Fucilati anche a caccia chiusa

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Fucilati anche a caccia chiusa: dagli “abbattimenti straordinari” Non solo durante i mesi della stagione venatoria la fauna selvatica vive sotto lo scacco dei fucili dei cacciatori. Tra piani di abbattimento straordinari, programmi di eradicazione e di contenimento di varie specie, in tante regioni l’occasione è sempre buona per puntare le armi contro gli animali. […]

Fucilati anche a caccia chiusa: dagli “abbattimenti straordinari”

Non solo durante i mesi della stagione venatoria la fauna selvatica vive sotto lo scacco dei fucili dei cacciatori. Tra piani di abbattimento straordinari, programmi di eradicazione e di contenimento di varie specie, in tante regioni l’occasione è sempre buona per puntare le armi contro gli animali.

E’ il caso, per i cinghiali, della Regione Umbria, che ha appena fatto scattare un piano che autorizza le province a dare il via a squadre venatorie e proprietari di terreni (se in possesso di licenza) che potranno sparare anche nelle aree protette. Sono già 14 i cinghiali abbattuti e c’è tempo fino al 15 luglio per farne fuori il più possibile: fino a oltre 3mila negli auspici dell’amministrazione locale. Stessa sorte che potrebbe capitare presto ai cinghiali in Toscana, dove è stata approvata una delibera per l’attuazione dei piani straordinari decisi dalle province, e in Friuli, dove le associazioni degli agricoltori chiedono a gran voce interventi dello stesso tipo. Ma nel mirino delle Regioni ci sono anche nutrie, corvidi e cormorani, caprioli e cervi.

Gli ungulati sono stati introdotti nella Valle Maira, nel comasco, nel 2002, e si sono moltiplicati fino a costituire un gruppo di 200 individui. Li accusano ora di far danno al patrimonio forestale e agricolo, oltre che di rappresentare una possibile minaccia per l’incolumità pubblica perché causa di incidenti stradali.
«Il problema principale sta nella politica dissennata degli inserimenti che preludono a successivi piani di abbattimento – secondo Guido De Filippo, segretario nazionale della Lega per l’abolizione della caccia – non appena gli animali si moltiplicano e cominciano a creare problemi all’agricoltura e alle altre specie, i cacciatori vengono autorizzati a sparare e a spargere esche al di fuori della stagione consentita».

E le soluzioni cruente finora si sono rivelate anche inutili.

E’ il caso emblematico dello scoiattolo grigio, importato dagli Stati Uniti nel secondo dopoguerra e diffuso finora in Piemonte, che è scampato a innumerevoli programmi di eradicazione. Poiché è più grande del "cugino" europeo, dal manto rosso, ricorrono infatti le pressioni sull’Italia da parte dell’Unione europea per farlo sparire, ed evitare che continui a competere con la specie autoctona e si diffonda nel continente. Eppure i metodi non selettivi come trappole e veleno sono stati in grado solo di contaminare il territorio e mettere in pericolo altri animali delle stesse dimensioni, magari protetti, ma non hanno prodotto alcun effetto duraturo sul numero degli scoiattoli.

«Il fatto stesso che piani straordinari per abbattere animali "nocivi" si ripetano ogni anno – continua De Filippo – è la dimostrazione che non servono a niente: non sarà mai possibile ucciderli tutti e i superstiti continueranno a riprodursi». Ben vengano invece i sistemi ecologici, che ci sono e funzionano. «Si tratta semplicemente di agire con la consapevolezza che gli animali selvatici si moltiplicano se aumenta il cibo a loro disposizione. Gabbiani, cornacchie e roditori, ad esempio, spopolano perché mangiano nelle discariche. Non sarebbe più efficace rendere questi luoghi per loro inaccessibili, piuttosto che sparare? E lo stesso vale per i cormorani, che si cibano dei pesci degli allevamenti scoperti o dei tanto odiati piccioni, a cui si continua a dar da mangiare nelle città, salvo poi lamentarsi del loro numero».

A prescrivere il ricorso a soluzioni ecologiche per il contenimento dei cosidetti nocivi, comunque, è la stessa legge, la 157/1992, che riguarda il patrimonio della fauna selvatica.
Proprio in riferimento ad essa per la prima volta quest’anno, nel mese di maggio, una delibera del Tar del Piemonte ha accolto il ricorso di associazioni animaliste e ha sospeso con effetto immediato tutti i piani di abbattimento straordinario che erano stati varati ai danni di cinghiali, volpi e nutrie nella provincia di Vercelli. Nelle motivazioni il mancato ricorso a metodi non cruenti di contenimento e la non sufficiente motivazione degli obiettivi dei provvedimenti. Caratteristica questa comune di piani di abbattimento straordinari che continuamente vengono approvati alla leggera dagli enti locali da nord a sud.

Ma se altre associazioni prenderanno esempio, forse, dal precedente potrà scatenarsi una pioggia di ricorsi, ad annacquare le pallottole già pronte, indebitamente, ad esplodere.

Leonora Pigliucci – 11/06/2009

Fonte: Liberazione Animale

www.liberazione.it

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News Inserita da Daria Mazzali Promiseland.it Redazione Italia 

 
 
 
 

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