Se potessimo dare un prezzo al loro impatto ambientale, quanto pagheremmo gli alimenti che mettiamo nel carrello? La risposta, come riportato da Il Fatto Alimentare, arriva dagli studiosi dell’Università di Augusta, che hanno calcolato i “costi reali” di 16 prodotti alimentari. Al prezzo normale è stato aggiunto il valore delle emissioni di gas serra durante la produzione, le conseguenze della fertilizzazione azotata e il fabbisogno energetico. I risultati aumenterebbero di molto il prezzo della carne e dei prodotti di origine animale: vediamo come.
Il prezzo della carne tenendo conto dell’impatto ambientale
In particolare si parla di +173% per la carne da allevamento convenzionale; il latte vaccino avrebbe un rincaro del 122% e per due tipologie di formaggio, il Gouda e la mozzarella, il rincaro sarebbe rispettivamente dell’88% e del 52%. Notevolmente inferiore, invece, l’ipotetico aumento di prezzo per i prodotti di origine vegetale: per le banane avremmo un +19%, per patate e pomodori un + 12% e per le mele solo +8%. Si avverte questa differenza anche nel caso dei prodotti biologici, nonostante il rincaro per la carne bio sia leggermente inferiore rispetto a quello per la carne convenzionale e sia fissato a un +126%.
Questo studio è stato effettuato per conto della catena di supermercati tedeschi del gruppo Rewe e fornisce un quadro chiaro e indiscutibile dell’impatto che la produzione di cibi animali ha sul pianeta. Un impatto di cui la catena di supermercati vuole rendere cosciente anche il consumatore che si trova a scegliere quotidianamente cosa mettere nel carrello; per questo motivo, i prodotti coinvolti nello studio sono stati esposti con un doppio prezzo nei supermercati tedeschi aderenti all’iniziativa.
Anche se i consumatori hanno pagato solo il “prezzo normale”, al suo fianco hanno trovato anche il “prezzo nascosto” di quel determinato prodotto: per esempio, circa due euro per mezzo chilo di carne bio macinata, al quale è stato affiancato anche il prezzo ambientale di circa 5 euro. “Dobbiamo arrivare al punto di rendere visibili i costi di follow-up del consumo. È l’unico modo perché il cliente possa prendere una decisione di acquisto consapevole” dichiara il top manager di Rewe, Stefan Magel.
Il futuro è plant-based
L’obiettivo, quindi, è indurre i consumatori a cambiare consapevolmente le proprie abitudini alimentari, prediligendo gli alimenti di origine vegetale rispetto a quelli di origine animale. Una tendenza che si riscontra già in maniera considerevole nel mercato alimentare globale, non solo grazie a consumatori vegetariani e vegani, ma anche e soprattutto a coloro che scelgono stili di vita più sani e consapevoli. Il consumatore flexitarian – che pur non essendo né vegetariano né vegano, riduce il proprio consumo di prodotti di origine animale – può essere il vero game changer in questo settore, contribuendo in maniera decisiva alla diminuzione dell’impatto ambientale legato alla produzione alimentare.
Quello delle proteine vegetali è un mercato in crescita costante, con le generazioni più giovani a guidare un cambiamento che vede tra gli onnivori il 90% dei consumatori di prodotti vegetali, un po’ per curiosità e un po’ per presa di coscienza rispetto alle necessità alimentari del prossimo futuro.
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