“Peter Meyer, direttore del Trapholt Art Museum di Kolding (Danimarca) posa davanti ai frullatori con pesciolini rossi che facevano parte di una mostra allestita nello scorso mese di febbraio. L’installazione, creata dall’artista danese di origine cilena Marco Evaristi, veniva azionata dai visitatori, spingendo il bottone che metteva in moto l’elettrodomestico. Ciò è valso a Meyer una denuncia per crudeltà nei confronti degli animali. Ieri il tribunale lo ha assolto perché i pesci morivano all’istante e in modo umano”.
Il mio lavavetri di fiducia, da qualche mese anche distributore, non so quanto autorizzato, di uno dei tanti quotidiani gratuiti che circolano a Milano, mi passa la copia di City Milano di mia spettanza. Al successivo semaforo rosso guardo la prima pagina: foto di frullatori anni ’50, pieni d’acqua e contenenti ognuno un pesce rosso, con la didascalia riportata più sopra.
Il primo pensiero, è “ok, viene buono per il prossimo “cuore di benzina”. Ma qui non si tratta di mettere in “braccia rubate all’agricoltura” o altra categoria l’artista (?) che ha avuto l’idea, il direttore del museo che ha esposto, il giudice che ha assolto, i visitatori che hanno azionato il frullatore.
La faccia del signor Meyer, il pesciolino nel suo frullatore, l’artista, i visitatori, …. Cuore di Benzina è troppo stretto, anche se la notizia è piccola al cospetto di quanto accade nel mondo.
Un artista, per me, è qualcuno che con le proprie mani tira fuori da un pezzo di marmo la Pietà o le facce di Modigliani (d’accordo, con l’aiuto di un black&decker, alle volte), e lascia qualcosa di fruibile per gli anni a venire. Gli eventi, le provocazioni, l’effimero non riesco a considerarli arte. Per fare parlare di sé in un evento bisogna stupire, e per stupire ai giorni nostri è necessario colpire basso; anche se ricordo, in giorni molto lontani, un idiota che alla Biennale di Venezia espose come opera d’arte un ragazzo down, seduto su una sedia. Il nome dell’idiota è fortunatamente assente dalla storia dell’arte.
Il direttore dice che non era sua intenzione spingere i visitatori a frullare un pesce, ma porre delle domande etiche sulla società “abbiamo l’aborto e abbiamo la possibilità di staccare la spina ai respiratori artificiali, ci poniamo in modo nuovo di fronte alla vita e alla morte”.
Peccato che almeno sette visitatori alla domanda etica abbiano dato una non molto etica antica risposta alla scelta fra la vita e la morte, forse impressionati da un’altra opera dell’Evaristi, consistente in un bazooka circondato da bastoncini di rossetto.
Molti, da bambini, per ignoranza e per curiosità sono crudeli con gli animali. Crescendo, la maggior parte impara ad amarli o almeno a rispettarli. Rimangono quelli che da grandi si divertono alle corride, alle lotte fra cani, a frullare i pesci, e se ne infischiano delle domande etiche del signor direttore.
Di conseguenza spero che i signori di cui sopra, più il giudice che ha ritenuto di dover assolvere il direttore vengano messi in un grande frullatore, collegato alla corrente. Prima o poi un altro visitatore azionerà l’interruttore senza sentirsi in colpa: in fondo è una morte rapida ed umana.
Tratto da: www.wema.com
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