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L’attenzione dei media internazionali è tutta concentrata sui tentativi di mettere a punto la produzione di carne in vitro ma parallelamente c’è chi sta lavorando anche sulla possibilità di produrre artificialmente pesce. Le motivazioni? La possibilità di instaurare business milionari che possano rappresentare anche una soluzione all’inarrestabile impoverimento dei mari; fornire inoltre un prodotto più “salutare” data la concentrazione di mercurio e di altri inquinanti nei pesci come il tonno e il pesce spada; trovare una soluzione alle problematiche ambientali causate dalll’acquacultura. Secondo la FAO, entro il 2050 si arriverà alla cifra di 10 miliardi di individui che traggono da pesci e molluschi il loro sostentamento.
L’azienda che sta facendo i maggiori progressi nel campo è la Finless Foods, start up fondata a San Francisco da Brian Wyrwass e Mike Selden, due giovani biologi che stanno velocemente portando avanti gli esperimenti con le staminali di specie come branzino, carpa, tilapia, sardina e stanno programmando la prova sul tonno rosso.
In una nota all’interno del sito web dell’azienda si legge: “Il nostro metodo è semplice. Invece di pescare pesce e frutti di mare viventi, produciamo le stesse proteine del pesce fresco coltivando cellule animali marine di alta qualità. Non è un sostituto vegetariano. È vero pesce fresco”.
Il procedimento è identico a quello della carne coltivata anche se più economico perchè le cellule di pesce possono essere coltivate a temperatura ambiente anzichè a quella corporea non andando ad impattare su eventuali costi in termini di elettricità. Si parte da un campione di cellule prelevato dal pesce; le cellule vengono cresciute e moltiplicate in strutture di laboratorio e poi vengono strutturate per comporre filetti, bistecche di pesce ecc.
La start up New Wave Food invece, sta lavorando su gamberetti in provetta costruendo il suo business su un presupposto: la domanda mondiale di questo prodotto è molto inferiore all’offerta; non ce n’è abbastanza nell’oceano, mentre gli allevamenti prevedono la distruzione delle paludi di mangrovie, habitat per i pesci tropicali e cuscinetti per uragani e inondazioni.
In una intervista dell’Ansa, la ricercatrice del Crea Alimenti e Nutrizione, Stefania Ruggeri dichiara: “Il pesce in laboratorio potrà aprire nuovi scenari nell’industria alimentare e ridurre l’impatto ambientale; certo sapore e qualità nutrizionale di questi alimenti sintetici sembrano essere molto simili a quelli veri, ma credo che il cibo non sia per il consumatore solo sapori e nutrienti, ma anche il racconto del prodotto, della storia della sua origine. Forse dovremo tentare anche altre strade per assicurare a tutti cibo buono e salutare e rispettare il nostro Pianeta».
Quale futuro?
Sul quotidiano britannico The Independent si annuncia che le aziende sono pronte ad entrare sul mercato con prodotti a base di carne coltivata entro brevissimo proponendo già, nei menù dei ristoranti, le prime opportunità di assaggio.
Le alternative ai problemi ambientali ed etici che affliggono il nostro pianeta ci sono già: si tratta delle alternative plant-based alle proteine di origine animale, un settore in continua crescita con enormi investimenti. La tecnologia alimentare assume un ruolo sempre più importante nella produzione di prodotti sostituti che, sempre più fedelmente, imitano le proteine animali senza l’impatto ambientale degli allevamenti intensivi.
I numeri del mercato dei prodotti plant-based (fonte Rapporto Osservatorio VEGANOK 2018):
- 7,4 miliardi di euro: mercato globale prodotti Plant based
- 11,90 miliardi di euro: stima mercato globale Plant based al 2022
- 5,2 miliardi di euro: stima mercato globale Plant based sostitutivi della carne al 2020
La soluzione ai problemi è già stata trovata sul fronte della produzione di prodotti a base vegetale e relativi sostituti: polpette, burger, affettati 100% vegetali ecc. Il mercato risponde bene e i prodotti offerti sono sempre più variegati e soddisfacenti. Carne e pesce made in lab potrebbero rappresentare una soluzione di transizione ma sicuramente non la soluzione definitiva. I cibi di origine vegetale sopperiscono perfettamente al fabbisogno proteico degli esseri umani, sono nutrizionalmente completi e sono l’unica soluzione etica alla questione della schiavitù animale.
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