Appena arrivati nel giardino, i quattro beagle si sono messi a scavare buche e si sono nascosti. Per mesi sono usciti da queste tane solo quando avevano troppa fame. \”Non avevano mai camminato sull\’erba, non avevano mai visto un albero\”. Sara D\’Angelo, di Arese, ha preso i quattro cani in un laboratorio di ricerca milanese che stava chiudendo. \”Me li hanno regalati, tanto li avrebbero soppressi\”. I nomi dei quattro beagle sono Dl 1, Dl 2, Dl 3 e Dl 4. \”I primi tre sono riuscita a piazzarli, Dl 4 è rimasto con me. La sigla usata come nome serve a ricordare a chi incontro il passato di questi animali. Dl 50 è infatti il test di tossicità acuta cui erano sottoposti. Dl sta per dose letale. E\’ stato inventato nel 1927 e viene usato ancora, con altro nome. Si somministrano dosi crescenti della sostanza da testare fino a quando questa uccide il 50% degli animali. Ecco come si spiega il numero 50 dopo la sigla\”.
Ha aspettato più di sei mesi, Sara D\’Angelo, dell\’associazione \”Vita da cani\”, prima di vedere il suo Dl 4 abbaiare e farle festa. \”Se fossero umani, i cani da laboratorio si potrebbero dire autistici. Sul mio avevano fatto esperimenti sul sangue e test di tossicità. Io giro per laboratori e chiedo che mi vengano regalati gli animali che già sono stati \”usati\”. Ho visto cani obbligati alla diarrea per giorni o per mesi, per potere essere poi usati come cavie per gli antidiarroici. Bisognerebbe riuscire ad entrare con una telecamera, in quei laboratori. Un addetto alla custodia dei beagle, tutto contento, mi ha fatto vedere come questi siano obbedienti. Ogni tanto li toglie dalle gabbie e li mette in corridoio. Batte le mani e i cani si mettono a correre avanti e indietro, in modo innaturale, agghiacciante. Dieci minuti dopo batte ancora le mani e i cani si immobilizzano\”.
E\’ finito bene, il viaggio di Dl 4 e dei suoi fratelli. Un viaggio che inizia nei tre allevamenti italiani di beagle (il più grande, il Morini in terra reggiana è stato bloccato da una legge della Regione) o nel Wisconsin, negli Stati Uniti. La globalizzazione è arrivata anche per questi Snoopy. Basta cliccare sul sito www.harlan. com per acquistare cuccioli beagle per la ricerca e i test tossicologici. Un cagnolino di due mesi costa 465 dollari, uno di sei mesi 560. La società può fornire anche gatti, conigli, ratti e tutto quanto serve in un laboratorio. I cani sono beagle e basta. Ormai sono usati solo loro, in tutto il mondo. Troppo buoni per ribellarsi, non mordono nemmeno se sottoposti a torture. Hanno la taglia giusta (a sei mesi le femmine pesano 8 kg, i maschi 10) e non sono forti come doberman o cani lupo. La società americana assicura inoltre che per i propri beagle \”c\’è una socializzazione quotidiana per garantire che i cani possano essere maneggiati facilmente nei laboratori\”. I beagle sono \”selezionati per colore, forma, tipo, carattere, salute\”.
Ne sono arrivati cinquecento solo a Fiumicino, da settembre all\’inizio di questa settimana, quando su un aereo ne sono stati scoperti 16 con certificati sanitari non in regola. \”Quando si tratta di cuccioli – dice Gianluca Felicetti della Lav di Roma – c\’è quasi una gara per adottarli. E\’ più difficile trovare casa a beagle adulti, soprattutto quando sono già stati usati per la ricerca\”. \”In certi casi – spiega Massimo Tettamanti, 34 anni, chimico ambientale di Milano, consulente di associazioni animaliste – per il beagle \”usato\” la morte è l\’unica soluzione. Sono stati imbottiti di sostanze nuove che provocano malattie per le quali non si conosce terapia\”. Ha visto di tutto, il chimico, nei laboratori privati e universitari. \”Vivisezione è una parola che non si usa più.
Meglio dire: sperimentazione. Si inietta la tal sostanza nel cervello di un beagle per studiarne le conseguenze. Poi si taglia la calotta cranica, si solleva e si toglie il cervello. Fino al momento del distacco del cervello l\’animale è vivo. Solo così si può studiare l\’effetto della sostanza. Ho visto nei laboratori cani traballanti e moribondi, altri già morti. Ma la cosa che più mi ha colpito sono i conigli, fermati in quello che viene chiamato \”apparecchio di contenzione\”. E\’ una gabbia che li blocca completamente, lasciando fuori solo la testa. Vengono usati per i test dei cosmetici, spalmati sugli occhi. Questo animale viene scelto perché non ha le ghiandole lacrimali e con le zampe bloccate non può fregarsi gli occhi. Vedere le cornee che si distruggono è pesantissimo\”.
Stefano Cagno, 40 anni, medico psichiatra, fa parte del gruppo Equivita. Ha scritto un libro, \”Gli animali e la ricerca\”, per gli Editori Riuniti. \” I due grandi settori nei quali vengono usati gli animali sono la chimica farmaceutica per i test di tossicità, obbligatori per legge, e la ricerca di base, soprattutto all\’università. I beagle sono usati in particolare per la ricerca sui tumori, dopo l\’ingestione di sostanze o con l\’esposizione a radioattività o amianto. In chirurgia, sono cavie per le prove di trapianto, anche per quelli fra animali non della stessa specie: parte del fegato di un maiale, ad esempio, può essere collocato in un cane o in un primate non umano\”.
Un tempo erano le scimmie, gli animali più richiesti. \”Ma su dieci scimmie catturate in natura ad esempio alle Mauritius, solo una arrivava viva nel laboratorio italiano. Il beagle, purtroppo, ha la fortuna di essere robusto e per giunta socievole. L\’uso degli animali per sperimentazione non è in calo. Non credo che i dati della Gazzetta ufficiale – pubblicati in base al decreto 116 del 1992, che ha vietato da allora l\’uso di cani randagi o presi dai canili – siano veritieri. In Inghilterra si denuncia l\’uso di 2.642.993 animali nel 2000, e fra questi i cani sono 4.745. Da noi, sempre nel 2000, si denunciano solo 905.603 animali, e fra questi 776 cani. Ad esempio, si dice che i gatti utilizzati nella sperimentazione sono stati soltanto 25. Conosco un laboratorio di Pisa che da solo ne usa di più e le riviste specializzate sono piene di articoli che raccontano la sperimentazione su questi felini\”.
Dl 4, il beagle chiamato Dose Letale, non si nasconde più in una buca. \”Ma il mio giardino è sempre pronto – dice la signora Sara D\’Angelo – ad accogliere i pochi cani che, al termine del loro viaggio, hanno evitato l\’ultima iniezione. Sapeste la gioia quando, per la prima volta, li vedo scodinzolare\”.
Articolo di Jenner Meletti
Tratto da: www.repubblica.it
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