Dopo il messaggio forte e chiaro lanciato di recente sulla questione ambientale, con il suo “Se non cambiamo, siamo fo**uti“, Greta Thunberg torna sotto i riflettori, questa volta per la sua stoccata nei confronti dei leader del G7. Il vertice, che riunisce periodicamente i governanti dei Paesi più industrializzati del mondo (tra cui anche l’Italia), si è tenuto tra l’11 e il 13 giugno in Cornovaglia, sotto la guida del primo ministro inglese, Boris Johnons. L’obiettivo, discutere di questioni di importanza globale, tra cui anche la crisi climatica che sta distruggendo il Pianeta.
L’incontro, ha portato la giovane attivista a scagliarsi contro quelle che lei stessa definisce “vecchie promesse non mantenute“, in riferimento alle tante azioni concrete e immediate per fermare i cambiamenti climatici di cui i leader mondiali parlano da tempo, ma che sono ancora solo parole. Le aspettative di tutti coloro che speravano in proposte concrete – dal punto di vista economico, sanitario e ambientale – per superare la crisi da Covid-19 sono state disattese, in un incontro che ha suscitato critiche anche per le modalità con cui si è svolto.
L’ipocrisia del G7 tra barbecue e jet privati
“I leader del G7 sembrano davvero divertirsi a presentare i loro vuoti impegni climatici e a ripetere vecchie promesse non mantenute – scrive Thunberg su Instagram – E naturalmente questo richiede una celebrazione a base di bistecche e aragoste sul barbecue, mentre jet aerei eseguono acrobazie nel cielo sopra il resort del G7“. Sì, perché la stoccata della giovane colpisce proprio quella che, a suo dire, è l’ipocrisia emersa dall’incontro: nessun accenno alla connessione tra alimenti di origine animale e climate change.
Anzi, come riporta la stampa internazionale, i politici hanno consumato molte portate a base di carne, pesce e derivati animali: rombo, carne di manzo e agnello, formaggi della Cornovaglia e aragoste sono solo alcune delle preparazioni che hanno accolto i partecipanti al G7. Il tutto, mentre l’incoerenza alimentare dei “big” politici si accompagnava a inquinanti spettacoli aerei nei cieli sopra il resort, e a spostamenti su jet privati invece che su mezzi più sostenibili.
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Cambiamenti climatici: la responsabilità non è solo individuale
In questi anni abbiamo visto come i cambiamenti climatici siano strettamente legati al nostro sistema alimentare. In maniera del tutto anacronistica, facciamo affidamento su alimenti di origine animale la cui produzione non rappresenta solo un potenziale pericolo per la salute pubblica, ma è anche uno dei maggiori attori nella crisi climatica. Non le automobili o i combustibili fossili: l’allevamento, da solo, comporta un quarto delle emissioni globali di gas inquinanti.
Di fronte a questi dati, che nel tempo sono stati confermati da numerosi studi scientifici autorevoli, è emerso chiaramentecome sia necessario dare una svolta concreta al nostro sistema alimentare in favore di alternative vegetali. Non a caso, il consumatore flexitarian – che pur non essendo né vegetariano né vegano, riduce il proprio consumo di prodotti di origine animale – viene considerato il vero game changer in questo settore, contribuendo in maniera decisiva alla diminuzione dell’impatto ambientale legato alla produzione alimentare.
Eppure, la responsabilità individuale non può e non deve essere l’unica leva su cui puntare per il cambiamento: le indicazioni – e le azioni concrete – dovrebbero arrivare “dall’alto”, perché solo con una presa di posizione da parte dei governi di tutto il mondo si potrebbe arrivare a una vera svolta. Se pensiamo, però, all’incoerenza dell’Europa – che spende fondi pubblici per promuovere il consumo di carne e latticini, elaborando intanto politiche di sviluppo sostenibile che prevedono una riduzione del loro consumo – capiamo bene come la questione sia davvero controversa e molto lontana dall’essere risolta.
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