Consumo carne

“Si è sempre mangiato carne”: sì, ma quanta e in che modo?

Chi dice che la carne si è sempre mangiata per giustificare l'odierno consumo di carne, non tiene conto di tantissimi fattori: facciamo il punto sulla questione.

Se è vero che la tradizione non giustifica il consumo di carne perché la cultura è costantemente esposta a nuovi stimoli, nuovi intrecci e nuove spinte per cui la sua principale caratteristica è quella di essere in movimento, è vero anche che sarebbe sbagliato immaginare la cultura come un elemento a sé stante, separato e isolato rispetto, ad esempio, a fattori sociali ed economici. 

Guardandoci indietro, per esempio, vediamo un consumo di carne minore rispetto a ora, ma il fatto che sino al nostro tempo la tendenza sia stata in crescita non deve trarci in inganno facendoci credere in primis che questo sia un elemento positivo, e in secondo luogo che le cose non possano cambiare.

Dai nostri nonni – e dalle nostre nonne – a noi: cosa è andato storto?

Ti avrei voluto vedere anche solo cinquant’anni anni fa, quando non c’erano i supermercati con i burger di soia e il ragù di seitan, cosa ti saresti mangiato…”. Certo, perché l’unica cosa ad essere cambiata negli ultimi anni è l’aumento di alternative vegetali, giusto?

Cento anni fa i nostri nonni mangiavano sì la carne, ma… ci sono un po’ di “ma”. La carne che mangiavano non arrivava di certo dagli allevamenti intensivi di cui oggi fatichiamo anche solo a guardare le immagini (“Se i macelli avessero le pareti di vetro saremmo tutti vegetariani“, disse un tale di nome Tolstoj), ma di solito era carne di animali allevati nella propria stalla, o in quella di un allevatore del paese. Non che questo la rendesse eticamente migliore o accettabile, ma sicuramente prodotta diversamente rispetto a oggi.

Inoltre, le conoscenze relative al cambiamento climatico, ai danni alla salute provocati proprio dal consumo di carne, al dolore provato dagli animali e – come si diceva – alle possibili alternative alla carne erano limitate. In ogni caso, già allora si mangiavano con elevata frequenza moltissimi alimenti vegetali, dalle zuppe, come ad esempio la famosissima ribollita toscana, al genuino pane con l’olio, a molti altri piatti poveri ma deliziosi. Tutto questo anche perché la carne costava parecchio, mentre ora…

Cosa è successo?

Ora purtroppo la carne è accessibile a chiunque. “Purtroppo“ non perché la carne dovesse restare elitaria (nessun alimento dovrebbe esserlo), ma perché a pagare caro, carissimo questo cambiamento sono, in primis, gli animali. Ragionare solo in questi termini sarebbe giusto ma un po’ limitante: ne soffrono evidentemente gli animali, ma ne soffre anche il resto del mondo. Chiaramente è coinvolto l’ambiente, ma anche le fasce più povere della società, oppresse da un sistema capitalistico che è esploso e degenerato negli ultimi anni. 

Ecco qual è stato il problema che ci ha condotto qui: una sovrapproduzione ha favorito pochi imprenditori a sfavore di tutti gli altri, animali inclusi. Per questo sarebbe sbagliato additare come colpevole il singolo individuo che pranza al fast food o che acquista la carne del supermercato, poiché sono alimenti svenduti, oggettivamente, a prezzi irrisori. Per trovare i responsabili bisogna piuttosto scavare un po’ di più, perché si nascondono dietro finte politiche green, green washing e dietro l’escamotage dei prezzi bassi per mascherare i sovraprofitti che loro stessi ne ricavano e lo sfruttamento che regna alla base di tutto questo sistema. 

Paragonare dunque oggi il consumo di carne dei nostri nonni al nostro è dunque fuori luogo, perché vorrebbe dire ignorare l’enorme elefante nella stanza del sistema capitalistico e di tutte le sue falle in cui ci siamo abituati a vivere senza renderci conto che, con una forbice sociale che si allarga sempre di più, con 700 milioni di animali uccisi ogni anno solo in Italia, con un pianeta al collasso, a pagarne le conseguenze è l’umanità intera.

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