Dieta flexitariana

Perché la dieta flexitariana può essere un’introduzione soft alla scelta vegan

Un’alimentazione non totalmente vegetale che però può spingere sempre più persone ad adottare nel tempo uno stile di vita completamente plant-based: perché si parla tanto di dieta flexitariana?

Un regime alimentare per la maggior parte equiparabile a quello vegetariano, ma con flessibilità: la dieta flexitariana, in voga negli Stati Uniti ormai da qualche anno e sempre più diffusa anche nel resto dell’Occidente, è un regime alimentare che si rivolge principalmente agli onnivori che desiderano ridurre il consumo di carne e derivati da una parte, l’impronta che la propria alimentazione ha sul Pianeta dall’altra. 

Un vero e proprio trend alimentare che si propone di mettere in primo piano il benessere dell’organismo e la sostenibilità ambientale: ma è davvero così? La dieta flex può essere il compromesso utile per ridurre drasticamente, almeno inizialmente lo sfruttamento animale e ambientale? Può rappresentare, inoltre, un primo, “soft” step verso uno stile di vita totalmente plant-based?

La dieta flexitariana: cos’è e quali alimenti include

Per l’80% una dieta vegetariana, la flexitariana non esclude però il consumo occasionale di carne, uova, pesce e derivati animali come il latte, purché i prodotti animali che si consumano siano biologici, di alta qualità o a km zero. 

La dieta flexitariana, ideata dalla nutrizionista americana Dawn Jackson Blatner nel 2008 con il volume “The Flexitarian Diet”, per quanto spesso indicata come sostenibile è in realtà un regime alimentare principalmente volto alla perdita di peso e ad apportare benefici, quello sì, alla salute rispetto alla classica dieta tradizionale americana. 

Come mostra uno studio firmato dai ricercatori Peter Scarborough, Paul N. Appleby, Anja Mizdrak, Adam D. M. Briggs, Ruth C. Travis, Kathryn E. Bradbury e Timothy J. Key dell’Università di Oxford le diete meno impattanti in assoluto a livello di emissioni di gas sono quella vegetariana e vegana.

Un vegano è responsabile per l’emissione di soli 6,4 mq di CO2 rispetto agli 8,4 di un vegetariano, agli 8,6 di un pescetariano o ai 10,3 di un onnivoro o flexitariano che mangia raramente carne.

 

Sì a frutta e verdura, con riduzione drastica del consumo di carne

La dieta flexitariana prevede infatti un apporto calorico giornaliero standard di 1500 kcal da dividere in cinque pasti: 300 calorie a colazione, 400 a pranzo, 150 per due spuntini al giorno e 500, infine, per la cena. 

Per un regime più rigoroso, si può prevedere di rinunciare agli spuntini o, per una dieta più sostanziosa, di raddoppiare l’apporto calorico della prima colazione: ciò che è importante, però, è che verdura, frutta, legumi, cereali integrali e semi siano gli alimenti protagonisti di questa dieta, che molti hanno equiparato a quella mediterranea. Il consumo di carne, negli Stati Uniti da sempre molto maggiore rispetto a quello che se ne fa in Italia, è ridotto a 700 grammi settimanali, che nel tempo possono diventare 500 o 250 grammi a settimana: altra regola, l’astensione totale dalla carne in almeno due giorni alla settimana. Nessuna restrizione, invece, per il consumo di pesce.

dieta flexitarian

Una dieta nata per favorire la perdita di peso si può definire sostenibile?

Al di là dei benefici per la nostra salute e dell’efficacia come dieta dimagrante, molti indicano la dieta flexitariana come una possibile soluzione per alimentare la popolazione mondiale in modo sostenibile. 

Anche l’Università di Oxford, attraverso una ricerca condotta dai suoi scienziati, ha infatti dimostrato che la dieta flexitariana, unita al miglioramento delle pratiche agricole e una riduzione drastica dello spreco alimentare, potrebbe riuscire a nutrire 10 miliardi di persone entro il 2050 – riducendo quindi l’impatto dei nostri consumi sul Pianeta, sui cambiamenti climatici e prevenendo la distruzione di interi ecosistemi. Risultati che si potrebbero ottenere ancora più rapidamente con una dieta vegetale al 100%, anche a fronte di numerosissime ricerche che dimostrano come la dieta vegana sia non solo la soluzione migliore per noi e per la nostra salute, ma anche per l’ambiente e per gli animali, unendo quindi un miglioramento etico oltre a quello ambientale e sostenibile. 

Un primo step verso uno stile di vita 100% plant-based

Quello che si può dire, dunque, è che la dieta flexitariana sia uno stile di vita “più” sostenibile rispetto alla tradizionale alimentazione onnivora, ma non il migliore e il più benefico per noi, per l’ambiente e per altri esseri senzienti: questa considerazione comunque non vieta di affermare, d’altro canto, che qualsiasi iniziativa volta a ridurre il consumo di prodotti animali è ben accetta e contribuisce alla causa vegan. 

La dieta flexitarian, in questo senso, può essere un buon primo step per onnivori e vegetariani non ancora pronti a intraprendere uno stile di vita plant-based per prendere le misure con un’alimentazione a forte trazione vegetale e, chi lo sa, scegliere in un secondo momento di eliminare completamente dalla propria dieta uova, latticini, carne e pesce. A ciò si aggiunge il fatto che con la sempre maggiore diffusione della dieta flex, molte più persone stanno cambiando le proprie scelte d’acquisto prediligendo prodotti interamente vegetali e, di conseguenza, favorendo una maggiore domanda degli stessi.

Questo, come ci auguriamo, potrebbe innescare una conseguente risposta da parte dei brand, ancora più motivati quindi a ideare e commercializzare soluzioni plant-based ai consumatori. È anche facendo un piccolo, cauto passo alla volta che si dà vita e ci si avvicina al cambiamento. 


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