Francia meat sounding

La Francia si schiera (ancora) contro i nomi dei prodotti vegetali

Con quello che sembra puro accanimento, in Francia si torna a parlare per l'ennesima di meat sounding e del divieto di usare termini legati ai prodotti di origine animale sulle etichette dei prodotti vegetali.

Si torna a parlare di meat sounding in Francia, dove la battaglia contro i prodotti vegetali che impiegano in etichetta nomi che fanno riferimento alla carne e ai suoi derivati non sembra avere fine: è di queste ore la proposta del Ministero dell’Agricoltura francese che chiede di vietare termini (in tutto 21) come “bistecca”, “manzo”, “prosciutto” e “grigliata” per i cibi plant-based prodotti e distribuiti sul suolo francese.

In più, il Governo ha stilato anche un elenco di oltre 100 nomi – come “salsiccia” o “pancetta” – che si possono applicare ai prodotti se e solo se questi ultimi contengono una percentuale massima di proteine ​​vegetali compresa tra lo 0,5% e il 6%, in una chiara mossa volta a ostacolare la diffusione delle alternative plant-based – che, inutile dirlo, contengono il 100% di proteine vegetali.

Non è la prima volta che la questione viene portata alla ribalta nel Paese d’oltralpe e già nel 2020 era stato emanato un disegno di legge a tutela dei prodotti di origine animale, sempre in nome di una presunta tutela degli interessi dei consumatori: un po’ come accade nel resto d’Europa – Italia compresa – l’intenzione dichiarata è di vietare “pratiche commerciali ingannevoli” che associano termini ingannevoli (o presunti tali) a prodotti di origine vegetale. Il presupposto, chiaramente, è che i consumatori non solo si lascino facilmente fuorviare da diciture come “cotoletta di tofu” o “bistecche di soia”, ma che siano anche in difficoltà nella lettura degli ingredienti di un determinato prodotto evidentemente di origine vegetale.

Meat sounding: la tutela insensata dell’industria zootecnica

Attualmente, la proposta del Ministero dell’Agricoltura francese è in fase di approvazione da parte della Commissione Europea, ma i produttori di alimenti di origine vegetale hanno già fatto fronte comune per opporsi a un cambiamento considerato assolutamente inutile (oltre che dannoso) per il settore, tenendo anche conto che molti dei termini sotto accusa, sono in uso da decenni senza aver mai arrecato problemi ai consumatori.

Se il decreto dovesse essere approvato, entrerebbe in vigore entro tre mesi, dando poco margine di manovra alle aziende del settore plant-based per aggiornare la propria etichettatura.

Ancora una volta, ci troviamo di fronte a una tutela insensata e anacronistica al settore zootecnico, che non solo risulta ampiamente tutelato dalla normativa europea, ma che ha un impatto etico e ambientale enorme: un mero accanimento contro i prodotti vegetali che è la misura della poca importanza che si continua a dare alla transizione vegetale, in un periodo storico in cui sarebbe l’unica strada da percorrere.

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