La Commissione Europea si è espressa ufficialmente contro la proposta di legge ungherese che mira a vietare la produzione e la vendita di carne coltivata in Ungheria, definendo questo divieto “ingiustificato” e potenzialmente in contrasto con le normative comunitarie. Secondo la Commissione, tale provvedimento potrebbe ostacolare il processo di autorizzazione armonizzato per i nuovi alimenti nell’Unione Europea, il quale richiede una rigorosa valutazione scientifica condotta dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA).
Oltre alla Commissione, quattro Stati membri – Svezia, Lituania, Paesi Bassi e Repubblica Ceca – hanno espresso preoccupazioni e critiche nei confronti del divieto ungherese dando il via a un dibattito che si inserisce nel quadro della procedura TRIS (Technical Regulation Information System), che ha lo scopo di prevenire la creazione di barriere al commercio all’interno del mercato unico europeo.
Perché questo divieto?
Il progetto di legge approvato dal Parlamento ungherese vieta “la produzione e l’immissione sul mercato di carne coltivata e di prodotti contenenti carne coltivata fra gli ingredienti“, eccezion fatta per l’uso medico e veterinario. Ma quali sono le motivazioni che avrebbero portato a questa decisione?
Nel progetto si legge che il Parlamento ungherese riconosce “l’indiscutibile impatto positivo della produzione alimentare tradizionale sull’agricoltura e sulle condizioni di vita rurali nel loro complesso, nonché le minacce per i nostri valori fondamentali poste dalle tecnologie e dai metodi di produzione diversi dalla produzione alimentare tradizionale“.
Le dichiarazioni della Commissione Europea
Stella Kyriakides, Commissaria europea per la salute e la sicurezza alimentare, ha sottolineato che qualsiasi alimento innovativo deve superare un processo di autorizzazione pre-mercato, incluso un esame approfondito dell’EFSA per garantirne la sicurezza. Una volta approvato, un nuovo alimento viene inserito nell’elenco ufficiale dell’UE e può essere commercializzato in tutto il territorio dell’Unione. Kyriakides ha inoltre chiarito che un divieto preventivo è ingiustificato, poiché la carne coltivata non è ancora disponibile per i consumatori europei e la sua eventuale approvazione sarebbe sottoposta a un severo controllo scientifico.
Le dichiarazioni degli Stati membri
Il governo svedese ha affermato che “queste motivazioni sono inaccettabili. L’Ungheria non ha presentato una valutazione dei rischi posti dalla carne coltivata né ha dimostrato in altro modo che tali prodotti possano comportare rischi, ad esempio, per la salute umana o per l’ambiente“, mentre i Paesi Bassi hanno sottolineato come l’UE possieda già uno dei sistemi di valutazione della sicurezza alimentare più rigorosi al mondo, aggiungendo che innovazioni come la carne coltivata dovrebbero essere viste come un complemento alle modalità tradizionali di produzione di proteine animali.
La Lituania ricorda invece che se un prodotto alimentare è autorizzato a livello europeo, può essere venduto in qualsiasi Stato membro, inclusa l’Ungheria. Il divieto, quindi, è incompatibile con le normative dell’UE e dal momento che alcuni paesi consentono già la vendita di carne coltivata,“è importante che l’UE rimanga competitiva nello sviluppo di queste tecnologie e detti le condizioni per la regolamentazione e gli standard a livello globale”.
Le parole del Good Food Institute
Francesca Gallelli, Responsabile delle Relazioni Istituzionali presso il Good Food Institute Europe, ha commentato duramente il divieto ungherese: “La proposta ungherese si scontra con i principi del diritto europeo, così come sarebbe successo con la legge italiana se avesse rispettato la procedura TRIS. Entrambi i divieti sono infondati, non essendo basati su evidenze scientifiche, soprattutto considerando che la carne coltivata non è ancora disponibile per i consumatori europei“.
Gallelli si è espressa anche sulla recente legge italiana che vieta la produzione e vendita di carne coltivata, definendola “potenzialmente inapplicabile dal momento che è stata notificata all’Unione Europea dopo essere stata approvata, in violazione della procedura TRIS“.
Una prospettiva più ampia
Questa presa di posizione da parte della Commissione Europea e degli Stati membri mette in discussione le politiche protezionistiche in materia di carne coltivata, aprendo un dibattito più ampio sul futuro delle innovazioni alimentari in Europa. La carne coltivata rappresenta una frontiera tecnologica con il potenziale di ridurre l’impatto ambientale e porre fine agli allevamenti intensivi, ma di fronte a sé ha ancora molte sfide, legali e culturali.
Resta da vedere come si evolverà il confronto tra i singoli Stati membri e le istituzioni europee su un tema così delicato e strategico per il futuro del sistema alimentare. L’Europa, che si è sempre distinta per il suo rigore nelle regolamentazioni alimentari, sembra essere a un bivio: abbracciare le innovazioni o lasciare che le spinte nazionaliste e conservatrici ne rallentino l’adozione.
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