Parlando di impronta idrica (o water footprint) si fa riferimento alla quantità totale di acqua dolce impiegata per produrre un bene o un servizio. Ormai da tempo, la popolazione mondiale sta affrontando una scarsità di risorse idriche eccezionale, e per questo si rende necessario analizzare l’impronta idrica legata al nostro consumo alimentare: quali sono gli alimenti che impattano di più sulla disponibilità di risorse idriche, e quali sono i numeri di questo spreco?
I dati sono riportati anche dal network Water Footprint – che si occupa da anni di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’argomento – e derivano da uno degli studi più imponenti mai realizzati sul tema impronta idrica: THE GREEN, BLUE AND GREY WATER FOOTPRINT OF FARM ANIMALS AND ANIMAL PRODUCTS.
Quello che emerge in maniera chiara e incontrovertibile è che l’impronta idrica dei prodotti di origine animale è nettamente superiore a quella dei prodotti di origine vegetale. In particolare, l’impronta idrica della carne bovina è molto pesante: per produrre 1 kg di carne bovina occorrono 15415 litri di acqua. Occorrono inoltre:
- 8763 litri di acqua per un kg di carne di pecora,
- 5988 litri per un kg di carne di maiale,
- 4325 litri per un kg di carne di pollo,
- 3265 litri per un kg di uova,
- 1020 litri per un litro di latte.
Di contro, dallo studio emerge che occorrono – per esempio – solo 322 litri di acqua per produrre un kg di vegetali o 1644 litri per produrre un kg di cereali.
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Il costo ambientale ha anche un altro aspetto da tenere in considerazione: l’acqua dolce (fiumi e laghi) viene inquinata dai liquami organici provenienti dagli allevamenti e dalle sostanze chimiche usate nella coltivazione dei mangimi per il bestiame. Oltre a consumare acqua, la richiesta di carne e derivati animali inquina anche quel poco che di essa ci resta, rendendola di fatto inutilizzabile. Le acque del sottosuolo inoltre, formatesi nel corso di milioni di anni, sono così talmente sfruttate per l’irrigazione che il reintegro da parte delle piogge è del tutto insufficiente.
Alimentazione e climate change
Davanti a questi dati – che si affiancano ad altri legati alle emissioni di gas inquinanti e all’uso del suolo – c’è solo una riflessione da fare: mangiare carne e derivati animali non è più una scelta sostenibile a livello ambientale, da nessun punto di vista.
Il tempo che abbiamo a disposizione prima che sia troppo tardi è veramente poco: gli esperti ritengono che siano circa 7 anni. Allora è tempo di agire, e tutti noi possiamo dare il nostro contributo partendo da quello che scegliamo di portare in tavola: seguire un’alimentazione 100% vegetale è il primo, fondamentale passo per salvare il Pianeta.
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