A che serve la guerra? Anzi, a \”chi\” serve? E perché continua senza sosta la militarizzazione del mondo? E le spese militari? Perché invece di diminuire, come vorrebbe la logica della fine della guerra fredda, aumentano a dismisura? Spendono di più gli Stati Uniti (da 320 a 500 miliardi di dollari), spende di più l\’Europa (da 150 a 250 miliardi). Spendono di più tutti sottraendo denaro ad investimenti ben più produttivi e vitali per le sorti dell\’umanità. La risposta a questi interrogativi è intorno a noi: queste armi, in definitiva, permettono la supremazia di una minoranza dell\’umanità, quel 20 per cento che da solo detiene l\’83 per cento delle risorse mondiali. Ma la militarizzazione non è fatta solo di bombe e carri armati, di aerei e truppe. E\’ anche una militarizzazione ideologica sulla quale l\’ombra spettrale del terrorismo lancia ettolitri di benzina, anzi di petrolio. Guardate come stiamo diventando noi italiani, primo paese europeo che ha fatto una legge per affondare le barche degli immigrati. I pescatori di Sicilia hanno paura a raccogliere i naufraghi, chi lo fa si trova con la barca sequestrata e l\’accusa di favoreggiamento dell\’immigrazione clandestina.
Alex Zanotelli, il missionario comboniano fondatore del movimento \”Beati i costruttori di pace\”, ci ha detto recentemente che, a suo parere, uno dei problemi di fondo da affrontare è la connessione tra economia e militarizzazione. Concordo pienamente. Io citerei anche il petrolio, che di questa economia rimane il motore. Poi aggiungeva che l\’attentato malefico alle torri gemelle dell\’11 settembre viene usato dalla classe dirigente americana per rilanciare un\’economia in depressione. Tentativo per ora infruttuoso, visto come vanno le cose, ma che spiega, se volete, l\’insistenza con cui gli USA spingono per una guerra totale all\’Iraq nonostante quel paese sia ridotto ormai allo stremo e abbia dichiarato di aprire qualunque porta, escluso la camera da letto di Saddam, agli ispettori dell\’Onu.
Ecco allora a cosa potrebbe servire la guerra. A rilanciare l\’economia in crisi, a ridare fiducia ai consumatori del ricco nord, a rimettere in moto le borse mondiali. In fondo anche i due grandi eventi bellici del secolo scorso sono scoppiati al culmine di una lunga ed insanabile crisi economica. E negli anni Sessanta è stato grazie al conflitto in Vietnam che l\’economia tirava.
E allora viene in dubbio che ci sia qualcosa di profondamente perverso nel nostro modello di sviluppo. E qualcosa di perverso è profondamente ingiusto ci dev\’essere anche in quella che chiamano globalizzazione, ma che in realtà non è altro che il dominio incontrastato di questo modello economico e sociale. Lo dimostra il fatto che la globalizzazione è oggi solo economica, tecnologica e culturale mentre i diritti degli uomini e dei popoli nessuno è in grado di farli rispettare.
Testo di Aldo Bassoni, tratto dalla rivista \”Nuovo consumo\”, novembre 2002
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