Oggi è la Giornata Mondiale per la Lotta alla Desertificazione, instituita dalle Nazioni Unite nel 1995 per portare l’attenzione sul tema della siccità e della perdita di biodiversità. Il tema è complesso e vario, ma una cosa è certa: sono le attività umane ad acuire il problema, che diventa via via più preoccupante. In questa giornata, vogliamo cogliere l’occasione per parlare dell’impronta idrica degli alimenti che compriamo e consumiamo quotidianamente, specialmente di quelli di origine animale.
Parlando di impronta idrica (o water footprint) si fa riferimento alla quantità totale di acqua dolce impiegata per produrre un bene o un servizio. Sai che i prodotti che metti nel carrello possono favorire la desertificazione? Proprio così, soprattutto quelli di origine animale. Questo perché sono quelli che in generale richiedono – e sprecano – più acqua pulita per essere prodotti. Secondo lo studio Reducing food’s environmental impacts through producers and consumers, pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Science:
- Per produrre un kg di formaggio servono 5605 litri di acqua pulita.
- Per un kg di pesce da allevamento 3691 litri.
- Per uno di carne bovina 2714 litri, 1451 per quella di vitello.
- Per un kg di latte servono 628 litri di acqua, 578 per un kg di uova
Numeri che si abbassano drasticamente quando si parla di alimenti vegetali:
- Prendiamo il tofu, per esempio: per produrne un kg servono appena 149 litri d’acqua.
- Per un kg di ortaggi con radice 28 litri, stessa quantità per produrre un kg di latte di soia.
- Il riso, tra le colture più impattanti in assoluto, consuma comunque meno della maggior parte dei prodotti animali, con 2248 litri di acqua per kg.
Alimentazione e climate change
Davanti a questi dati – che si affiancano ad altri legati alle emissioni di gas inquinanti e all’uso del suolo – c’è solo una riflessione da fare: mangiare carne e derivati animali, oltre a essere inaccettabile dal punto di vista etico, non è più una scelta sostenibile a livello ambientale.
Il tempo che abbiamo a disposizione prima che sia troppo tardi è veramente poco: alcuni esperti ritengono che sia sempre più probabile che la temperatura media globale aumenti di 1,5° entro il 2026. Allora è tempo di agire, e tutti noi possiamo dare il nostro contributo partendo da quello che scegliamo di portare in tavola: seguire un’alimentazione 100% vegetale è il primo, fondamentale passo per salvare il Pianeta.
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