Green claim: come, cosa e perché

Il mercato dei prodotti green è fiorente e sempre più numerosi sono i claim ambientali che suggeriscono o lasciano intendere un ridotto impatto ambientale della referenza o del servizio offerto. Alcuni esempi: "biodegradabile", "eco friendly", “amico della natura”. Quali sono quindi le condizioni per poter utilizzare in etichetta un green claim?

Cosa consumare, come consumarlo e come chiudere il ciclo del consumo mediante il corretto smaltimento del rifiuto sono occasioni quotidiane in cui ogni consumatore, ogni cittadino può rendersi più o meno consapevolmente autore di gesti sostenibili, che riducono l’uso delle risorse naturali, dei materiali inquinanti e tossici, della produzione di rifiuti e salvaguardano le fonti energetiche.

I green claim, o claim ambientali (environmental claims), sono le affermazioni dirette a suggerire o, comunque, a lasciar intendere o anche solo ad evocare il minore o ridotto impatto ambientale del prodotto o servizio offerto.

Biodegradabile, ecosostenibile, ecocompatibile, a ridotto impatto ambientale, eco friendly. Decine di claim sbarcati su detersivi, cosmetici, prodotti alimentari, mangimi, ma anche sui loro imballi, e persino sulle shopper nude e crude che, però, spesso hanno un significato incerto, nebuloso, ma fortemente in grado di orientare le scelte di acquisto.

Nell’ultimo decennio i claim ambientali, infatti, sono diventati un importante strumento pubblicitario in grado di condizionare significativamente le scelte di acquisto dei consumatori, sfruttando la loro accresciuta sensibilità verso le problematiche ambientali. Sensibilità destinata ad aumentate, viste le accresciute preoccupazioni per l’ambiente e il cambiamento climatico, che sempre di più condizionano le scelte dei consumatori.

Proprio perché il mercato dei prodotti green è più che fiorente, vi sono apposite società che mettono, ad esempio, in relazione quanti intendano dichiarare un minor impatto ambientale con le organizzazioni che vendono “crediti di carbonio” generalmente chiamati VER (ciascuno dei quali equivale a una tonnellata di anidride carbonica). Si parla per esempio di carbon broker per indicare le agenzie che realizzano tale tipo di servizio, intermediando tra le società che vogliono fare un investimento compensativo delle proprie emissioni industriali e chi detiene crediti ambientali garantendo oltretutto, e questo la dice lunga, che le stesse quote non sia vendute più volte.

Ed è proprio facendo leva sul crescente interesse del consumatore alle tematiche ambientali e di cambiamento climatico, che molte aziende sono spinte ad ammantare la propria comunicazione commerciale di claims pro ambiente che non reggono del tutto un vaglio di merito approfondito, causando un danno alla concorrenza leale e ai consumatori.

Per approfondire: Etichettatura dei prodotti vegan. Marchi e certificazioni tra criticità e opportunità

Quali sono quindi le condizioni per poter utilizzare in etichetta un green claim?

Innanzitutto un’azienda che vuole utilizzare uno o più claim ambientali sui propri prodotti ha tre opzioni:

  1. Aderire ad un sistema di etichettatura ambientale strutturato che prevede il rilascio di una certificazione e consente l’utilizzo di loghi definiti (ISO 14024). Si tratta delle etichette ambientali di tipo I, assegnate da organismi di parte terza, pubblici o privati, indipendenti dal produttore. Si basano su criteri sviluppati tenendo conto di tutte fasi del ciclo di vita del prodotto (Life Cycle Assessment – LCA) e fissano valori soglia e limiti prestazionali da rispettare, la cui conformità è appunto certificata dall’organismo preposto.
  2. Realizzare le proprie etichette ambientali, che riportano dichiarazioni volontarie e/o i relativi simboli (ISO 14021). Si tratta delle etichette ambientali di tipo II, realizzate da produttori, importatori o distributori, che riportano “autodichiarazioni” non convalidate né certificate da organismi indipendenti (self declared environmental claims). Rientrano, ad esempio, tra queste dichiarazioni quelle relative al contenuto di materiale riciclato, assenza di sostanze dannose per l’ambiente. Il fatto che non vi sia una certificazione da una parte terza, non significa che queste etichette non debbano avere dei requisiti di attendibilità e serietà nei riguardi del consumatore e dell’utenza in genere; infatti secondo lo standard ISO 14021 queste etichette devono contenere dichiarazioni non ingannevoli, verificabili (ad esempio la documentazione relativa alle qualità ambientali dichiarate deve essere resa disponibile a richiesta), specifiche e chiare, non soggette ad errori di interpretazione.
  3. Formulare una Dichiarazione Ambientale di Prodotto, detta DAP o EPD (Environmental Product Declaration) (ISO 14025). Si tratta delle etichette ambientali di tipo III che prevedono una verifica e convalida da parte di organismi terzi accreditati, che ne garantiscono credibilità e veridicità. L’obiettivo di questa certificazione è quello di fornire al consumatore le basi per un confronto tra servizi e prodotti funzionalmente equivalenti, così da incentivare anche le aziende che perseguono lo sviluppo sostenibile. La DAP contiene informazioni (oggettive, confrontabili e credibili) relative alla prestazione ambientale dell’intero ciclo di vita di prodotti e servizi; ha carattere informativo e riguarda tutti gli aspetti ambientali e gli impatti potenziali: dalla concezione allo smaltimento del prodotto.

Il fatto che in molti casi non vi sia un intervento da parte di un ente di certificazione o controllo di parte terza, non significa che i green claim possano essere formulati in assenza di regole [1].

Innanzitutto, onere informativo minimo imprescindibile a carico dei professionisti che intendono utilizzare vanti ambientali sui propri prodotti è quello di presentarli in modo chiaro, veritiero, accurato, non ambiguo né ingannevole: rispettare i requisiti di attendibilità e serietà nei riguardi del consumatore e dell’utenza in genere è fondamentale.

[1] I green claim devono contenere dichiarazioni verificabili: ad esempio, la documentazione relativa alle qualità ambientali dichiarate deve essere resa disponibile a richiesta, specifiche e chiare, ed espresse in modo che non siano soggette ad errori di interpretazione. I green claim devono quindi “basarsi su dati veritieri, pertinenti e scientificamente verificabili” e la comunicazione “deve consentire di comprendere chiaramente a quale aspetto del prodotto o dell’attività pubblicizzata i benefici vantati si riferiscono” [2]. Nell’ultimo decennio sono state numerose le sentenze dell’Antitrust [3] che hanno comminato sanzioni a green claim che esprimevano affermazioni ambientali anche veritiere, ma espresse in modo tale che il consumatore, invece di comprenderne la reale portata (spesso riducibile ad uno sporadico impegno per la compensazione delle emissioni di anidride carbonica dovute alla produzione di un determinato quantitativo di prodotto) erano portati a pensare che l’azienda avesse in generale un’ attività d’impresa particolarmente attenta al rispetto dell’ambiente.

Infine i green claim non devono essere frasi di uso comune, prive di concreto significato ai fini della caratterizzazione e della differenziazione dei prodotti, nè nebulose e generiche affermazioni su generici benefici ambientali: per i green claim non devono quindi essere utilizzate asserzioni ambientali vaghe o non specifiche, come “sicuro per l’ambiente”, “non inquinante”, “amico della natura”, e sopratutto tali requisiti non devono essere vantati quando requisiti di sicurezza e di salubrità sono imposti dalla legge.

Non si può negare che una sana gestione ambientale sia elemento essenziale dello sviluppo sostenibile e che essa debba, giustamente essere considerata sempre di più nella sua duplice natura di responsabilità, da un lato, e di opportunità per le imprese, dall’altro. Attraverso il green marketing, le aziende potrebbero davvero rivelarsi dei game changer, collaborare alla realizzazione di una società ecosostenibile, porre in essere processi produttivi che tengono in considerazione il rispetto dell’ambiente naturale e innescare anche un meccanismo virtuoso anche nei consumatori più distratti.

Allo stato delle cose, purtroppo, il lancio di linee green evidenzia spesso solo un atteggiamento opportunista propenso a riempire di contenuti graditi al consumatore campagne di marketing che in altri tempi avrebbero avuto tutt’altra impostazione, piuttosto che essere l’ espressione di un contenuto specifico e di una maggiore responsabilità nei confronti dell’ambiente.


[1]vedi, tra tutti, Linee Guida UE sulle pratiche commerciali scorrette, dicembre 2009 e 2014 con un’apposita sezione proprio sui «green claims»

[2] Anche la 58°versione del CAP (codice autodisciplina pubblicitaria) entrata in vigore nel 2014 si è preoccupata, ad esempio, di riformulare le indicazioni sulla “tutela dell’ambiente” contenute nell’art. 12 precisando che i green claims devono riguardare «dati veritieri, pertinenti, scientificamente verificabili» e «devono consentire di comprendere chiaramente a quale aspetto del prodotto o dell’attività pubblicizzata si riferiscono i vanti ecologici»

[3] Tra tutte, ad esempio, 1999 PI/2486 Iaber Caldaie Beretta; 2006 PI/4927 Sacchetti Coop «degradabili al 100%»; 2009 PS/4026 Acqua San Benedetto – «La scelta naturale»; 2012 PS/7235 Acqua Ferrarelle «IMPATTO ZERO» dove l’Autorità ha accertato la scorrettezza, sub specie di pratica commerciale ingannevole, delle modalità con cui la società utilizzava, a fini pubblicitari, la sua adesione per una durata temporale limitata ad un progetto ambientale finalizzato alla compensazione delle emissioni di CO2 connesse alla produzione di un determinato quantitativo di bottiglie a marchio “Ferrarelle”; 2017 PS/8438 Pannolini Nauturae’ «biodegradabili compostabili»

 

Leggi anche: Food label, dalla Danimarca la proposta per inserire l’impatto ambientale in etichetta


Scegli i prodotti certificati VEGANOK e sostieni così la libera informazione!


SCOPRI
VEGANOK CHANGE

Leggi altri articoli