Oggi, nella Giornata Mondiale per i Diritti degli Animali, torniamo a parlare di libertà, dignità e vita come facoltà fondamentali negate a miliardi di animali nel mondo. E non è un caso che il 10 dicembre sia la data universalmente riconosciuta per puntare i riflettori su questo argomento, perché proprio il 10 dicembre del 1948 l’Assemblea delle Nazioni Unite redasse la Dichiarazione Universale dei diritti Umani. Un documento imprescindibile, che ha sancito in via definitiva il rispetto e la dignità per ogni essere umano.
Negli anni, però, attivisti e associazioni animaliste hanno iniziato a rivendicare giustizia e libertà anche per gli animali: il 10 dicembre del 1998, l’associazione animalista britannica Uncaget Campaigns (oggi Centre for Animals & Social Justice) ha istituito la giornata per i diritti degli animali, per fare in modo che gli stessi diritti inalienabili garantiti all’uomo, fossero estesi anche agli altri esseri viventi. Una richiesta che affonda le proprie radici nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Animale, sottoscritta nel 1978 a Parigi non con valore giuridico, ma come codice etico il cui rispetto avrebbe sancito un enorme progresso dal punto di vista culturale.
Diritti animali: quando gli animali non hanno diritti
Basta navigare per pochi minuti sul sito di un’associazione animalista o cercare sul web qualche video inchiesta, per rendersi conto che ancora oggi siamo lontanissimi dal rispetto di questo e di qualsiasi codice etico che coinvolga gli animali. Mentre quelli considerati “da affezione”, come cani e gatti, in Italia godono di una particolare tutela che non impedisce comunque maltrattamenti, abusi e sevizie, le tutele garantite agli animali considerati “da reddito” sono fumo negli occhi.
Ormai da anni numerose associazioni animaliste documentano la situazione all’interno degli allevamenti intensivi, con immagini aberranti che si discostano dal concetto di “benessere” per come lo intenderebbe chiunque.
Viviamo in una società che priva gli animali della propria individualità e della propria libertà, considerandoli beni di consumo il cui unico scopo nella vita è soddisfare necessità e bisogni degli esseri umani. Lo status quo che attribuisce all’uomo il diritto di utilizzare gli animali per i fini più disparati non viene mai messo in discussione, perché la visione dominante è ancora quella dello specismo.
Fare un passo indietro per fare un passo avanti
Lo sfruttamento degli animali è una pratica così radicata nella nostra società che spesso passa inosservata, facendo da sfondo praticamente a ognuna delle nostre attività quotidiane. Eppure, in una società civile, gli animali non umani dovrebbero godere di una serie di diritti inalienabili che non facciano distinzione tra “animali di serie A” e “animali di serie B”, garantendo a tutti pari dignità e rispetto.
Parlare di diritti animali significa aprire un enorme vaso di Pandora per iniziare a occuparsi di un argomento trascurato per troppo tempo. Gli animali non umani hanno il diritto di non essere considerati una proprietà, indipendentemente da quanto siano amorevoli e preziose le cure che gli vengono riservate. Questo discorso, ovviamente, vale anche per i cani e i gatti che vivono nelle case di milioni di persone nel mondo.
- Gli animali non umani hanno il diritto di non essere privati della libertà, né per entrare a far parte di un sistema alimentare folle e violento, né per intrattenere un pubblico annoiato al circo, allo zoo o in un acquario.
- Gli animali non umani hanno il diritto di non essere vittime della vanità dell’uomo, che li alleva e li uccide per ricavare abbigliamento e accessori spesso anacronistici, e sempre inaccettabili dal punto di vista etico.
- Gli animali non umani hanno semplicemente il diritto a una vita che non può e non deve più essere condizionata dall’uomo.
Dobbiamo rivedere la posizione di dominio che abbiamo deciso di attribuirci nel mondo, e capire finalmente che fare parte di una specie o di un’altra non ha nessuna rilevanza morale.
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