Fare la fame in mezzo ai campi di soja

Promiseland -

Dal mais coltivato e poi bruciato perché il prezzo è troppo basso, alla foresta amazzonica abbattuta per far posto ai campi di soja. Gran finale: Peter Brabek, CEO di Nestlé, dice che l’acqua è un alimento come gli altri, e deve avere un prezzo. Non andate a vedere questo film a stomaco pieno: vi verrà […]

Dal mais coltivato e poi bruciato perché il prezzo è troppo basso, alla foresta amazzonica abbattuta per far posto ai campi di soja. Gran finale: Peter Brabek, CEO di Nestlé, dice che l’acqua è un alimento come gli altri, e deve avere un prezzo.

Non andate a vedere questo film a stomaco pieno: vi verrà la nausea. «We feed the World» (Diamo da mangiare al mondo), dà un’idea al consumatore di quanto sia impazzita la produzione globale di cibo.

Qualcuno dirà, ma perché sottoporci ad un’ora e mezza di senso di colpa? Tanto non possiamo farci nulla. Forse qualcosa si può ancora fare invece, ed ad ogni modo è giusto rendersi conto ad esempio che il prezzo della verdura sui nostri scaffali è in relazione anche con il numero di immigrati africani qui da noi.

Libero mercato e mancanza di libertà

A causa delle sovvenzioni all’agricoltura in Europa e negli Stati Uniti, nei mercati in Senegal – un paese che vive di agricoltura – si trova frutta e verdura europea ad un terzo del prezzo di quella coltivata dai contadini locali.

«Come volete che gli africani, strozzati dalle sovvenzioni, non cerchino di emigrare nelle nostre città?», si chiede Jean Ziegler, relatore speciale dell’ONU sul diritto all’alimentazione.

Lo scrittore e attivista svizzero, la cui lunga intervista fa da filo conduttore del film, punta il dito contro le multinazionali, come ha sempre fatto. Secondo lui il «mercato libero» non ha niente a che vedere con la libertà, perché è in mano a circa 500 potentissime aziende che pensano solo al profitto.

Lo spreco nostro, la fame degli altri

«We feed the World» fa rivoltare lo stomaco e risveglia la coscienza in varie maniere: per i polli sterminati industrialmente, per le tonnellate di pane buttato via, per le condizioni in cui vivono i raccoglitori di pomodori magrebini in Spagna, meno igieniche di quelle dei volatili da macello.

Nel Nord del Brasile le madri mettono a volte le pietre nella pentola e fanno finta di preparare la cena, sperando che i bambini affamati si addormentino e smettano di piangere. Il Brasile è il maggior produttore di soja transgenica al mondo. Dove va a finire? Negli allevamenti di polli! E la folle catena alimentare si chiude.

«La foresta amazzonica se la stanno mangiando gli animali d’allevamento» dice un ecologista brasiliano dall’alto di un piccolo aereo, mentre mostra buchi enormi al margine degli alberi: campi di soja.

L’incubo di Darwin

Già un altro documentario del genere, «Darwin’s Nightmare» (L’incubo di Darwin) ha suscitato un’ondata di indignazione e d’inquietudine in tutto il mondo, anche in Svizzera.

Il documentario parla della distruzione in Tanzania dell’ecosistema e dell’impoverimento della popolazione causato dall’allevamento di pesci destinati ai mercati europei. Incompatibili con la fauna ittica del lago Vittoria, quei pesci prima hanno mangiato tutte le altre specie e poi hanno cominciato a mangiarsi tra di loro.

Per rispondere al desiderio della popolazione di far qualcosa nel quotidiano per fermare questo tipo di orrore, le organizzazioni che sostengono lo sviluppo sostenibile, il commercio equo e un’agricoltura più vicina al consumatore, hanno organizzato in Svizzera un ciclo di conferenze, per spiegare che esistono soluzioni alternative ed ecologiche per uscire dall’incubo di Darwin (vedi link).

Per tornare a «We feed the World», nel finale il CEO di Nestlé, Peter Brabek, tenta di tirarci su di morale: dice che non dovremmo sempre lamentarci, perché l’uomo non mai avuto tanto cibo a disposizione e che nessuno è mai morto di OGM. E poi, aggiunge, non tutto quello che è naturale, biologico, è necessariamente buono: ma il suo debordante ottimismo non riesce a convincerci che ci sia un happy ending in vista.

Articolo di Raffaella Rossello

Tratto da: www.swissinfo.org

L’acqua malsana che questo padre brasiliano è costretto a dar da bere alle sue bambine (Frenetic Films)


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Inserito da: Daniele Lentini

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