Consumare carne rossa e lavorata ha un forte impatto sulla salute, anche a livello economico. A dimostrarlo il report “L’insostenibile impatto della carne in Italia”, pubblicato di recente in esclusiva da ilfattoquotidiano.it, e realizzato per LAV da Demetra, società che si occupa di ricerca scientifica e sostenibilità. Lo studio analizza i costi “nascosti” del consumo di carne in Italia, che vanno ben oltre il prezzo riportato in etichetta e riguardano i danni ambientali e sanitari che ogni anno pesano sulle tasche dei cittadini. Gli italiani pagano 36,6 miliardi di euro per i danni causati alla salute pubblica e all’ambiente, indipendentemente che scelgano o meno di consumare carne e derivati.
Parlando di impatto sulla salute, lo studio analizza la correlazione tra consumo di carne e la possibilità di contrarre quattro patologie: carcinoma del colon-retto, diabete di tipo 2, ictus e malattie cardiovascolari. Le analisi si basano su un consumo di 43,8 g al giorno di carne rossa e 46,0 g al giorno di carne lavorata, ovvero la media giornaliera consumata dagli onnivori in Italia. I dati scientifici dimostrano che il consumo di 43,8 g/gg di carne rossa aumenta del 3% il rischio di ammalarsi di carcinoma del colon-retto e dell’8,6% la possibilità di avere il diabete di tipo 2.
Il consumo di carne lavorata, invece, aumenta il rischio di contrarre tutte e quattro le malattie considerate, e con una percentuale decisamente più alta. Per fare un esempio, il rischio di contrarre il diabete di tipo 2 consumando 46 g al giorno di carne lavorata aumenta di oltre il 30%.
Consumo di carne e anni di vita persi: le stime
A questo punto gli esperti hanno convertito questi dati in DALY (Disability-Adjusted Life Year), un valore che prende in considerazione diversi fattori: il carico complessivo della malattia, il numero di anni in salute persi a causa di problemi legati alla malattia, disabilità o morte prematura. Il risultato è scioccante: il consumo di carne incide per il 15% dei DALY persi in Italia a causa del carcinoma del colon-retto, del 26% di quelli persi a causa del diabete di tipo 2, del 17% di quelli persi a causa dell’ictus e, infine, del 9% di quelli persi a causa di malattie cardiovascolari. La carne lavorata risulta essere il responsabile principale di questa situazione, contribuendo per quasi il 90% dell’impatto sanitario.
Parlando di costi, il consumo dei due tipi di carne è responsabile di 53mila DALY persi a causa del carcinoma del colon-retto in Italia, con un costo per la società di 2,9 miliardi; di oltre 177mila DALY persi per diabete di tipo 2 con un costo di 9,7 miliardi, di quasi 116mila DALY persi per ictus (costo 6,3 miliardi) e di 103mila DALY persi per malattie cardiovascolari (5,7 miliardi).
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Gli studiosi hanno calcolato anche i costi per la collettività dovuti al consumo di 100g di carne, che ovviamente non riguardano il singolo individuo, ma il costo sanitario annuale per l’Italia (in termini di perdita di anni di vita in salute). Prendendo in considerazione le quattro malattie, si parla di 35 centesimi di euro per 100 g di carne rossa (intervallo di incertezza compreso tra un beneficio di 85 centesimi di euro e un costo di 1,20 euro), e più di 2,08 euro per la carne lavorata (intervallo di incertezza: 0,69 – 2,91 euro). Quest’ultima, in particolare, vede un costo in termini di DALY persi soprattutto per diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari (rispettivamente 35% e 33%).
All’interno dello studio viene riportato anche il confronto con le alternative vegetali, e in particolare i legumi: un consumo di 50 o 100 grammi al giorno non aumenta il rischio di contrarre le quattro malattie in analisi. Anzi, il rischio di ammalarsi si riduce all’aumentare della quantità di legumi consumati quotidianamente. Per 100 g di legumi consumati al giorno, ad esempio, il rischio di contrarre malattie cardiovascolari si riduce di più del 10%. Non viene quindi attribuito nessun costo sanitario al consumo di questi alimenti vegetali al confronto con la carne.
Come si legge nel report, a causa del consumo di carne, ogni anno in Italia vengono persi circa 350mila anni di vita, che significa che l’aspettativa di vita in salute di un consumatore di carne si riduce di circa 2,3 giorni. Ma l’alternativa c’è, ed è il consumo di alimenti vegetali: “Siamo consapevoli che non si tratta di cambiamenti da attuare da un giorno all’altro – dichiara Roberto Bennati, direttore generale di LAV – ma le stime della FAO secondo cui il consumo di carne attuale nel 2050 raddoppierà, arrivando a 465 milioni, ci indicano la direzione”.
Focus on: cosa ha detto l’OMS sul consumo di carne?
Non dimentichiamo che lo studio Demetra si aggiunge a quanto già espresso dalla scienza. In particolare, nel 2015 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato le carni lavorate come “cancerogeno per l’uomo” (Gruppo 1), mentre il consumo di carne rossa è stato classificato come “probabilmente” cancerogeno per l’uomo “(Gruppo 2A).
Nel fare questa valutazione, il team di lavoro ha preso in considerazione tutti i dati rilevanti esaminati, inclusi i dati epidemiologici mostrando un’associazione tra consumo di carne rossa e cancro colon-rettale, del pancreas e della prostata.” Consulta il rapporto elaborato nel 2015: Carcinogenicity of consumption of red and processed meat.
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Laura Di Cintio
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