Un nuovo studio dell’Università di Newcastle in Australia suggerisce che una persona ingerisce in media circa 5 grammi di plastica ogni settimana, l’equivalente del peso di una carta di credito.
La ricerca è stata commissionata dal Wwf e si intitola:
“No Plastic in Nature: Assessing Plastic Ingestione from Nature to People”.
L’aumento massivo dell’uso di plastica e pratiche di riciclo limitate si traducono in una produzione enorme di rifiuti plastici. La produzione di plastica è aumentata 200 volte dal 1950 ed è cresciuta del 4% all’anno dal 2000. La produzione attuale potrebbe aumentare del 40% per cento entro il 2030.
Ad oggi, un terzo dei rifiuti di plastica finisce nell’ambiente, pari a 100 milioni di tonnellate di rifiuti. Usata come un materiale usa e getta, oltre il 75% di tutta la plastica mai prodotta, diventa uno scarto. Una parte significativa di questi rifiuti è gestita male e circa l’87%, arriva in natura nella forma di ciò che definiamo “inquinamento”. Se nulla dovesse cambiare, si stima che l’oceano conterrà 1 tonnellata di plastica per ogni 3 tonnellate di pesce entro il 2025.
L’inquinamento plastico colpisce l’ambiente naturale della maggior parte delle specie sul pianeta. La plastica è stata rilevata in ogni parte del globo fino all’Artico con gravi danni per la fauna.
Parliamo di impatto sul corpo umano.
La più grande fonte di ingestione di plastica è l’acqua potabile: la plastica è stata rilevata nelle acque sotterranee, in quelle superficiali, nell’acqua di rubinetto e nell’acqua in bottiglia: in una indagine globale, tutti i campioni di acqua imbottigliata, contenevano plastica.
Lo studio rivela che il consumo di cibo e bevande comuni può comportare un’ingestione settimanale di circa 5 grammi di plastica, a seconda delle abitudini di consumo. Su un totale di 52 studi che l’Università di Newcastle ha incluso nella sua indagine, 33 report hanno esaminato il consumo di plastica attraverso il cibo e bevande Questi studi hanno evidenziato un elenco di alimenti e bevande comuni contenenti microplastiche: oltre all’acqua potabile, vengono indicati i crostacei, la birra e il sale.
La figura mostra la percentuale di campioni di acqua potabile contenenti firbre plastiche e la media del quantitativo di fibre plastiche rilevate per 500 ml. In Europa ad esempio, il 72,2% delle acque prese in analisi contiene fibre e la media per 500 ml di liquido è di 1,9.
Tra gli scienziati non c’è concordanza sui danni che le microplastiche possono causare nell’organismo umano nel lungo termine. Le particelle influenzano la risposta immunitaria del corpo? Veicolano la trasmissione di sostanze tossiche? Alistair Boxall, professore di scienze ambientali presso l’Università di York in Inghilterra, ha affermato che “per capire veramente le fonti di esposizione abbiamo bisogno di studi molto più approfonditi in cui monitoriamo da vicino le attività quotidiane delle persone e i media a cui sono esposti”. I ricercatori sperano di ottenere finanziamenti per condurre studi più ampi. Studio shock: trovate per la prima volta, microplastiche nel corpo umano
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