Lo scorso anno la carne coltivata è entrata ufficialmente nel piano di sviluppo economico della Cina e in questi giorni il Paese ha inaugurato il primo stabilimento pilota per la sua produzione su larga scala, a Shanghai: è l’azienda di biotecnologia CellX – il cui motto è “Eat meat, not animals” – a portare avanti questo cambiamento, con l’obiettivo di portare a breve la carne coltivata sul mercato internazionale.
Lo stabilimento si chiama FX e ha una capacità produttiva importante, di circa mille tonnellate di carne all’anno, ma si tratta soltanto di un banco di prova per l’azienda; nel frattempo, sta infatti mettendo a punto una fabbrica ben più grande, che dovrebbe essere attiva entro il 2025 e che sarà in grado di produrre centinaia di tonnellate di carne coltivata ogni anno.
L’importanza di questa giovane azienda sta nel fatto che, tra tutte le start up che finora si sono lanciate sulla produzione di carne made in lab, sembra essere quella che potrebbe portare la produzione a livelli davvero competitivi, non solo in termini di quantità ma anche di prezzo. Per adesso, quest’ultimo è di 100 dollari per circa mezzo chilo di carne (1 libbra) – che è comunque di molto inferiore a quello del primo hamburger coltivato mai realizzato, del 2013, che in tutto è costato 250.000 euro – ma CellX confida di riuscire ad abbassarlo con l’avvio del nuovo impianto. Per poter competere davvero con la carne tradizionale, dovrebbe essere intorno ai 3 dollari per libbra.
L’obiettivo dell’azienda è chiaro: CellX inizialmente presenterà domanda per la vendita dei propri prodotti – che comprendono carne coltivata di pollo, manzo e maiale – negli Stati Uniti e a Singapore, per adesso gli unici Paesi al mondo ad averla autorizzata. Entro il 2025 l’azienda conta di posizionarsi nel mercato di fascia alta, soprattutto attraverso la vendita nei ristoranti, per poi spostarsi anche verso quella diretta. Gli esperti ritengono che l’azienda abbia buone probabilità di riuscire nell’impresa e superare la concorrenza con prezzi più bassi, anche grazie agli incentivi governativi e al costo molto inferiore dei bioreattori rispetto agli Stati Uniti e all’Europa.
Carne coltivata: il nostro punto di vista
Cogliamo l’occasione per ribadire un pensiero che abbiamo già espresso molte volte rispetto a questa tecnologia alimentare: la carne coltivata non è vegana e non è pensata per le persone che non mangiano carne. Anzi, il target di riferimento per questi prodotti sono le persone che mangiano la carne e non vogliono rinunciarvi, per la quale potrebbe rappresentare un’alternativa concreta e più apprezzata rispetto alla carne a base vegetale. Questo è il punto chiave della questione, ed è questa la ragione per cui non ci sentiamo di condannare in toto la carne in vitro, seppure sappiamo che non sia un prodotto in linea con i principi della filosofia vegan.
Chi non vede nella clean meat un’importante opportunità di cambiamento, ha forse una visione parziale del problema legato al consumo di carne, ma anche dei consumatori stessi. Rimangono – e forse rimarranno sempre – consumatori che “vogliono” mangiare carne. La carne coltivata nasce per dare un’alternativa, sicuramente più etica e sostenibile della carne tradizionale, a tutte queste persone.
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