L’industria della moda continua ad affrontare un’enorme sfida nel ridurre la sua impronta ambientale e sociale e ha la responsabilità di continuare a migliorare le proprie prestazioni. Essendo uno dei settori più creativi e innovativi, ha un interesse vitale nel gettare le basi per un futuro prospero all’altezza delle sfide moderne.
Ecco quali sono le fibre e i materiali più largamente utilizzati e i loro problemi principali, secondo il rapporto Pulse of the fashion industry 2018:
- Le fibre animali, come la pelle, la lana o la seta, sono considerate durevoli ma comportano problemi sia etici che relativi all’impatto ambientale. Si tratta di un settore ad altissimo potenziale inquinante: la produzione implica alto rilascio di metano, grandi emissioni di Co2. I processi di produzione inoltre includono lo sfruttamento di animali in maniera intensiva e molti marchi si stanno confrontando con un numero crescente di clienti che richiedono un cambiamento verso materie prime sostenibili, animal free.
- Le fibre a base di cellulosa o vegetali, come cotone, viscosa e lyocell, rappresentano un terzo di tutte le fibre tessili. Il cotone da solo rappresenta il 90% in termini di uso. Queste fibre hanno diversi vantaggi: sono rinnovabili, biodegradabili, leggere, resistenti e riciclabili. D’altra parte però, soprattutto in ambito di coltivazione e lavorazione del cotone tradizionale, vengono impiegate grandi quantità di acqua e prodotti chimici.
- Le fibre sintetiche, come il poliestere (che rappresenta oltre la metà della produzione della fibra tessile totale), nylon e acrilico, richiedono meno acqua rispetto alle fibre di cellulosa. Sono più durevoli e richiedono meno terreni agricoli, ma la loro produzione dipende dalla materia prima petrolifera ed è ad alta intensità energetica. Inoltre non sono biodegradabili e disperdono microfibre palstiche durante l’uso con il relativo problema dell’inquinamento da microplastiche ormai noto.
Ogni fibra quindi porta vantaggi e svantaggi. Quando si seleziona un mix di materiali, marchi e rivenditori devono stabilire le proprie priorità e fare una scelta dove focalizzare la loro attenzione prima. La trasparenza sull’impronta delle materie prime è un imperativo categorico per comprendere dove orientare le proprie scelte.
Ci sono aziende, che hanno deciso di lavorare per soddisfare tutti i requisiti di sostenibilità e hanno investito in ricerca e sviluppo per produrre materiali rinnovabili, etici e cruelty free. Un crescente riconoscimento dell’impatto ambientale negativo causato dalla produzione di cuoio e dalla domanda dei consumatori ha portato persino le aziende che hanno storicamente utilizzato prodotti animali per ricorrere a alternative sostenibili basate sulle piante. A maggio, Hugo Boss ha lanciato una collezione di scarpe da uomo in pelle d’ananas. E il gigante della scarpa italiana, Salvatore Ferragamo, ha recentemente annunciato l’intenzione di utilizzare tessuti derivati da sottoprodotti dell’industria agrumicola.
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Altre interessanti novità? Ecco che compaiono sul mercato, una seta a base di lievito, lana e pelle a base di funghi.
Seta plant-based
La seta è un tessuto di origine animale i cui meccanismi di produzione, non sono sempre noti. Per produrre un kg di seta vengono impiegati 6,6 migliaia di bachi. I bachi da seta sono bolliti vivi nei loro bozzoli per una maggiore resa. Non è un materiale ecologico: il rapporto Pulse of Fashion Industry ha rilevato che la seta è il secondo materiale più inquinante (dopo la pelle di mucca) nell’analisi dell’impatto in tutta la catena produttiva.
L’azienda Bolt Threads, con sede in California produce MicroSilk® che riproduce la seta di ragno utilizzando una miscela di lievito, acqua e zucchero. David Breslauer, direttore scientifico e co-fondatore racconta: ”
“Abbiamo isolato le proteine della seta esistenti in natura per studiarne le proprietà. In seguito abbiamo sviluppato delle proteine ispirate a quelle naturali introducendo dei geni nel lievito. Attraverso la nostra tecnologia e il processo di fermentazione le proteine si trasformano in fibre attraverso un processo di filatura a umido. A questo punto la fibra si è trasformata in fili di seta che possono essere filati. Siamo semplicemente partiti dallo studio della relazione tra il DNA dei ragni e le caratteristiche delle fibre prodotte, ma oggi non ci sono ragni coinvolti nel processo”.
La società ha rilasciato per la prima volta il suo Microsilk® al pubblico con un’edizione limitata di cravatte a maglia e il prossimo anno, sarà disponibile una intera linea che verrà distribuita su larga scala.
La stessa azienda ha prodotto anche Mylo, la pelle vegetale a base di funghi.
Il prodotto è incredibilmente simile alla pelle animale per texture e sensazione tattile. I ricercatori si sono concentrati sullo studio del micelio, il corpo vegetativo alla base della formazione dei funghi. Dan Widmaier, presidente di Bolt Threads dichiara:
“Alla vista e al tatto, Mylo sembra pelle lavorata a mano. Controlliamo l’ambiente e il processo in cui Mylo cresce, e possiamo quindi determinare le caratteristiche ad hoc: durabilità, resistenza e flessibilità. Si tratta di una combinazione di cellule di micelio con un substrato di gambi di mais e altri principi nutritivi in un contenitore aperto. Siamo in grado di creare le condizioni ambientali ottimali che incoraggiano il micelio a moltiplicarsi e a crescere, assemblandosi in una matrice 3D di cellule perfettamente organizzate. Queste cellule formano così una massa interconnessa. Dopodiché, usiamo un processo di concia naturale e comprimiamo la massa per ottenere un materiale finale più o meno sottile”.
I prodotti a base di Mylo saranno in vendita su larga scala dal 2019.
Lana vegetale
Un team di studenti colombiani ha vinto il primo premio della Biodesign Challange 2018 creando un materiale 100% vegetale molto simile alla lana da fibre di cocco, canapa ed enzimi di funghi Pleurotus. È molto versatile e adatta per essere tessuta e tinta in modo simile alla lana vera e il suo nome è Woocoa. Ne abbiamo parlato diffusamente in un precedente articolo:
Quali opportunità per chi lavora in questo settore?
Innovare significa condurre il mercato. Investire in ricerca e sviluppo per studiare metodi di lavorazione efficaci e sostenibili, fornisce senz’altro un’opportunità di successo garantita. Le aziende devono trovare un anello di connessione tra la loro strategia aziendale globale e la necessità di inserire scelte di sostenibilità nel loro core business. Una strategia di sostenibilità completa include sia la sfera sociale che quella ambientale: l’efficienza delle risorse, la trasparenza nella catena di approvvigionamento delle matere prime, le condizioni di lavoro di chi opera nelle realtà produttive e delle materie prime, devono entrare a far parte del value proposition dell’azienda. Investire in questi ambiti e comunicarli secondo piani di marketing adeguati, sono gli elementi base per gettare le basi di un successo duraturo.
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