Europee 2019: il grande impatto della questione ambientale sul voto degli elettori

Il partito europeo dei verdi ha segnato il più importante risultato nelle elezioni europee, aumentando il numero dei deputati a 71 rispetto ai 52 dell'ultima elezione. Il risultato dà loro tutte le possibilità di diventare determinanti all'interno delle consultazioni nell'ambito del Parlamento Europeo.

 

Il partito dei verdi è il secondo partito più votato in  Germania, Irlanda e Finlandia e terzo in Francia: all’Europarlamento conquistano 15 seggi in più rispetto alla scorsa legislatura.

In Germania i giovani determinano il successo di questa “onda verde” riscuotendo grande successo nell’elettorato tra i 18 e i 24 anni. A Parigi invece sono terzi col 13,42% dietro al Ressemblement national di Marine Le Pen e En Marche del presidente Emmanuel Macron. Ottimo risultato anche in Finlandia, che col 16% (+7%) sono il secondo partito del Paese e grande successo anche in Irlanda, con il 14,8%.

SI tratta di un partito che si propone come transnazionale ma che in Italia non riesce neanche a superare la soglia di sbarramento del 4% rimandendo fermo al 2,29%.

Il Gruppo dei Greens/EFA in the European Parliament è ora diventato il quarto gruppo parlamentare, con deputati provenienti da tutta Europa.

German co-president of the Greens parliamentary group Ska Keller

Ska Keller, presidente del gruppo Verdi/ALE e co-candidata a presidente della Commissione Ue per l’European Green Party, ha commentato:

L’Onda verde ha investito l’Europa. Vogliamo ringraziare tutti coloro che hanno votato per il cambiamento e l’azione climatica. Paesi come la Germania, la Francia, l’Irlanda, la Danimarca, la Finlandia e l’Austria svolgeranno un ruolo sempre più importante nel plasmare il dibattito politico in tutta Europa nei prossimi anni: questa fiducia che ci viene data dagli elettori è sia un compito che una responsabilità per spingerci ad agire per politiche verdi.

Bas Eickhout, vicepresidente del gruppo Verdi/ALE e co-candidato per il Partito verde europeo, a presidente della Commissione Ue aggiunge:

L’Onda verde ci dà il mandato e il dovere di guidare il cambiamento in Europa: ogni nuova Commissione dovrebbe tenerne conto, poiché il nostro programma di protezione del clima, giustizia sociale e difesa dello stato di diritto e della democrazia ha dato ai Verdi questa importante vittoria. E’ tempo che l’Unione europea si impegni in un futuro sostenibile e inizi a prendersi cura dei suoi cittadini, questo deve essere al centro del programma del prossimo presidente della Commissione. Il gruppo Verdi/ALE è l’unica forza politica credibile in materia di azione climatica e porteremo la nostra voce al tavolo dei negoziati.

Il fenomeno Greta ThunBerg e il peso del sistema alimentare.

Da più parti si sostiene fermamente che Greta Thunberg, simbolo delle proteste “Friday for Future”, sia stata determinante per questa spinta verde: ha accresciuto la consapevolezza dell’elettorato.

Auspichiamo che si ponga sempre maggior attenzione al peso del sistema alimentare sulle questioni climatiche e ambientali che affliggono il nostro pianeta e che il Parlamento Europeo si faccia portavoce di queste istanze tenendo conto del clima di urgenza.

Le misure proposte dai governi sono troppo tiepide e non considerano mai il problema nella sua globalità. Numerosi sono gli studi che dimostrano quanto una svolta plant-based del sistema alimentare, risulti essere determinante per risolvere anche le problematiche legate al climate change.

“Passare a una dieta a base vegetale, dimezzare gli sprechi alimentari e migliorare le pratiche agricole esistenti può nutrire una popolazione mondiale stimata a 10 miliardi di persone entro il 2050”: è quanto afferma un recente studio pubblicato sulla rivista Nature. Lo studio, “Options for keeping the food system within environmental limits” condotto dai ricercatori dello Stockholm Resilience Center, è il primo nel suo genere a quantificare in che modo la produzione alimentare e le abitudini alimentari globali siano in grado di influenzare il sostanziale cambiamento in grado di permettere all’umanità di sostenersi.

Il principale autore dello studio, Marco Springmann dell’ Oxford Martin Programme on the Future of Food e del Nuffield Department of Population Health dell’università di Oxford dichiara:

“Senza un’azione coordinata, abbiamo scoperto che gli impatti ambientali del sistema alimentare potrebbero aumentare del 50-90% entro il 2050 a causa della crescita della popolazione e dell’aumento di diete ricche di grassi, zuccheri e carne. Se non si invertisse il trend tutti i vincoli relativi alla produzione di cibo sarebbero superati, alcuni di essi più che raddoppiati”.

Leggi l’approfondimento qui: Alimentazione: responsabilità tra produzione e consumo 

Un altro report  pubblicato dall’Università di Oxford dal titolo “Reducing food’s environmental impacts through producers and consumers” è stato reso noto nelle pagine del Journal of Science.

Joseph Poore ricercatore a capo dello studio aveva affermato:

“Una dieta vegana è probabilmente l’unico modo per ridurre l’impatto sul pianeta Terra, non solo al livello di emissioni di gas serra ma anche per ciò che concerne l’acidificazione globale, l’eutrofizzazione, l’uso del suolo e l’uso dell’acqua. È molto più efficace che ridurre il numero di volte in cui si vola o acquistare un’auto elettrica.”

Vogliamo che la politica agisca anche su questo fronte. L’ attivismo ambientale dovrà includere necessariamente un programma preciso sull’alimentazione. Le misure divulgate dai media, sono troppo tiepide e hanno una visione troppo frazionata e parcellizzata della realtà. Dalla plastica, allo spreco alimentare, alle abitudini di consumo, fino alla decarbonizzazione: nessuna misura proposta sarà mai sufficientemente incisiva senza una svolta plant-based del consumo alimentare.


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