Gatto fatto esplodere a Santo Stefano

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L’episodio del gatto riempito di petardi e fatto esplodere a Tortora, in provincia di Cosenza nel giorno di Santo Stefano, ha acceso nuovamente i riflettori sull’urgenza di una legislazione in grado di dissuadere altre persone dal commettere atti così atroci. “Il gatto – afferma l’Aidaa – è morto bruciato vivo dilaniato dai petardi, alcuni dei […]


L’episodio del gatto riempito di petardi e fatto esplodere a Tortora, in provincia di Cosenza nel giorno di Santo Stefano, ha acceso nuovamente i riflettori sull’urgenza di una legislazione in grado di dissuadere altre persone dal commettere atti così atroci.
“Il gatto – afferma l’Aidaa – è morto bruciato vivo dilaniato dai petardi, alcuni dei quali gli erano stati infilati in bocca probabilmente da qualcuno che lo conosceva e lo poteva avvicinare”
Questo è solo l’ultimo dei casi, o probabilmente l’ultimo dei quali abbiamo notizia.
La storia del povero Angelo, il cane ucciso a bastonate quest’estate a Sangineto, aveva mosso migliaia di persone a richiedere giustizia e pene esemplari al fine di evitare nuovi episodi come quello. I giovani autori di quell’orrore, pubblicando il video dell’episodio sui social, sono stati riconosciuti e hanno nome e cognome, cosa che non si può dire per gli artefici del gesto di Santo Stefano.
Di brutte notizie legate a botti, petardi e fuochi artificiali se ne sentono a migliaia ogni anno, ma sono ancora pochi  comuni che ne hanno vietato l’utilizzo. Incidenti tra le persone, smarrimento e stress per gli animali che si trovano a subire questi festeggiamenti sono solo alcune delle implicazioni dell’utilizzo di tali oggetti.

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