In queste ore l’Europa è tornata a tutelare gli allevamenti intensivi con una mossa a dir poco anacronistica: nella giornata di ieri, infatti, gli europarlamentari sono stati chiamati a votare riguardo alla revisione della Direttiva sulle Emissioni Industriali (IED), dalla cui applicazione sono stati incredibilmente esclusi gli allevamenti industriali più grandi e inquinanti. Bocciando una proposta della Commissione UE, la Direttiva continuerà a riguardare soltanto gli allevamenti di suini e pollame con un certo numero di capi, escludendo però quelli bovini, il cui ruolo nella crisi climatica è ormai accertato e spaventoso.
Infatti va ricordato che, secondo i dati ufficiali, almeno il 14,5% di tutte le emissioni di origine antropica rilasciate ogni anno nell’atmosfera sono da collegare al bestiame, con stime ancora più recenti che alzano pericolosamente l’asticella, facendola oscillare tra un 16,5% e un 28%. Ma, entrando nello specifico, si stima che le emissioni legate alla digestione dei bovini rappresentino da sole il 32% di tutto il metano antropogenico, quasi alla pari con le emissioni di metano legate all’uso complessivo dei combustibili fossili.
Eppure, l’Europa ha scelto ancora di non agire contro i principali attori di questa catastrofe: mentre sono previste delle modifiche sul raggio d’azione della Direttiva che andranno a comprendere altri settori produttivi, quello zootecnico rimane incredibilmente agevolato. Il Parlamento europeo ha infatti bocciato l’approvazione di alcuni emendamenti che avrebbero permesso di includere nel raggio d’azione dello IED un maggior numero di allevamenti, compresi quelli di bovini.
Anzi: il voto va a indebolire quelli che sono stati i requisiti richiesti finora, tanto che non solo gli allevamenti “piccoli” (con meno di 2 mila suini e 750 scrofe, o 40 mila esemplari di pollame), continueranno a essere esenti dalla regolamentazione, ma i più grandi avranno a disposizione alcune importanti agevolazioni, con l’introduzione perfino di procedure di registrazione semplificate per l’avvio di nuove attività. Senza contare che le misure che non sono state approvate avrebbero riguardato circa il 2% degli allevamenti in Europa, con un “danno” per il settore davvero minimo.
Anche riguardo alla questione del benessere animale nessun passo avanti: l’approvazione di alcuni emendamenti avrebbe consentito di ridurre in alcuni casi l’affollamento nelle strutture e, di fatto, di migliorare le condizioni di vita degli animali rinchiusi, ma l’Europa ha deciso diversamente.
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