In immersione

Promiseland -

Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, in data 10 ottobre 1997, ha dato parere favorevole alla costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina. Da quel momento l’argomento è sparito dai telegiornali, dai quotidiani, i movimenti e le associazioni spontanee di cittadini che si sono costituiti per opporsi al progetto sono cadute nel cono d’ombra dell’indifferenza […]

Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, in data 10 ottobre 1997, ha dato parere favorevole alla costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina. Da quel momento l’argomento è sparito dai telegiornali, dai quotidiani, i movimenti e le associazioni spontanee di cittadini che si sono costituiti per opporsi al progetto sono cadute nel cono d’ombra dell’indifferenza dei media, ancora di più oggi in pieno monopolio televisivo. Sembra quasi che al ponte si voglia lavorare \”in immersione\”, arrivando silenziosamente ad un punto di non ritorno. A parte rare eccezioni, come una recente puntata di Report (una delle poche voci fuori dal coro) andata in onda il 24 settembre 2002, il ponte sullo Stretto non attrae l’interesse degli organi di informazione. Eppure i motivi per noi cittadini di essere informati ci sarebbero tutti: è stata richiesta la procedura di urgenza per la sua costruzione, è uno dei ponti più colossali finora progettati, è un’opera che richiederà (e ha già richiesto per gli studi di fattibilità) un’immane quantità di denaro che saremo noi cittadini a sborsare con le tasse e con i pedaggi che non si annunciano popolari, è un’opera che per le sue dimensioni e la sua localizzazione non può non avere un forte impatto sull’ambiente marino dello Stretto. Ma gli italiani e gli europei, che sono in definitiva i veri destinatari del progetto, sono tenuti all’oscuro di tutto. Il fatto è che se oscure e inquietantemente taciute sono le motivazioni per cui il ponte dovrebbe essere costruito, al contrario sono chiare e argomentate, spesso supportate da dati scientifici, molte delle ragioni per cui il ponte non dovrebbe essere realizzato.

Dal punto di vista economico-finanziario il costo totale dell’opera supera 5 miliardi di Euro (10.000 miliardi di lire) a cui vanno a sommarsi i 200 miliardi già spesi per gli studi di progettazione e di fattibilità Nella previsione di una partecipazione pubblico-privata all’impresa, il recupero di tali costi avverrebbe attraverso il pedaggio di attraversamento. Nell’ipotesi più ottimistica e fissando prezzi di poco inferiori a quelli del traghettamento, si rientrerebbe in oltre 100 anni soltanto del 50%. Il restante 50% (2,5 miliardi di Euro) graverebbe interamente sul bilancio dello Stato, impedendo di fatto la possibilità di investire in altre infrastrutture e servizi destinati allo sviluppo reale della Sicilia (e del Sud in generale). Le regioni coinvolte dal progetto necessitano invece già oggi di interventi infrastrutturali di fondamentale importanza che dovrebbero interessare la rete idrica, quella ferroviaria e quella stradale. Come se non bastasse, la cifra finora spesa per il progetto continua a salire visto che dall’11 giugno del 1981 è stata costituita la Stretto di Messina S.p.A. (definita \”concessionaria di Stato\”) con un capitale sociale ripartito tra IRI, ANAS, Ferrovie dello Stato e Regioni Sicilia e Calabria; tutti enti pubblici e società già di proprietà dello Stato ora in via di contestata e parziale privatizzazione. Chi paga per l’ordinaria amministrazione di questa società che esiste da vent’anni anche se il ponte non si dovesse mai fare? Direttamente o indirettamente paga sempre lo Stato italiano, cioè noi.

Le caratteristiche geomorfologiche del territorio dello Stretto (zona sismica, forti venti, faglie aperte) pongono seri dubbi sulla sicurezza dell\’opera (i forti venti sullo Stretto rischiano di limitare l\’agibilità del ponte ad un terzo dei giorni dell\’anno). Ma è il rischio sismico a preoccupare di più gli esperti, come confermato in una recente intervista da Antonio Moretti, docente di Geologia Regionale all’Università della Calabria: \”E’ come scoprire l’acqua calda, dopo il terribile terremoto che nel 1908 distrusse Messina. Ma l’area è anche soggetta ad un movimento lento relativo tra le due rive di qualche metro ogni secolo, cui si deve eventualmente sommare uno scorrimento improvviso in caso di terremoto. E’ probabile, viste le infinite risorse degli ingegneri che queste difficoltà siano tecnicamente superabili, ma non so se lo sarebbero altrettanto dal punto di vista psicologico per gli utenti\”.

Tale opera è in piena contraddizione con il concetto di mobilità e trasporto sostenibile soprattutto in realtà (Sicilia e Calabria) caratterizzate dalla mancanza di reti viarie, ferroviarie e marittime che si possano considerare adeguate alle esigenze del territorio (la Sicilia, in particolare, è l\’unica regione a non avere un Piano regionale dei trasporti e, pur essendo un\’isola, non ha un Piano dei porti). Nessun aeroporto dell\’isola è attrezzato per l\’atterraggio di voli internazionali. Inoltre, gli sforzi attualmente prodigati per razionalizzare il sistema del trasporto merci in Sicilia, sarebbero vanificati e contraddetti dalla costruzione del ponte. Cosa succederebbe al porto di Messina e al collegato porto di Milazzo che paradossalmente sono in espansione? A Messina il traffico maggiore è di traghetti: Un milione di autotreni trasportati ogni anno, due milioni e mezzo di auto, 13 milioni di turisti e 200.000 turisti per le isole Eolie. Il porto di Milazzo è collegato da 25 chilometri di autostrada al porto di Messina e le Ferrovie stanno realizzando un collegamento che ridurrà il tempo a dodici minuti di percorrenza. Una sinergia tra i due porti consentirà di realizzare un sistema portuale sulle due sponde della Sicilia, in modo da attrarre traffico dal Tirreno e dall’Adriatico. Con il ponte, Reggio Calabria e Messina scomparirebbero trasformandosi in luoghi di transito ancor più di quanto non lo siano già oggi.

Il costo totale dell’opera lieviterebbe a 40/50 miliardi di euro (100.000 miliardi delle vecchie lire) a causa delle infrastrutture di contorno, essenziali e indispensabili. Forse i raccordi per le auto saranno più facili, ma per portare la ferrovia ai cento metri di altitudine del ponte (visto che i treni non possono superare certe pendenze), dalla parte calabrese bisognerebbe allargare i lavori a 40 chilometri prima dell’inizio del Ponte. Con i costi conseguenti. Non dimentichiamoci, infine, che interi paesi verrebbero spazzati via dal previsto sistema di tangenziali e circonvallazioni.

Dal punto di vista della fattibilità, sembrerebbe anche che i soldi spesi finora siano stati letteralmente buttati al vento. Molti degli ingegneri coinvolti nel progetto sembrerebbero confermare che il ponte non si farà mai. Perché? Semplicemente perché non si può fare: Nel mondo non esistono ponti sospesi di lunghezza superiore ai due chilometri, figuriamoci lunghi 3,2. Una ragione tecnica è che i cavi in acciaio più resistenti, oggi usati anche per i ponti autostradali, hanno un limite di rottura di 500 kg per mmq: questo non basta per il Ponte di Messina. Non solo, ma con il Ponte dovrebbero rimanere in servizio a tempo pieno anche gli attuali traghetti, per l’emergenza di una struttura estremamente vulnerabile (vento, attentati, terremoti, manifestazioni di protesta che lo bloccherebbero facilmente).

Per non fare la figura dei soliti idealisti, trattiamo il punto di vista ambientale come ultimo. Non è stato adeguatamente considerato il grave impatto dell\’opera sull\’ambiente marino dello Stretto, le cui peculiarità uniche rendono imprescindibile la salvaguardia di molte specie animali – alcune anche a rischio d’estinzione e particolarmente protette da direttive comunitarie e da convenzioni internazionali – e vegetali che qui hanno creato una vera oasi nel Mediterraneo, particolarissima e unica nel suo genere. Lo Stretto è una delle aree \”chiave\” in Europa, assieme al Bosforo e allo Stretto di Gibilterra, per la migrazione di uccelli in primavera. Mentre negli altri due stretti i volatili sono protetti da oltre venti anni, dicono al WWF, e raccolgono un turismo verde fatto di centinaia di appassionati e ornitologi che arrivano da tutto il mondo, quello di Messina è patria del bracconaggio contro il quale inutilmente si combatte. Oggi il bracconaggio; domani, con il Ponte? Sarebbe un’opera di regime, afferma Fulco Pratesi, Presidente del WWF Italia: \”La rete generale dei trasporti nel meridione è un deserto assoluto. Il Ponte mi darebbe l’impressione di uno quei negozi con splendide vetrine che nascondono all’interno poco più che uno sgabuzzino. Poi l’offesa al paesaggio sarebbe enorme, a causa in primo luogo delle devastanti \”opere di appoggio\”, specie quelle ferroviarie\”.

In definitiva, dietro all’attrattiva della \”grande opera\”, dietro al fascino seducente di quello che potrebbe essere il ponte sospeso più lungo del mondo, oltre al desiderio di lasciare un segno nella storia da parte di alcuni uomini pubblici, si celano ragioni che sarebbero sufficienti fin da ora ad abbandonare l’idea di un ponte e a ricercare soluzioni alternative realizzabili e molto più economiche (come ad esempio l’ammodernamento delle navi traghetto oramai vecchie dai 16 ai 32 anni). Ma ciò non avverrà. Prepariamoci allora ad un’altra battaglia contro il consumo, di risorse, di ambiente, di territorio, battaglia alla quale tutti gli italiani e gli europei che amano il Bel Paese saranno chiamati a contribuire.
[Redazione Cunegonda]

Tratto da: www.cunegonda.info


Alcuni links:

Il sito ufficiale della società Stretto di Messina


Terre Libere


Italia Nostra


Il ponte sullo stretto


Messina senza ponte


Pontopoli

Scegli i prodotti certificati VEGANOK e sostieni così la libera informazione!


Solo con la partecipazione di tutti potremo fare la differenza per la salvaguardia del pianeta.

Scarica gratuitamente il nostro magazine