Addio alle bocce di vetro per i pesci rossi, perché ne accorciano la vita: in Francia AgroBiothers Laboratoire, importante azienda del settore, smetterà di produrre questo particolare tipo di acquari, il cui utilizzo è da sempre controverso. L’azienda si schiera contro la vendita delle classiche vasche rotonde con capacità inferiore a 15 litri: un ambiente inadatto per la vita di questi animali, che soffrono per la mancanza di spazio e la cattiva ossigenazione dell’acqua, spesso morendo prematuramente.
“Le persone comprano un pesce rosso d’impulso – ha dichiarato il CEO dell’azienda, Matthieu Lambeau – ma se sapessero a quale tortura lo condanna, non lo farebbe. Girare in una minuscola boccia fa impazzire l’animale e lo porta rapidamente alla morte”. Sì, perché in natura i pesci rossi (Carassius auratus) sono animali molto longevi, che possono vivere fino a 30 anni, e che possono raggiungere dimensioni molto superiori a quelle a cui siamo abituati, se lasciali liberi di nuotare in spazi adeguati.
La scelta dell’azienda, che da sola ricopre quasi il 30% della quota di mercato francese del settore, avrà certamente ripercussioni sugli acquisti dei consumatori. “Non possiamo educare tutti i nostri clienti, spiegando che tenere il pesce in una boccia di vetro è crudele. Riteniamo che sia nostro dovere non dare più ai consumatori questa opportunità“, ha affermato Lambeau.
E se non fosse questo il punto della questione?
Mentre la notizia sta facendo il giro sul web, crediamo che sia utile fare una riflessione un po’ più profonda. Anche se l’azienda in questione ha lanciato un messaggio importante, che speriamo possa aiutare a migliorare le condizioni di vita di questi animali, il punto della questione è forse un altro: lo specismo che permea il nostro sentire, dà per scontato che sia giusto privare della libertà un altro essere vivente.
Da sempre l’uomo priva gli animali della propria individualità e della propria libertà, considerandoli beni di consumo il cui unico scopo nella vita è soddisfare necessità e bisogni umani. Andare incontro agli animali e al loro “benessere” significa per molti alleviarne le sofferenze, ma senza di fatto cambiare le carte in tavola. Lo status quo non viene mai messo in discussione.
Parlare di diritti animali significa aprire un enorme vaso di Pandora per iniziare a occuparsi di un argomento trascurato per troppo tempo. Gli animali non umani hanno il diritto di non essere considerati una proprietà, indipendentemente da quanto siano amorevoli e preziose le cure che gli vengono riservate. L’attivista e filosofo vegano Gary Francione, per esempio, sostiene che non basti una buona condizione di vita per gli animali (anche domestici) per essere sicuri di aver garantito loro dei diritti. Gli animali “domestici” sono completamente dipendenti dagli esseri umani, conformi al loro volere, servili e addomesticati, indipendentemente da ciò che sia meglio per gli animali stessi. Questo, per Francione, risulta immorale al pari di qualsiasi sfruttamento.
Gli animali non umani hanno il diritto fondamentale di non essere privati della libertà, a una vita che non può e non deve essere condizionata dai capricci e dai piaceri dell’uomo. Una gabbia, anche se dorata, resta comunque una gabbia.

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