Ciò che emerge da un monitoraggio congiunto tra Greenpeace e l’Osservatorio di Pavia sottolinea in modo eloquente l’importanza che non solo le istituzioni, ma i mezzi d’informazione del nostro Paese, danno a quella che è forse la battaglia più urgente che dobbiamo combattere per la nostra sopravvivenza e quella degli altri animali e del Pianeta. Di climate change – o crisi climatica, o cambiamenti climatici che dir si voglia – al telegiornale, nei talk show di approfondimento, sui giornali se ne parla poco e anche in modo poco corretto, molto spesso senza nemmeno toccare quali siano le vere ragioni che lo stanno scatenando.
I dati: come e quanto parlano di climate change tg e carta stampata
Stando ai dati raccolti da Greenpeace e Osservatorio di Pavia nell’abituale monitoraggio quadrimestrale tra informazione e crisi climatica, meno del 3% delle notizie date nei tg televisivi tratta in modo diretto o indiretto di climate change. Durante 4 mesi di informazione, tra gli scorsi settembre e dicembre 2022, sono andati in onda solo 390 servizi sull’argomento, nonostante le occasioni e gli appuntamenti per approfondire meglio il discorso ci fossero, come la Cop27 di Sharm El Sheikh di novembre e le misure valutate dall’Europa per chiedere ai Paesi membri di ridurre emissioni e passare a stili di vita e consumi più consapevoli e sostenibili.
Prendiamo ad esempio i tg: dove nemmeno il picco di notizie in concomitanza della conferenza sul clima in Egitto (176 servizi tv) risolleva una copertura a dir poco non sufficiente del tema, anche perché spesso il vero fulcro del servizio non è comunque il climate change, seppur meriterebbe estrema attenzione. La verità è che quando se ne parla, la crisi climatica è quasi messa a margine di altre questioni presentate nei servizi.
Perché non si parla delle cause e del greenwashing?
Di clima si parla prevalentemente nell’urgenza: quando il tema si incrocia alla politica o quando gli effetti dei cambiamenti climatici si abbattono concretamente sulle nostre vite, ossia in caso di eventi climatici estremi. Un po’ di spazio lo prendono anche le proteste degli attivisti per il clima. Tutto ciò, però, non basta affatto.
Specie alla luce del fatto che di climate change spesso si parla come una sciagura senza un reale colpevole, un qualcosa che piove dal cielo o con cui bisogna convivere, punto. Non c’è quasi mai accenno e approfondimento sulle vere cause del problema, che non possono che essere antropiche: di combustibili fossili e – ancor meno – delle nostre abitudini alimentari non c’è quasi mai accenno, continuando a perpetrare l’idea che il nostro stile di vita non stia distruggendo il Pianeta che abitiamo. L’informazione sembra quindi seguire il trend caro al Governo, per cui è meglio tutelare gli interessi e lo status quo e tacere su tutto ciò che è ora di lasciarsi alle spalle – come la produzione di carne in Italia – ma a cui non si può rinunciare perché parte della nostra tradizione. Fino a che punto continueremo a fingere che non ci sia correlazione tra il modo in cui viviamo e il disastro a cui stiamo andando incontro?
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