Cina: isolato un virus con “potenziale pandemico”, circola tra i suini negli allevamenti ma già dal 2011

L'OMS ha rassicurato in queste ore rispetto al virus "potenzialmente pandemico" di cui ha parlato la stampa internazionale: è simile a quello dell’influenza H1N1 che nel 2009 causò l'“influenza suina”, ma è in realtà un "sorvegliato speciale" già dal 2011 e attualmente non c'è nessun rischio di una nuova pandemia.

Rientra l’allarme lanciato in questi giorni dalla stampa internazionale rispetto alla scoperta in Cina di un nuovo virus con “potenziale pandemico”: quello scoperto da un team di studiosi cinesi e britannici è infatti un virus tenuto sotto controllo già da anni e l’allarme lanciato in questi giorni dai media sembra pressoché infondato. A confermarlo in queste ore, durante una conferenza stampa a Ginevra, è stato Mike Ryan, capo del programma per le emergenze sanitarie dell’OMS:

Vorrei rassicurare sul fatto che il virus con potenziale pandemico individuato in Cina non è un nuovo virus, ma è sotto sorveglianza dal 2011, grazie a quanto osservato dalla rete globale sull’influenza. La pubblicazione che ne parla, sì, è recente, ma è frutto proprio delle osservazioni e dei dati raccolti dalla rete di sorveglianza globale sull’influenza in questi anni e mostra l’importanza vitale di questo sistema, che tiene sotto costante controllo molti virus con potenziale pandemico, un controllo che proseguirà nel tempo”.

Bisogna sottolineare che la scoperta di questo virus non casuale, ma è avvenuta nell’ambito di un vasto programma di sorveglianza e ricerca messo in atto ormai da anni dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), per individuare precocemente il rischio di nuove pandemie e per preparare in tempo le profilassi. Proprio in questo frangente sono stati raccolti e analizzati, tra il 2011 e il 2018, circa 30.000 tamponi nasali prelevati da suini nei macelli in 10 province cinesi, insieme ad altri 1000 eseguiti su suini con sintomi respiratori nell’ospedale veterinario della China Agricultural University (CAU). I tamponi hanno consentito di isolare 179 virus dell’influenza suina, la maggior parte dei quali erano G4, che ha mostrato un forte aumento dal 2016 ed è il genotipo predominante in circolazione.

“Nuovo” virus: quali sono le sue caratteristiche?

Il virus in questione si chiama G4 EA H1N1 e ha caratteristiche simili a quello dell’influenza H1N1 che nel 2009 causò la pandemia nota come “influenza suina”. Secondo quanto riportato sulla rivista Science, questo virus è veicolato dai suini degli allevamenti e può infettare l’uomo, tanto che nel 10% degli operai che lavorano in queste strutture e sottoposti a tampone, sono stati trovati gli anticorpi a questo virus. La buona notizia è che – almeno per ora – non sembra avere la capacità di trasmettersi da uomo a uomo.

Secondo gli esperti, però, la minaccia di una nuova pandemia non sussiste né è imminente, anche perché questo virus circola già da 5 anni tra i suini degli allevamenti senza aver provocato particolari allarmi; il timore è però che il virus possa mutare, mettendo in atto il processo che gli esperti chiamano “riassortimento”, e arrivando a diffondersi facilmente da persona a persona, con conseguenze potenzialmente gravi. Gli studiosi – che al momento non hanno reso note le manifestazioni cliniche e i sintomi che questo virus provoca nell’uomo – non sono in grado di prevedere se e quando questa mutazione avverrà, e per questo risultano di fondamentale importanza sia la sorveglianza che le misure di prevenzione.

Come accennato, il virus G4 EA H1N1 è simile all’H1N1 della famigerata “influenza suina”, ma gli studiosi sono stati in grado di rilevare alcune differenze degne di nota. “Il virus – si legge su Science – è una miscela unica di tre lignaggi: uno simile ai ceppi trovati negli uccelli europei e asiatici; il ceppo H1N1 che ha causato la pandemia del 2009 e un H1N1 nordamericano che ha geni da virus dell’influenza aviaria, umana e suina”. La variante G4, sottolineano gli esperti, risulta particolarmente preoccupante perché il suo nucleo è un virus dell’influenza aviaria – per il quale gli esseri umani non hanno immunità – con frammenti di ceppi di mammiferi mescolati.

Shift dei consumi in chiave vegetale

Parlando di questo argomento e dopo le immense mutazioni a livello economico che la pandemia di Covid-19 ha portato con sé, è impossibile non fare riferimento a un macro fenomeno che riguarda il mercato alimentare globale in questo periodo, ovvero la diminuzione del consumo di carne in favore di prodotti 100% vegetali. La pandemia ha infatti portato a un calo netto del consumo di carne, con l’Asia che corre verso un’alimentazione plant-based per paura del contagio e un aumento considerevole della richiesta di “carne vegan” a livello internazionale.

Il motivo è presto detto: il Covid-19, così come molte malattie infettive degli ultimi decenni, sono delle zoonosi, derivanti cioè da un contatto diretto animale-uomo. Anche il nuovo virus è trasmesso dagli animali e questo perché le condizioni in cui vengono rinchiusi negli allevamenti e nei mercati della fauna selvatica (wet markets) forniscono un ambiente fertile per la trasmissione di virus tra diverse specie e esseri umani. Al di là quindi della questione etica – che continua a fare da sfondo a questo problema – c’è anche una questione strettamente legata alla sicurezza alimentare. Si sta quindi assistendo a una vera e propria presa di coscienza rispetto alle potenziali implicazioni del consumo di carne e derivati, con il conseguente aumento della richiesta di proteine di origine vegetale insieme alla necessità di seguire stili di vita più sani.

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