Impossible Foods – “numero due” a livello globale per la produzione di alternative vegetali alla carne e derivati, dopo Beyond Meat – ha da poco annunciato di aver ottenuto 200 milioni di dollari con la chiusura del suo ultimo round azionario di serie G, dopo aver ottenuto un finanziamento di 500 milioni di dollari a marzo con il round F. In totale, si calcola che la start-up californiana, finora, abbia raccolto circa 1,5 miliardi di dollari dal 2011, l’anno della sua fondazione.
L’azienda ha dichiarato che i fondi ottenuti – grazie a investitori di vecchia data come Mirae Asset Global Investments e Temasek, nonché il nuovo XN – verranno impiegati per espandere i propri programmi di ricerca e sviluppo, ma anche per accelerare la produzione su larga scala rendendo le alternative plant-based più competitive sul mercato; aumentare la presenza dei prodotti al dettaglio a marchio Impossible Foods e la loro disponibilità nei principali mercati internazionali, nonché per favorire la creazione di prodotti vegetali sempre più innovativi. In particolare, questo punto rispecchia l’obiettivo ambizioso dell’azienda, che ha intenzione di eliminare a livello globale il consumo di prodotti di origine animale entro il 2035, sostituendoli con alternative 100% vegetali più sostenibili a livello ambientale ed etico. Queste le parole di Patrick Brown, CEO e fondatore dell’azienda, a questo proposito:
“Penso che le persone saranno sempre più consapevoli che i prodotti a base vegetale sostituiranno completamente i prodotti a base animale nel mondo alimentare entro i prossimi 15 anni. Questa è la nostra missione. Questa trasformazione è inevitabile”.
Nessun accenno, però, a un possibile ingresso a Wall Street da parte dell’azienda, a differenza di quanto accaduto per la sua diretta concorrente, Beyond Meat: quest’ultima ha debuttato da poco in borsa con un successo eccezionale. Il prezzo di collocamento è stato fissato a 25 dollari durante l’IPO (offerta pubblica iniziale); il titolo ha aperto in rialzo del 76% a 46 dollari per poi chiudere più che raddoppiando il prezzo d’esordio a più 163%. La start-up, valutata a 1,5 miliardi di dollari in sede di collocamento, sfiora il valore di 3,4 miliardi alla fine della sua prima giornata di contrattazione: un valore di mercato stellare.
Il futuro è meat-free
Non è un caso che l’ultimo round di investimenti abbia fruttato a Impossible Foods un guadagno così consistente, perché si colloca in un periodo particolare per il mercato alimentare globale: la pandemia da Covid-19 ha portato a un calo considerevole dei consumi di carne, favorendo la corsa ai prodotti plant-based alternativi. Oltreoceano, Impossible Foods ha quindi accelerato il lancio dei propri prodotti al dettaglio, in risposta all’enorme domanda di prodotti vegetali da parte dei consumatori e dei negozi di alimentari. “Il 2020 è stato un anno di crescita esplosiva per noi, ma questo è solo l’inizio – dichiara David Lee, Direttore finanziario di Impossible Foods – Abbiamo in programma di creare alternative a base vegetale per ogni categoria di prodotti alimentari di origine animale. Questo investimento ci consentirà di continuare a sviluppare la tecnologia che consentirà tale trasformazione”. L’azienda, va ricordato, attende invece dal 2018 il via libera da parte dell’UE per commercializzare i propri prodotti sul territorio europeo, per via dell’impiego di una molecola OGM – la leghemoglobina di soia, nota come “eme” – in grado di far “sanguinare” i propri burger, e di fornirgli aspetto, consistenza e sapore pressoché identici a quelli degli hamburger di carne.
Se è vero che il Coronavirus ha accelerato lo shift verso i prodotti plant-based, è altrettanto vero che l’espansione di questo mercato a livello globale è in atto già da diverso tempo. Secondo gli esperti il mercato della “carne” vegetale crescerà di 3,17 miliardi di dollari entro il 2024, e il motivo è semplice: sempre più consumatori scelgono una dieta “flexitarian” – riducendo il consumo di carne e derivati animali in favore di alternative vegetali – per questioni etiche, ambientali e salutistiche tanto che il 90% dei consumatori di prodotti plant-based non è vegetariano né vegano.
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