formaggi vegetali vietati

Formaggi vegani vietati: intervista a Barbara Ferrante, l’imprenditrice che sfida le regole

Quando le parole diventano una battaglia: la sfida del Caseificio Vegano tra regole obsolete e un messaggio etico che non si piega

Formaggi vegetali vietati? Una questione di comunicazione e etichette.

A novembre 2024, il “Caseificio Vegano di Barbara Ferrante & C.”, una piccola realtà artigianale emiliana impegnata nella produzione di formaggi vegani, ha ricevuto una diffida dal Ministero dell’Agricoltura per l’utilizzo della parola “formaggio” nei materiali promozionali dei prodotti e sui social media. Questo episodio, che ha attirato l’attenzione dei media e acceso un dibattito nazionale, è un simbolo delle difficoltà che le aziende del settore plant-based affrontano in un contesto normativo sempre più restrittivo.

La vicenda si inserisce nella controversia sul milk sounding, regolato dal Regolamento (UE) n. 1308/2013, che vieta l’uso di termini come “formaggio” o “latte” per descrivere alternative vegetali. Ma per Barbara Ferrante, questa non è solo una questione di regole: è una battaglia per la libertà di comunicazione e per un futuro etico.

In questa intervista, Barbara racconta il suo percorso, le difficoltà affrontate e il suo messaggio per le istituzioni.

formaggi vegani diffidati

L’intervista a Barbara Ferrante

VEGANOK: Dove era stata utilizzata la parola “formaggio” che vi è stata contestata?
Barbara Ferrante: Noi non abbiamo mai usato la parola ‘formaggio’ in modo diretto, ma sempre definizioni come ‘alternative vegetali al formaggio’ o, sui social, ‘formaggi vegani’. Sul sito specificavamo che i nostri prodotti ricordano il sapore dei formaggi tradizionali. Tuttavia, il Ministero ha contestato tutto: non posso neanche dire che hanno un sapore simile ai formaggi.

VEGANOK: Perché pensi che il tuo caseificio sia stato colpito, nonostante ci siano altre aziende più grandi che usano termini simili?
Barbara Ferrante: Me lo sono chiesta mille volte. Siamo una realtà piccolissima, artigianale, lontana dai supermercati. Forse è proprio la nostra comunicazione a fare paura: diciamo chiaramente che i nostri formaggi vegani sono senza violenza, mentre quelli tradizionali implicano agonia e morte. Credo che il problema non sia tanto cosa vendiamo, ma come lo comunichiamo.

VEGANOK: Come hai reagito alla diffida?
Barbara Ferrante: Ho dovuto cancellare tutto: quattro anni di lavoro sui social, video, post, messaggi antispecisti. Non c’era un post che non finisse con frasi come ‘senza sofferenza animale’ o hashtag che denunciavano la violenza sugli animali. È stato devastante, ma ho preferito adeguarmi per evitare ulteriori diffide. Ora i nostri canali sono vuoti, a parte un video e una pubblicità di un mercatino.

VEGANOK: Pensi che questa vicenda danneggerà la tua attività?
Barbara Ferrante: Paradossalmente, no. Il video che abbiamo pubblicato dopo la diffida sta avendo un impatto enorme, con 50.000 visualizzazioni. La maggior parte non sono follower. Il messaggio della sofferenza animale sta arrivando forte e chiaro. Quindi, anche se la mia attività ne risentirà, la causa animale ne trarrà beneficio. Questo è quello che conta per me.

VEGANOK: Che impatto ha questa normativa sul settore plant-based secondo te?
Barbara Ferrante: È un attacco al cambiamento. Non solo penalizza le piccole realtà come la mia, ma confonde i consumatori. I nostri prodotti sono chiaramente etichettati e chi cerca alternative vegetali non si aspetta certo latticini. Queste regole servono solo a proteggere un sistema insostenibile.

VEGANOK: Qual è il tuo messaggio alle istituzioni?
Barbara Ferrante: Come persona, chiedo solo una cosa: lasciate stare gli animali. Devono essere liberi. Come imprenditrice, vorrei che le istituzioni smettessero di ostacolare chi sta cercando di portare un cambiamento positivo.

Il contesto normativo e il lavoro di advocacy

Il caso del “Caseificio Vegano” evidenzia le contraddizioni del Regolamento (UE) n. 1308/2013, che limita l’uso di termini descrittivi come “formaggi vegani” per tutelare i prodotti lattiero-caseari. Queste restrizioni rappresentano un ostacolo per il settore plant-based, un mercato in forte crescita che contribuisce alla transizione ecologica promossa dal Green Deal europeo.

Per affrontare questa sfida, VEGANOK, in collaborazione con Safe Food Advocacy Europe (SAFE), ha istituito un tavolo di lavoro europeo per creare un Position Paper.

Questo documento mira a:

  • Sensibilizzare le istituzioni sulle problematiche delle normative attuali.
  • Sostenere le aziende vegan nella loro comunicazione.
  • Promuovere politiche che incentivino la sostenibilità e l’innovazione.

sauro martella

Dichiara Sauro Martella fondatore di VEGANOK e promotore del tavolo di lavoro sul milk sounding presso Safe:

La vicenda che ha colpito Barbara Ferrante, un’imprenditrice coraggiosa e una cara amica, rappresenta l’ennesima dimostrazione di quanto le normative attuali siano obsolete e punitive verso chi opera con etica e trasparenza. Chiamare i suoi prodotti ‘formaggi vegani’ non inganna nessuno: chi cerca alternative vegetali sa benissimo cosa sta acquistando. Questa normativa non protegge i consumatori, ma tutela un sistema incapace di accettare il cambiamento. Non lasceremo che chi lavora per un futuro sostenibile venga messo a tacere da regole ingiuste e penalizzanti. Barbara non è sola in questa battaglia, e il nostro tavolo di lavoro presso SAFE esiste proprio per contrastare queste storture legislative e costruire un mercato più equo.

Un messaggio di supporto dall’Associazione Vegani Italiani Onlus

Barbara Ferrante ha trasformato la vicenda che ha colpito il suo caseificio in una battaglia etica, intrecciando la sua esperienza imprenditoriale con una profonda denuncia antispecista. Questo approccio ha suscitato un forte supporto da parte della comunità vegan, che vede in lei non solo un’imprenditrice coraggiosa, ma anche una portavoce del cambiamento.

renata balducci

Renata Balducci, presidente dell’Associazione Vegani Italiani Onlus, ha voluto esprimere la sua vicinanza e il suo sostegno, sottolineando l’importanza di tutelare chi, come Barbara, si batte per un futuro etico e sostenibile.

Il caso di Barbara Ferrante non è solo un attacco a un’azienda, ma un tentativo di soffocare un messaggio rivoluzionario che spaventa chi vuole mantenere lo status quo. Barbara non sta solo producendo formaggi vegani: sta mostrando al mondo che un’alternativa rispettosa e sostenibile è possibile. Il suo lavoro e la sua determinazione sono una luce per chi crede in un futuro in cui gli animali non siano più considerati risorse da sfruttare. Come Associazione Vegani Italiani Onlus, siamo al suo fianco in questa battaglia: la sua voce è anche la nostra.

La storia di Barbara Ferrante non è solo un esempio delle difficoltà che affrontano le aziende plant-based, ma anche un simbolo di resistenza e determinazione. In un contesto normativo che fatica a tenere il passo con i cambiamenti culturali e di consumo, è fondamentale sostenere realtà come il “Caseificio Vegano” e lavorare per un futuro più giusto, etico e sostenibile.


Scegli i prodotti certificati VEGANOK e sostieni così la libera informazione!


SCOPRI
VEGANOK CHANGE

Leggi altri articoli