Come ogni anno dal 2009, il 21 giugno riparte in Cina il Lychee and Dog Meat Festival, conosciuto a livello internazionale come Festival di Yulin. Una mattanza che coinvolge migliaia di cani e gatti che vengono catturati, uccisi e macellati, per poi finire nel piatto degli abitanti del luogo, ma anche e soprattutto dei turisti.
Quest’anno, in questa occasione, vogliamo lanciare un appello alla coerenza, rivolgendoci a tutti coloro che in questo periodo si scagliano contro il Festival e la sua brutalità: basta con l’ipocrisia, basta con la rabbia nei confronti di tradizioni distanti da noi, eppure identiche alle nostre nella loro essenza più profonda. Perché rinchiudere, uccidere e macellare un cane dovrebbe farci ribrezzo, ma l’idea di fare lo stesso con un vitello, un pollo o un maiale ci lascia del tutto indifferenti?
Quello che facciamo ogni anno a 80 miliardi di animali rinchiusi negli allevamenti intensivi – sfruttati barbaramente, privati della libertà e poi mandati al macello – non può più essere visto come qualcosa di assolutamente normale. Forse è arrivato il momento di smettere di schierarsi solo contro “i cinesi incivili”, sostenendo che l’Occidente non possa permettere che cani e gatti vengano torturati e uccisi per portare avanti tradizioni brutali, e iniziare a puntare il dito in primis contro le aberrazioni della propria cultura.
Naturalmente, come persone vegane e come Network, condividiamo l’idea che il Festival di Yulin sia una barbarie indicibile a cui mettere fine subito, ma non possiamo più giustificare le proteste di chi sta “da questa parte del mondo” se non fanno seguito a un’indignazione legata anche alle nostre tradizioni; è indubbio che anche noi, ogni anno, trattiamo miliardi di animali altri esattamente nello stesso modo.
Che ci piaccia o no, l’alimentazione è legata soprattutto a un fattore culturale, e non può prescindere da tradizioni, usanze e convinzioni locali: è solo un fattore culturale che fa sì che per noi un cane sia un animale “da compagnia” e un vitello no; è solo un fattore culturale che fa sì che in Italia l’uccisione di un cane sia un reato perseguibile per legge e quella di un maiale no e non c’è niente, assolutamente niente, che ci renda migliori sul piano morale.
Dobbiamo necessariamente cambiare prospettiva, smettere di puntare il dito contro ciò che ci disturba solo perché diverso, e di creare una società in cui lo sfruttamento di qualsiasi animale sia finalmente trattato come merita, come una totale aberrazione.
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