali, guidati dal settore zootecnico – si legge sul sito – rappresentano il più grande uso antropogenico della terra e determinano la deforestazione. Al contrario, la carne coltivata potrebbe utilizzare il 95% in meno di terra rispetto alla carne bovina convenzionale entro il 2030 e i prodotti a base di carne innovativi già sul mercato ne utilizzano fino al 99% in meno. In una nazione in rapida crescita come la Cina, dove la terra arabile disponibile sta diminuendo, questo cambiamento potrebbe avere un impatto enorme, facendo spazio a una maggiore produzione interna di energia rinnovabile, migliorando la sicurezza alimentare e fornendo una maggiore protezione della biodiversità della nazione”.
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