Si chiama Impossible Pork ed è la novità da poco lanciata sul mercato da Impossible Foods, azienda californiana fondata nel 2011 e nota a livello internazionale per la creazione di alternative vegetali “che sanguinano” in tutto e per tutto simili alla carne. Dapprima fu l’Impossible Burger, un hamburger il cui aspetto, sapore e consistenza richiamano in maniera inequivocabile la carne di manzo; poi è arrivato l’Impossible Fish, “pesce” 100% vegetale che promette di diventare la base per molte preparazioni differenti. Adesso è la volta dell’Impossible Pork (il cui lancio ufficiale in ristoranti e supermercati d’oltreoceano è ancora top secret), alternativa plant-based alla carne di maiale la cui importanza non risiede tanto nel prodotto in sé – che promette comunque di rivoluzionare il mercato, esattamente come il “cugino” Impossible Burger – ma in quello che rappresenta.
Come rivela l’azienda stessa tramite le parole del suo amministratore delegato, Patrick Brown, l’Impossible Pork ha come target di consumatori sia gli estimatori dell’Impossible Burger, sia coloro che invece prediligono la carne di maiale, di cui ancora non esisteva un sostituto a base vegetale. Ed è proprio questo il punto: l’azienda è andata oltre la creazione di prodotti genericamente alternativi alla carne, specializzando la produzione e focalizzandosi su diverse tipologie di carne (e pesce). Il mercato globale sta accogliendo quindi prodotti sempre più specifici e sempre più targettizzati, a riprova del fatto che le alternative ai prodotti animali non sono una “moda” passeggera destinata a spegnersi a breve, ma piuttosto la realtà alimentare del prossimo futuro.
Un futuro in cui si colloca la mission di Impossible Foods, chiara fin dall’inizio e più volte ribadita anche da Brown: il mercato alimentare globale necessita di un cambiamento rivoluzionario e l’azienda californiana vorrebbe tentare di sostituire ogni alimento a base di animali ancora sul mercato entro il 2035. Un impegno che è valso all’azienda un riconoscimento importante da parte delle Nazioni Unite, il “Planetary Health”, per il suo impegno nell’informare i consumatori sull’impatto che la produzione di cibo ha sul nostro pianeta, ma anche per aver trovato una soluzione innovativa a uno dei più grandi problemi del nostro tempo.
“Carne” vegetale: uno sguardo d’insieme
Sì, perché l’impatto degli alimenti di origine vegetale sull’ambiente e sulla salute umana è diverso da quello degli alimenti di origine animale. Lo svela uno studio elaborato dagli scienziati dell’Università di Oxford, in collaborazione con l’Università del Minnesota: per fare un esempio, una porzione di carne rossa da 50 grammi è associata all’emissione di almeno 20 volte più gas serra e a un utilizzo del suolo 100 volte superiore rispetto a una porzione di verdure da 100 grammi. Ma non basta, perché dallo studio emerge che una porzione di soli 50 grammi di carne lavorata al giorno (che equivale, per esempio, a due fette di prosciutto) aumenta del 41% la probabilità di andare incontro a malattie potenzialmente mortali – come malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2 e ictus.
Ecco allora che l’inversione di rotta diventa essenziale, non solo per la salute umana ma anche e soprattutto per una questione di sostenibilità ambientale: tralasciando la questione etica, mangiare carne non è più considerabile una scelta personale, ma ha strettamente a che fare con i cambiamenti climatici in atto e con la sopravvivenza del nostro pianeta e dei suoi abitanti. Un report stilato di recente, afferma che una dieta plant based può riduce del 70% le emissioni di gas serra e la necessità del cambiamento è sotto gli occhi di tutti.
Da un punto di vista strettamente economico, il mercato globale dei sostituti della carne è in espansione lenta ma costante: secondo un recente rapporto elaborato dalla società di ricerca Technavio, il mercato della “carne” a base vegetale dovrebbe crescere di $ 3,17 miliardi, con un CAGR del 17%, entro il 2024. Un’ascesa dovuta in parte al fatto che il prezzo della “vegan meat” diventa sempre più competitivo, arrivando a eguagliare – o superare di poco – quello della carne animale, ma anche a una nuova e maggiore consapevolezza da parte dei consumatori. L’alimentazione plant based diventa via via sempre più mainstream, non solo tra la popolazione “veg”: sono soprattutto i consumatori onnivori a scegliere le alternative a base vegetale, viste come più sane rispetto a quelle di derivazione animale, tanto che il 90% dei consumatori di prodotti vegetali non è né vegetariano né vegano.
È dunque in questo quadro di rivoluzione (anche) economica che si colloca il lavoro di Impossible Foods e l’impatto dell’Impossible Pork non può e non deve essere sottovalutato: l’azienda è riuscita a replicare la carne più mangiata al mondo (secondo la FAO, il 37% del consumo complessivo), e gli scenari economici a cui l’azienda ha aperto le porte si possono solo immaginare – almeno per ora.

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