Pro e contro di una fonte energetica rinnovabile meno conosciuta ma dalle grandi potenzialità
Secondo il World Energy Council (WEC) di Londra, utilizzando come fonte di energia alternativa il moto delle onde marine sarebbe possibile coprire il 15% del fabbisogno elettrico mondiale: una notizia su cui riflettere, considerato che l’impiego di energia nucleare, che ha un costo ben più alto in termini di infrastrutture e di sicurezza, ne produce solamente la metà. Quali sono gli effettivi vantaggi e le reali possibilità di questa fonte energetica meno “famosa” dell’eolico e del solare? Vediamo alcuni esempi.
La società Voith Hydro Wavegen gestisce, sull’isola scozzese di Islay, il più longevo impianto di sfruttamento dell’energia del moto ondoso, che ha festeggiato i dieci anni di attività nel novembre 2010. Il sistema porta il curioso nome di Limpet, ovvero “patella”, in realtà un acronimo di Land-Installed Marine-Powered Energy Transformer: non è installato in mare aperto ma sulla costa, e consiste in un tubo parzialmente vuoto in cui il moto delle onde comprime l’aria che, a sua volta, aziona una turbina. Un meccanismo solido e di facile manutenzione, con in più l’indubbio vantaggio di funzionare praticamente sempre, in quanto le onde non si fermano mai, mentre i collegamenti con il generatore nucleare posto sulla terraferma saltano spesso col cattivo tempo. Rispetto alle altre soluzioni, l’energia dalle onde sembra vantaggiosa proprio per la sua costanza, mentre il vento può calare e l’irraggiamento solare dipende da latitudine, tempo atmosferico e periodo dell’anno in cui ci si trova. Lo svantaggio, in questo caso, può essere rappresentato dalla dimensione ridotta dell’impianto, di soli 250 kW, e dal fatto che i costi di produzione, almeno per quanto riguarda la prima generazione di queste turbine, sono considerevoli.
Un altro progetto per trarre energia rinnovabile è il Pelamis (questa volta il nome utilizzato è quello del serpente marino dal ventre giallo, Pelamis Platurus) anch’esso sviluppato da una società scozzese, la Pelamis Wawe Power. In questo caso viene sfruttata l’energia cinetica prodotta dalle onde superficiali dell’oceano. La struttura è infatti una specie di lungo serpentone semisommerso che, mosso dalle onde, aziona dei pistoni idraulici collegati a loro volta a generatori di potenza. Il prototipo del Pelamis fu installato nel 2007 al largo delle isole Orcadi, mentre la prima installazione per la commercializzazione dell’energia si è avuta in Portogallo, a Pòvoa de Varzim, nel luglio 2008. Purtroppo, a causa di un guasto tecnico e della mancanza di fondi dovuta alla crisi economica, la centrale portoghese è stata chiusa nel novembre dello stesso anno. Tuttavia, nuovi progetti sono stati avviati in vari siti di tutto il mondo per migliorare funzionalità e produttività del macchinario.
Una terza opzione è quella sviluppata dalla società danese Wave Star Energy, in cui una piattaforma galleggiante cattura la spinta dell’onda e la trasmette ad un sistema di leve collegate a dei cilindri oleodinamici. In questo modo l’olio contenuto nel cilindro è inviato ad altissima pressione ad un motore e genera energia. La differenza rispetto agli altri sistemi è che il meccanismo non si oppone al moto ondoso e permette così che la stessa onda generi energia lungo tutto l’impianto. Dopo alcuni anni di test e messa a punto, il Wave Star Energy sembra essere pronto per entrare in funzione.
Pur essendo ancora lontane dal raggiungiungimento di una perfetta efficienza, queste esperienze di ricerca pongono l’accento sull’ennesimo beneficio che l’uomo potrebbe trarre dal mare senza distruggerne gli organismi e senza inquinarlo.
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