Il 40% dei colossi alimentari mondiali dispone di team dedicati per lo sviluppo di prodotti plant-based

FAIRR è una rete globale di investitori che affrontano le questioni ESG (Environmental, Social e Governance) nelle catene di approvvigionamento con attenzione particolare al settore delle proteine. L'ente ha pubblicato un report, "Appetite for Disruption: A Second Serving" in cui si forniscono dati molto chiari sull'incremento, in termini di interesse, verso le proteine vegetali da parte dei grandi colossi alimentari mondiali. Riportiamo i passaggi e i dati principali emersi nello studio.

I giganti del cibo alimentano il boom della richiesta di mercato delle proteine ​​alternative alla carne e ai latticini: a rivelarlo, una coalizione di investitori guidati dall’ente FAIRR del valore di 13 trilioni di dollari il cui business coinvolge 25 produttori e rivenditori alimentari.

Il dato: due giganti alimentari su cinque con un fatturato annuo combinato di 459 miliardi di dollari hanno team dedicati per sviluppare e commercializzare alternative plant-based a carne e latticini. Il loro scopo è spostare la spesa alimentare verso fonti proteiche più sostenibili, supportare una transizione verso alimenti proteici allineati alle questioni ambientali del climate-change e attuare uno shift concreto dalle proteine ​​animali verso fonti proteiche di origine vegetale.

I dati provengono dal nuovo Hub online delle proteine ​​sostenibili per gli investitori e dal report “Appetite for Disruption: A Second Serving”, lanciato dalla FAIRR Investor Network.

I grandi rivenditori e produttori alimentari stanno guidando questa transizione mettendo in campo grandi investimenti per la ricerca e sviluppo di nuove referenze; il 47% dei rivenditori presi in esame sta già commercializzando (o prevede di vendere) carne vegetale nelle catene della grande distribuzione. Si tratta di un cambiamento sistemico sia nell’approccio dei produttori alimentari alla domanda del mercato, sia nel modo in cui noi consumatori faremo acquisti e mangeremo.

Il quadro ambientale e il contesto

L’epidemia di COVID-19 ha innescato conseguenze senza precedenti in termini di salute pubblica e crisi economica. Oltre a coinvolgere ogni paese nel mondo, questo virus ha messo a nudo i rischi, le vulnerabilità e disuguaglianze legate al sistema alimentare globale: nessun settore come l’industria delle proteine ​​animali ha reso evidente questo aspetto. Sebbene le origini esatte di COVID-19 rimangano ancora poco chiare, si ritiene che il virus sia l’ultimo di un lungo elenco di patogeni zoonotici recentemente emersi. Questo aumento dell’incidenza della malattia è strettamente legato all’industrializzazione dell’agricoltura animale che ha creato il terreno fertile perfetto per le malattie zoonotiche, minacciando la sicurezza alimentare globale. In un contesto in cui, a causa della pandemia si prospetta la possibilità di interruzioni della filiera alimentare e in cui sale la preoccupazione dell’opinione pubblica sul legame tra la produzione di carne e malattie virali, i consumatori di tutto il mondo stanno ripensando il modo in cui mangiano e cosa mangiano.

Fonte: report FAIRR. Il grafico mostra l’incremento delle vendite dei prodotti e dei sostituti vegetali rispetto a quelli animali. Le categorie di prodotto prese in esame: uova, panna, yogurt, carne, formaggio, burro, gelati, latte.

Questa situazione ha provocato un’impennata della domanda di prodotti a base vegetale. Le diete globali devono diventare più equilibrate e diversificate, con una maggiore attenzione ai prodotti vegetali e alle proteine ​​alternative alla carne, principio cardine che il L’IPCC descrive come un’importante strategia di mitigazione per ridurre 0,7-8 Gt (gigaton) di CO2 entro il 2050.

Nel report 2019 sul Climate Change di IPCC si leggeva:

“Diete sane e sostenibili presentano importanti opportunità per ridurre le emissioni di gas serra dai sistemi alimentari e migliorare i risultati sulla salute”.
IPCC Special Report Climate Change and Land, August 2019

Fonte: report FAIRR. Nel grafico a dinistra viene mostrato l’impatto su salute e ambiente di prodotti animali e vegetali: come si può notare, le carni processate e non processate hanno l’impatto maggiore. Nel grafico a destra, viene mostrata l’impronta dei vari tipi di dieta: un’alimentazione vegana risulta essere quella meno impattante.

Data l’attenzione mediatica a questo tema e l’entità del cambiamento, non sorprende quindi che il settore delle proteine ​​alternative abbia attratto quasi il doppio degli investimenti rispetto allo scorso anno in poco più di sei mesi del 2020 e che il mercato crescerà fino a 17,9 miliardi di dollari entro il 2025. Si tratta del segno tangibile che i più grandi supermercati e produttori alimentari del mondo stanno lavorando per occupare il loro spazio in questo mercato: stanno potenziando la loro capacità di studiare alternative vegetali alla carne e ai latticini e stanno mettendo in atto obiettivi concreti per una transizione.

I 25 colossi alimentari analizzati da FAIRR sono stati selezionati sulla base della loro influenza sul mercato per ciò che concerne capitalizzazione di mercato, quota di mercato e capacità di modellare la domanda dei consumatori. Ecco i player presi in esame:

Produttori (10): Unilever, Nestle, Kerry Group, Conagra, General Mills, Grupo Nutresa, Hershey, Kraft Heinz, Mondelez, Saputo.
Rivenditori (15): Tesco, M&S, Sainsbury’s, Groupe Casino, ICA Gruppen, Carrefour, Loblaw, Morrison’s, Woolworths, Ahold Delhaize, Kroger, Coles, Walmart, Amazon, Costco.

Jeremy Coller, fondatore dell’iniziativa FAIRR e Chief Investment Officer di Coller Capital, ha dichiarato:

“I dati dell’azienda pubblicati (nel report) sono una prova concreta che i grandi marchi alimentari sono in lizza per aggiudicarsi la loro fetta di torta a base vegetale. Stanno aumentando drasticamente la loro capacità di ricercare e sviluppare alternative vegetali a carne e latticini. Il panorama post-COVID ha reso il 2020 un anno spartiacque per il mercato delle proteine ​​sostenibili: il settore ha attirato il doppio degli investimenti dello scorso anno in soli sei mesi. Molte aziende alimentari stanno mettendo in atto l’infrastruttura e l’innovazione per beneficiare degli effetti di questa rivoluzione dei consumi, del modo in cui facciamo acquisti e mangiamo. Gli investitori stanno osservando la situazione molto attentamente.

Il cambiamento in termini di attitudine al consumo, l’innovazione delle tecnologie alimentari, i rischi ambientali e per la salute sono destinati a rimodellare l’industria della produzione di proteine così ​​come la conosciamo. Da questo punto di vista, il momento storico che stiamo attraversando porta con sé l’opportunità di innovare e aumentare le proprie quote di mercato per le aziende che implementano obiettivi strategici nella gestione di quella che viene definita “protein transition”.

Il portafoglio prodotti plant-based si espande

La maggior parte delle aziende esaminate continua ad investire in tecnologia e nelle risorse necessarie ad espandere le linee vegetali di prodotto: alcuni stanno lavorando attivamente con partner esterni (incluse università ) per promuovere lo sviluppo di nuovi ingredienti proteici. Gli sforzi legati alla riformulazione ruotano principalmente attorno alla necessità di rimuovere ingredienti come sale, grassi saturi, additivi, zucchero, gelatina e calorie. Il rivenditore Tesco con sede nel Regno Unito è di fatto la prima azienda (tra le 25) ad aver lavorato in questa direzione. L’azienda ha nominato un team specialist dedicato all’innovazione plant-based, figura che è risultata essere cruciale per il successo dell’espansione delle gamme plant-based. È anche l’unica azienda impegnata a riformulare i prodotti esistenti in modo che siano completamente a base vegetale.

Nota del redattore: nell’articolo non abbiamo volutamente usato mai la parola “vegan” in riferimento ai prodotti in sviluppo perché non tutti i marchi presi in esame nell’indagine producono referenze annoverabili nella categoria “vegan”.  A nostro avviso non è sufficiente che la formulazione del prodotto sia 100% vegetale per poter definire un prodotto, vegano. Sono necessari anche altri requisiti: lo studio delle materie prime del packaging (che devono essere prive di derivati animali) e la condotta dell’azienda sul tema della sperimentazione animale, sono elementi imprescindibili per poter differenziare un prodotto vegetale da uno vegano in grado di soddisfare anche standard etici. Nonostante questo, abbiamo voluto dare rilievo a questi dati per mostrare l’interesse dei grandi player del mercato verso il mondo plant-based.

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