I prodotti vegani e vegetariani hanno spesso nomi riferiti a prodotti a base di carne. Le associazioni di produttori di carni e salumi chiamano questa pratica “meat soundig” sostenendo che i prodotti vegetali “rubino” illecitamente le denominazioni ai loro prodotti.
A cura della Dott.ssa Paola Cane, Responsabile dei Report di Osservatorio VEGANOK
Quando si tratta di denominazioni tutelate da norme nazionali o comunitarie, per le quali l’uso è vietato, siamo tutti d’accordo: la scelta vegan è una scelta etica, e il rispetto della legge fa parte dell’universo etico.
Le denominazioni protette non possono essere usate: e questo vale per la Bresaola della Valtellina, ma anche per il panettone e i savoiardi. Siamo tutti d’accordo!
In altri casi, e si tratta della maggior parte, non esiste una normativa specifica (fettine, bistecca, cotoletta, spezzatino non sono denominazioni tutelate) che riservi e regolamenti le condizioni d’uso di determinate denominazioni.
La cosa disturba, e molto, l’industria zootecnica.
Nel dicembre 2016, gli Europarlamentari Paolo De Castro e Giovanni La Via hanno presentato alla Commissione Europea un’interrogazione che testualmente diceva: “Talvolta, pur non violando le regole, in particolare per quanto riguarda i prodotti a base di carne, si riscontrano pratiche tese a promuovere la vendita di prodotti per vegani e per vegetariani che si avvantaggiano di denominazioni chiaramente riferibili a prodotti a base di carne” chiedendo alla Commissione Europea provvedimenti in merito.
Un’interrogazione all’Europarlamento in cui si chiedono provvedimenti contro fatti che “non violano le regole” instituendo regole ad hoc che li rendano illeciti, dovrebbe essere bollata come ridicola, se da essa non dipendessero la chiara e corretta informazione dei consumatori, nei quali sono ingenerati falsi allarmismi, e investimenti aziendali (rifare le etichette, ristudiare le denominazioni) che nulla hanno a che fare con la qualità del prodotto, e che potrebbero essere meglio destinati.
Ma in realtà, strumentalizzata dalle principali associazioni del settore zootecnico, l’interrogazione dimostra un atteggiamento aggressivo e persecutorio nei confronti di un’industria emergente, che opera nel rispetto delle leggi, per affondare la quale, è necessario cambiare le leggi.
Descrivere prodotti vegetariani e vegani fuorvianti, illegali, e screditare la reputazione delle aziende che operano nell’ambito del vegetale solo perché chiamano i loro prodotti “bistecche di soia” è un atto privo di onestà intellettuale, camuffato da tutela dei consumatori.
La risposta della Commissione Europea, per iscritto, è fortunatamente più equilibrata di chi ha sollevato la domanda. Non solo non prevede di introdurre nuove denominazioni per i prodotti a base di carne, ma ritiene che le norme esistenti garantiscano che non vengano ingannati i consumatori sulle caratteristiche di ciò che mangiano. L’allegato VI parte A, punto 4 del Reg UE 1169/2011 è chiaro: “Nel caso di alimenti in cui un componente o un ingrediente che i consumatori presumono sia normalmente utilizzato o naturalmente presente è stato sostituito con un diverso componente o ingrediente, l’etichettatura reca una chiara indicazione del componente o dell’ingrediente utilizzato per la sostituzione parziale o completa.”
Se scrivo “agnello di marzapane” rispetto la legge, e gli ovinicoltori non potranno pretendere che il mio prodotto cambi forma e nome, perché non hanno l’esclusiva sul termine “agnello”, ma anche perché i consumatori non rischiano di essere tratti in inganno.
Il nostro compito non è proteggere i consumatori dal rischio di confondere un “pesciolino di liquirizia” con un prodotto ittico, ma quello di garantire trasparenza filiere, tracciabilità e origine delle materie prime, qualità, controlli, rispetto delle norme esistenti.
La vicenda ricorda che la tutela delle denominazioni è espressione della tutela dei consumatori e non delle associazioni di produttori o delle industrie, e che non ha senso una guerra in nome della “tutela dei consumatori”, quando le energie di tutto il comparto alimentare dovrebbero essere spese in altre direzioni, perché sapere ciò che mangiamo davvero è diritto di tutti, non solo dei vegani!
Speriamo che la chiarezza fatta dalla commissione scoraggi ulteriori bizzarre iniziative, chessò… magari del comparto avicolo, pronto a far guerra alle uova di cioccolato!
SCARICA il pdf della circolare: “Meat sounding a tutti i clienti”.

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