Il junk food vegan salverà il mondo? Non proprio, ma ecco perché non va demonizzato

Il junk food, il cosiddetto “cibo spazzatura”, è nel mirino per la sua pericolosità per la salute, e questo vale anche se parliamo di cibo vegan. Eppure, la sua importanza è innegabile: avvicina anche i più scettici alle alternative vegetali ed è uno “strumento di aggregazione” fondamentale tra vegani e onnivori. Ecco qualche consiglio per gestirlo nella propria alimentazione, ma senza esagerare!

C’era una volta l’alimentazione vegetale, quella pre-burger vegetali “che sanguinano”, pre-tonno vegano, pre- settimana vegan al supermercato. Quella che il latte di soia a meno di 3 euro in un supermercato non specializzato era un miraggio, quella che il tofu era sinonimo di alimentari etnici. Quella che ti costringeva a fare la spesa principalmente all’ortofrutta. Si stava peggio, ma si stava meglio, almeno dal punto di vista salutistico.

Con l’avvento del “junk food vegano” e la sua capillare distribuzione nelle principali catene di supermercati low-cost, la dieta vegana sta subendo lo stesso processo di “snaturalizzazione” che subì a suo tempo la dieta mediterranea. Queste due diete sono caratterizzate da una base comune: frutta, verdura, cereali integrali, legumi, frutta a guscio e semi. In una dieta mediterranea corretta la quantità  di carne è inferiore a 2 porzioni alla settimana della dimensione del palmo della mano, quindi circa 100 grammi. Va da sé che l’abbondanza di cibi vegetali non processati è il minimo comune denominatore che conferisce a queste due diete la capacità di contrastare le malattie cronico degenerative e garantire una miglior qualità di vita e una maggior longevità.

Quindi il cibo industriale vegano è tutto da evitare? Assolutamente no, non tutto e non sempre.

Cibo naturale e cibo processato: di cosa parliamo esattamente?

Per “cibo processato” intendiamo qualsiasi alimento che abbia subito un processo di trasformazione rispetto a come lo si trova in natura: la pasta può considerarsi un cibo processato rispetto al frumento, il tofu è un alimento processato rispetto alla soia. Chiaramente esistono vari livelli di trasformazione: in molti casi il processo ha il solo scopo di migliorare la digeribilità dell’alimento, conservando per lo più le sue proprietà nutrizionali o addirittura migliorandole (come nel caso del tofu).

In altri casi l’estrema raffinazione, l’aggiunta di ingredienti privi di valore nutrizionale e ricchi di calorie vuote, creano alimenti altamente processati che non fanno alcun favore alla nostra salute, ma stimolano in maniera potente i nostri centri del piacere a livello cerebrale, portandoci a volerne sempre di più. Viceversa, il cibo naturale è ciò che troviamo in natura e possiamo consumare esattamente così com’è o previa cottura: frutta, verdura, cereali, legumi, frutta a guscio e semi.

Vegetale non è sempre sinonimo di salutare

Quando si prendono in considerazione le diete vegetali da un punto di vista scientifico, è evidente come queste possano abbassare notevolmente il rischio di malattie cardiovascolari, diabete, obesità; questo è però dimostrato solo per diete vegetali cosiddette “whole-food”, ovvero vegetali integrali. Le diete altamente processate, quindi ricche di cibi industriali altamente raffinati, invece aumentano il rischio di sviluppare tutte queste malattie, a prescindere dal fatto che siano vegetali o meno.

Gli ingredienti “incriminati”

Partendo dal presupposto che non tutto il cibo vegetale processato è necessariamente nocivo, è importante individuare quegli ingredienti che andrebbero evitati o, perlomeno, tenuti sotto controllo negli alimenti:

  • Olii e grassi tropicali (palma, cocco, karitè, ecc…): sono grassi saturi, possono contribuire ad aumentare il colesterolo e ad aumentare il carico calorico dei cibi. Si trovano spesso in prodotti da forno come brioche e merendine, ma anche nei burger, negli affettati e nei formaggi vegetali.
  • Zuccheri aggiunti e amidi: che lo zucchero bianco non faccia bene non è una novità, quello che stupisce è che si possa trovare anche in cibi insospettabili come burger, formaggi vegani, snack salati e zuppe pronte. Gli amidi vengono utilizzati diffusamente come leganti per burger, affettati e formaggi vegetali. Non sono di per sé pericolosi, ma hanno un indice glicemico molto alto e non sono altro che “calorie vuote”. Spesso si vorrebbe consumare burger vegetali come “secondo piatto”, ma se non si leggono gli ingredienti si rischia di acquistare un prodotto che fornirà ben poche proteine ma tantissimi carboidrati.
  • Sciroppo di glucosio, fruttosio, HFCS: in sostituzione o in aggiunta allo zucchero, nei prodotti industriali e in particolare modo nei prodotti da forno e nei gelati, possiamo trovare vari tipi di sciroppi. Hanno un indice glicemico estremamente alto, aumentano i livelli di colesterolo, di acido urico e sono nocivi per il fegato. Sciroppo di mais, riso, malto se la cavano un pochino meglio, ma sono comunque zuccheri raffinati e concentrati che di salutare hanno ben poco, pur essendo utilizzati spesso in prodotti che si vogliono dare un tono di naturalità e benessere.
  • Farine raffinate: lo zucchero raffinato fa paura un po’ a tutti, le farine raffinate no. Eppure la differenza non è così abissale: se lo zucchero è costituito da una molecola di glucosio legata a una molecola di fruttosio, le farine non contengono pressoché altro che lunghe catene di glucosio, che vengono prontamente scomposte non appena arrivano nello stomaco, rilasciando zuccheri semplici che vanno ad aumentare rapidamente la glicemia e possono aumentare i livelli di colesterolo e trigliceridi. Sono praticamente ovunque ed è molto facile assumerne una quantità eccessiva consumando quotidianamente crackers, fette biscottate, snack dolci o salati, pane bianco e pizza.
  • Sale: gli effetti di un eccesso di sale sono ben noti: pressione alta, aumento del rischio cardiovascolare. Il limite consentito è di 5 g di sale al giorno. I burger vegetali e le pizze surgelate ne sono spesso molto ricchi. (Per fare un esempio, il Beyond Burger ne contiene più di un grammo per porzione, ne abbiamo parlato facendone un’analisi nutrizionale qualche tempo fa). Da non dimenticare però che tra i maggiori contributori dell’assunzione di sale c’è il pane, con i suoi 0,3 g per fetta.
  • Coloranti, additivi, emulsionanti, addensanti: in piccola quantità tutti questi additivi sono innocui, ma quando si consumano durante l’arco della giornata vari alimenti che li contengono, la quantità assunta potrebbe andare oltre la soglia di sicurezza. Negli ultimi mesi è stata posta l’attenzione sul biossido di titanio, contenuto in molti alimenti industriali e in particolare caramelle, chewing-gum e salse. L’efsa lo ha messo al bando, ma il divieto di utilizzarlo nei prodotti alimentari non è ancora in vigore, quindi è ancora ampiamente diffuso.


Alimenti processati da salvare

Come vegetale non equivale a salutare, processato non equivale a nocivo; alcuni alimenti, seppur sottoposti a processi di trasformazione chimico-fisica o prodotti industrialmente, possono essere utilizzati anche quotidianamente, senza alcuna ripercussione per la salute:

  • Tofu & tempeh: in questi prodotti la soia viene semplicemente fatta “cagliare” o “fermentare”. Questi processi abbassano il tenore di anti-nutrienti e migliorano la biodisponibilità di ferro, calcio e proteine. Sono alimenti da tenere sempre in frigo, in modo da avere a disposizione un’alternativa proteica pronta e veloce, dall’estrema versatilità in cucina.
  • Pasta: anche nella versione non integrale, il carico glicemico di questo alimento non è eccessivo. Gli amidi subiscono un processo di gelatinizzazione che ne rallenta l’assimilazione. Fornisce quindi energia a lento rilascio e buon potere saziante. La versione integrale ha un potere calorico praticamente identico a quella raffinata, ma sazia leggermente di più. Nell’acquisto meglio puntare su aziende che utilizzano grano italiano e grani tipici locali come Senatore Capelli o timilla. Ottime anche le paste a base di farine di legumi, farro e grano saraceno. Attenzione alla pasta senza glutine a base di farina di riso e/o mais: non ha nessun vantaggio, anzi ha un indice glicemico più alto, non c’è nessuna necessità di acquistarla se non si ha una reale intolleranza al glutine.
  • Zuppe e insalate di cereali pronte: ogni supermercato ormai offre una varietà di insalate, insalate di cereali e zuppe pronte, da scaldare al microonde. Questi prodotti spesso contengono materie prime da agricoltura biologica e sono un ottimo compromesso per il pranzo in ufficio o per una cena al volo. Sicuramente meglio del panino o del take away dell’ultimo minuto.
  • Verdure surgelate: è ancora molto radicata la convinzione che le verdure surgelate perdano il loro valore nutrizionale, ma non è assolutamente così. Le verdure surgelate non si possono definire “cibo processato”, ma rientrano nella categoria dei cibi pronti. Mangiare verdura surgelata è sicuramente meglio che non mangiarla per niente, quindi è bene averne sempre una piccola scorta in freezer, per arricchire i primi piatti o da utilizzare come contorno.
  • Gallette e snack di cereali non fritti: le gallette non sono altro che agglomerati di cereali che subiscono un processo di estrusione, che li rende gonfi e croccanti. Questo processo avviene ad altissime temperature e il rischio di contaminazione da acrilamide è effettivamente reale. La percentuale rimane comunque molto bassa e sotto la soglia di sicurezza, sicuramente molto più bassa rispetto le patatine fritte (che sono per di più anche ricche di sale e di grassi di cattiva qualità). I “triangolini” sono un’ottima alternativa agli snack salati a base di farina bianca e lievito e le gallette sono un’ottima alternativa ai crackers e al pane. La versione ai legumi è di grande aiuto per far mandare giù questi alimenti ai bambini e hanno il vantaggio di avere un maggior apporto proteico.

Il junk food non va demonizzato, anzi: è di grande importanza

L’alimentazione vegetale è la scelta migliore per la nostra salute, per gli animali e per il nostro pianeta.
Ma fa paura. Grazie al “junk food” vegano e alla facile reperibilità di surrogati della carne, comincia ad attrarre un numero sempre maggiore di consumatori e a incutere meno soggezione. Poco ce ne facciamo di una dieta “salvatutto”, se poi le persone non vogliono e non riescono a seguirla. Chiedendo agli onnivori “per quale motivo non decidi di diventare vegano?”, la risposta che va per la maggiore è “non voglio rinunciare ai cibi a cui sono affezionato e ho poco tempo per cucinare”.

Ed è qui che gli alimenti vegetali industriali rivestono un ruolo fondamentale: danno la possibilità di passare a una dieta vegetale senza dover rinunciare ai sapori a cui si è legati e permettono di mantenere le stesse abitudini a tavola. Se prima si consumava spesso hamburger e insalata, ora si avrà un’alternativa con un sapore, un odore e un aspetto pressoché identici all’hamburger. Se il piccolo di casa impazzisce per la pasta al pesto, gli si potrà continuare a offrire la pasta con un pesto vegetale di cui difficilmente noterà la differenza. Gelati, brioches, biscotti e merendine potranno ancora riempire la dispensa per le colazioni di corsa o per gli attacchi di fame di metà giornata.

I grandi cambiamenti richiedono tempo e gradualità. È utopistico pretendere che un onnivoro con un’alimentazione disordinata si trasformi direttamente in un vegano salutista. Se, per assurdo, tutti coloro che consumano diete disordinate onnivore passassero a diete ugualmente disordinate, ma vegetali, la loro salute non migliorerebbe di una virgola, ma l’impatto sull’ambiente e la quantità di animali salvati sarebbe enorme. Non è affatto una cosa da poco.

Bene o male, purché se ne parli

Poche cose hanno dato risalto alla dieta vegana come gli ultimi progressi nella carne vegetale e nella carne coltivata in laboratorio. Nomi importanti come Leonardo di Caprio e Arnold Schwarzenegger si sono legati indissolubilmente alla scelta vegan, rendendola mainstream e socialmente accettabile. Ogni supermercato offre decine di varietà di latte vegetale e alternative alla carne di diversi marchi, a prezzi abbordabili. Anche il consumatore più distratto non può più ignorare che la scelta vegetale è a portata di mano, ma soprattutto a portata di portafogli. La nomea di “dieta per ricchi” si è ormai dissolta, dal momento che anche i discount offrono ormai una vastissima gamma di prodotti vegani, dedicando intere settimane alle offerte riguardanti proprio questi alimenti.

Queste alternative attirano, incuriosiscono e creano veri e propri trend, come il KitKat vegano, che verrà presto distribuito anche in Italia. Non c’è da stupirsi infatti che gli acquirenti di questi prodotti siano anche onnivori e “flexitariani”, che trovando sempre più scelta, convenienza e gusto, saranno sicuramente più invogliati a compiere il passo definitivo verso una scelta vegana

Un cibo per unire, un cibo di transizione

Il cibo industriale vegano ha anche un ruolo importante nel riunire vegani e onnivori intorno alla stessa tavola: lo scorso ferragosto, molti vegani avranno potuto partecipare alle grigliate estive portando con sé non solo peperoni e melanzane, ma anche salsicce, würstel e bistecche vegetali. I giovani vegani potranno trascorre le serate nei fast food assaporando un Whopper vegano e presto anche McDonald’s proporrà la sua alternativa vegetale.
I vegani non devono isolarsi, non è assolutamente necessario e auspicabile separarsi dalle proprie amicizie e dalle proprie famiglie per via di una diversa scelta etico-alimentare. Questi momenti di condivisione sono un’ottima opportunità per influenzare positivamente chi ci sta intorno dando il buon esempio e dimostrando che la scelta vegana non solo è possibile ma anche semplice e piacevole.

Il cibo industriale vegetale è una porta di ingresso, un ponte verso l’alimentazione che ci possa assicurare il maggior benessere psico-fisico; man mano che si assumono più alimenti vegetali non processati, il palato cambia, si nota la differenza nei livelli di energia, di buon umore e nella digestione. Diventa spontaneo, nel giro di poco tempo, fare sempre meno affidamento a questi alimenti e preferire cibi freschi a base di ingredienti semplici, ridimensionando il “junk food vegan” a sfizio occasionale.

Sembra banale dirlo, ma la moderazione è la chiave di tutto. È assolutamente plausibile che non tutti i vegani vogliano essere salutisti e va bene così; queste persone, finché avranno accesso al loro amato “junk food”, potranno comunque continuare a salvare il pianeta e gli animali. Ma anche nell’ambito di una alimentazione salutare, il junk food vegan e gli alimenti processati industriali possono trovare il loro spazio, chiaramente in misura occasionale e ridotta rispetto a cibi non processati. Anche il vegano più salutista può cogliere l’opportunità di tenere in casa del cibo processato per accontentare gli ospiti onnivori più affezionati al sapore della carne o dei formaggi.

Quindi ben venga l’interesse delle grande industrie nel settore vegan, con un pizzico di buon senso può portare solo vantaggi, nell’attesa che diventi l’unica proposta possibile.

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