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Climate change, ormai è ultimatum: gli scienziati dell’IPCC chiedono di agire ora, perché “non c’è più tempo”

Arriva il nuovo - e conclusivo - report IPCC sul clima: se vogliamo evitare la catastrofe climatica, le istituzioni devono agire adesso, tagliando emissioni (anche legate al sistema alimentare) e uso di combustibili fossili.

Dopo i rapporti IPCC di cui abbiamo parlato negli scorsi anni, arriva il nuovo – e conclusivo – report del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc) dell’Onu, comprensivo del lavoro compiuto da numerosi scienziati negli ultimi 8 anni e che non lascia spazio a tanti dubbi: se vogliamo evitare la catastrofe climatica, le istituzioni devono agire adesso, avviare ora una transizione sostenibile per tagliare drasticamente emissioni e consumo di combustibili fossili con le tecnologie di cui già disponiamo. L’alternativa? Un aumento della temperatura così disastroso da mettere in pericolo il futuro della nostra e di altre specie, nonché del Pianeta stesso.

Il nuovo rapporto IPCC sul climate change: è tempo di cambiare rotta

Il nuovo report IPCC arriva a conclusione di 8 anni di lavoro, una sintesi di dati e studi presentati negli scorsi anni: se in occasione dell’uscita dei precedenti rapporti l’appello della comunità scientifica è caduto nel vuoto, stavolta gli scienziati dell’IPCC vogliono rendere chiaro a tutti, politica e istituzioni in primis, che l’uscita di questa sintesi rappresenti un vero e proprio ultimatum, un ultimo avvertimento per cambiare la rotta verso un futuro spaventosamente più caldo. Il prossimo report complessivo del Gruppo dovrebbe uscire solo a fine decennio, quando ormai gli scienziati stimano che sarà troppo tardi per tornare sui nostri passi.

Questo perché moltissimi dei cambiamenti climatici già avvenuti nell’oceano, nelle calotte polari e nel livello del mare si possono definire già irreversibili addirittura per millenni. Agire ora mettendo un serio impegno per avviare la transizione verso energie rinnovabili e stili di vita più sostenibili è quanto mai imperativo per mitigare i cambiamenti già in atto ed evitarne di peggiori, se non vogliamo assistere ad una catastrofe nel giro dei prossimi dieci o quindici anni.

Gravità, urgenza, speranza

Il report IPCC si fa portavoce di tre principali messaggi: gravità della situazione, urgenza dell’azione ma anche speranza di poter davvero cambiare una situazione che si prospetta altrimenti drammatica. Se è vero che è essenziale mantenere la temperatura globale al di sotto di 1.5° C rispetto ai livelli pre-industriali, allora è tempo di mettere in campo tutta la tecnologia di cui già disponiamo per trovare soluzioni efficaci per raggiungere questo obiettivo. A rendere più facile questa transizione, il crollo dei costi dell’eolico (-55%) o del fotovoltaico (-85%).

Ma a preoccupare non è tanto il come, ma il quando e in quanto tempo. Infatti gli obiettivi presi durante l’Accordo di Parigi del 2015 da numerosissime Nazioni non sono per l’IPCC “abbastanza ambiziosi”, con le politiche nazionali attuali a non prendere davvero sul serio l’impegno e le tempistiche in cui tali piani dovrebbero essere messi in atto: così, stando agli scienziati, si rischia un aumento della temperatura di circa 3,5° C, una vera e propria minaccia per la nostra stessa sopravvivenza.

Solo i combustibili fossili? No, anche l’alimentazione va fortemente ripensata

Questo appello avviene in un momento in cui invece che diminuire, le emissioni aumentano senza sosta. Nel 2022 si è registrato un +0,9% rispetto all’anno precedente, raggiungendo il massimo storico di sempre: 39,8 Gigatonnellate, mentre la scienza chiede che il picco massimo di emissioni si raggiunga nel 2025, per poi decrescere e azzerarsi entro il 2050.

E se giustamente il dito viene puntato in prima battuta verso i combustibili fossili come carbone, petrolio e gas usati per elettricità, trasporti, riscaldamento degli edifici e produzione industriale (che rappresentano una larga maggioranza delle emissioni), non è da dimenticare l’impatto ambientale della nostra alimentazione.

Come rivela Stephanie Roe, responsabile scientifica del Wwf su Clima ed Energia “solo il sistema alimentare è responsabile di circa un terzo (23-42%) delle emissioni globali di gas serra. Quanto prima e con maggiore decisione agiremo, tanto prima le persone e la natura potranno raccogliere i benefici di un futuro più pulito, sicuro e stabile. Abbiamo tutti gli strumenti necessari, quindi se agiamo subito siamo in grado di vincere questa sfida. Questo si accompagna inevitabilmente ad un ripensamento del nostro sistema alimentare ancora troppo basato su alimenti di origine animale, che oltre a non essere etici stanno mettendo a repentaglio la nostra stessa sopravvivenza su questo Pianeta. L’ultimatum dell’IPCC è chiaro: bisogna ripensare – e non devono farlo solo le istituzioni – il nostro modo di vivere, il nostro stile di vita, mettendo in discussione e cambiando tutte quelle abitudini che non ci sono più necessarie e per cui esiste un’alternativa praticabile ed efficace per tagliare le emissioni. E questo, va da sé, significa passare e preferire uno stile di vita e un’alimentazione plant-based: non certo la panacea di tutti i mali, ma un efficace primo passo nella direzione opposta rispetto alla catastrofe che si profila all’orizzonte.


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