G20: industria e climate change. Trump respinge ancora la necessità di azioni concrete

Si è concluso il G20 che si è tenuto in Giappone ad Osaka. Gli Stati Uniti agiscono ancora da outsider sulla questione climatica e non si dicono favorevoli ad onorare l'impegno sancito dall'accordo di Parigi nel 2015.

OSAKA, JAPAN. President Donald Trump at the G20

In un comunicato al termine del summit nella città di Osaka in Giappone, il gruppo dei politici ha affermato che “i firmatari dell’Accordo di Parigi” hanno riaffermato il loro impegno per la piena attuazione nella lotta ai cambiamenti climatici: tutti tranne gli Stati Uniti.

Donald Trump ha nuovamente respinto la necessità di affrontare il cambiamento climatico dicendo che gli Stati Uniti hanno aria e acqua più pulite “mai”. Il presidente, parlando al vertice del G20 in Giappone, ha anche affermato che l’energia pulita, come quella eolica “non funziona” perché deve essere fortemente sovvenzionata.

“Abbiamo l’acqua più pulita che abbiamo mai avuto, abbiamo l’aria più pulita che abbiamo mai avuto, ma non sono disposto a sacrificare l’enorme potenza di ciò che abbiamo creato nel tempo e ciò che io ho potenziato” ha detto. E ha continuato:

“Non sono sicuro di essere d’accordo con alcuni paesi con quello che stanno facendo, stanno perdendo molto potere.”

Difendendo la sua decisione di ritirare gli Stati Uniti dall’Accordo sul clima di Parigi, Trump ha negato di “ignorare” il problema, ma ha affermato che il tentativo di intervenire sul riscaldamento globale influisce sull’economia americana e su questo, lui non è disposto a scendere a nessun compromesso.

“Abbiamo i migliori numeri che abbiamo mai avuto e non voglio rischiare di mettere le nostre aziende fuori dal mercato”, ha affermato.

Gli Stati Uniti ritardano gli sforzi per combattere il cambiamento climatico a favore del carbone. Il presidente ha precedentemente descritto il cambiamento climatico come una “bufala” e ha liquidato il problema etichettandolo sbrigativamente come un “cambiamento del tempo”. Nelle interviste precedenti e sui raduni elettorali ha affermato che gli Stati Uniti hanno “tra i climi più puliti”. Sfidato sulla verità di questa affermazione in una recente intervista, ha risposto: “Ah, ma stiamo facendo progressi nella riduzione delle emissioni di carbonio”.

In questo contesto, Theresa Mayha ha più volte voluto sottolineare come il Regno Unito sia diventato la prima grande economia a sottoscrivere un impegno, per ridurre a zero le sue emissioni di gas serra entro il 2050 e ha anche ribadito la volontà del suo Paese di puntare sulle “tecnologie verdi”.

La civiltà cosi come la conosciamo collasserà nel 2050?

Mentre Trump continua la sua politica negazionista a tratti irresponsabile sul climate change, un nuovo studio del National Center for Climate Restoration australiano delinea uno scenario in cui entro il 2050 il riscaldamento globale supererà i tre gradi centigradi, innescando alterazioni fatali dell’ecosistema globale e colossali migrazioni da almeno un miliardo di persone.

I cambiamenti climatici rappresentano una “minaccia esistenziale a medio-medio termine per la civiltà umana”, e c’è una buona probabilità che la società possa collassare nel 2050 se nel prossimo decennio non verranno intraprese serie azioni di mitigazione. L’ipotesi dello studio è che esistano rischi di riscaldamento globale non calcolati dall’Accordo di Parigi in grado di porre “rischi esistenziali” alla civiltà umana. Le ipotesi di climate change non tengono infatti conto del meccanismo di “long term carbon feedback” con cui il pianeta tende ad amplificare i mutamenti climatici in senso negativo, causando un incremento della temperatura superiore al previsto.

L’attuale crisi climatica, dicono, è più grande e più complessa di qualunque altra questione che l’uomo abbia mai affrontato prima. Modelli climatici generali – come quello che il panel sui cambiamenti climatici (IPCC) delle Nazioni Unite ha utilizzato nel 2018, prevedono un aumento della temperatura globale di 3,6 gradi Fahrenheit (2 gradi Celsius) che potrebbe mettere a rischio centinaia di milioni di persone. Questi modelli però rischiano di non riuscire a rappresentare la pura complessità dei molti processi geologici interconnessi all’interno del sistema Terra; pre questo motivo, non riescono a prevedere adeguatamente la portata delle potenziali conseguenze. La verità, hanno scritto gli autori, è probabilmente di gran lunga peggiore di quanto qualsiasi modello possa descrivere.


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