Non solo Coronavirus: secondo una recente valutazione scientifica dell’Efsa – l’Autorità europea per la sicurezza alimentare – l’Europa è minacciata anche dall’influenza aviaria, malattia virale molto contagiosa che si sta diffondendo a una velocità allarmante in tutto il continente. Un problema da non sottovalutare, perché il rischio che si sviluppino nuovi focolai è concreto, dopo che il mese scorso sono stati segnalati 300 casi in Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Svezia e Regno Unito. La maggior parte dei casi hanno riguardato uccelli selvatici, ma le autorità ritengono elevata la probabilità che il virus si diffonda agli animali negli allevamenti.
Per questo, anche se per ora non si tratta di un virus pericoloso per l’uomo, migliaia di polli, tacchini e galline negli allevamenti di diversi paesi sono stati abbattuti per evitare il diffondersi del patogeno in queste strutture. Una vera e propria mattanza, che ricorda da vicino quella che in questi mesi ha riguardato gli allevamenti di visoni, uccisi a milioni in Europa e non solo dopo che numerosi allevamenti sono risultati focolai di Coronavirus.
L’influenza aviaria, spiegano le autorità competenti, si sarebbe diffusa in Europa occidentale dalla Russia occidentale e dal Kazakistan: qui, l’estate scorsa, sono stati scoperti focolai che hanno interessato uccelli selvatici e pollame. Lo spostamento del virus è legato alla migrazione autunnale degli uccelli verso l’Europa continentale.
Influenza aviaria: a rischio gli allevamenti avicoli
Attualmente non sono stati segnalati casi nell’uomo; quello che preoccupa è il possibile mutamento del virus (che potrebbe quindi diventare pericoloso per l’uomo), così come la possibilità che questo colpisca in maniera ancora più massiccia gli animali negli allevamenti. Finora, sono stati abbattuti migliaia di animali (tra cui polli, tacchini, oche e fagiani) risultati positivi nei paesi in cui il virus ha iniziato a circolare, ma questo potrebbe essere solo l’inizio di uno sterminio senza precedenti. Parliamo di 500 volatili in Francia, 16 mila tacchini in Germania, 48 mila polli nei Paesi Bassi e 13 mila in Gran Bretagna: numeri che sono destinati ad aumentare a ritmi sostenuti.
Nik Kriz, responsabile dell’Unità EFSA “Salute animale e vegetale”, ha dichiarato: “Per prevenire un’ulteriore escalation di questi focolai sarà necessaria una stretta collaborazione tra le autorità competenti in materia di salute animale, pubblica, ambientale e occupazionale, in altre parole occorrerà un approccio di salute unica globale (“One Health”) in tutta Europa“.
Il punto, però, rimane sempre lo stesso: anche in questo caso siamo di fronte a una zoonosi, ovvero una malattia infettiva trasmessa dagli animali all’uomo, proprio come l’attuale Coronavirus. Come dimostrato anche da uno studio realizzato dall’Onu, le cause profonde che scatenano questo tipo di emergenza sanitaria sono legate anche alle attività umane. Tra queste, in particolare, l’aumento della domanda di proteine animali, le forme intensive di allevamento e agricoltura nonché il cambiamento climatico, sono fattori strettamente connessi alla diffusione di patologie con potenziale pandemico. Se vogliamo essere in grado di affrontare e soprattutto di prevenire altre emergenze sanitarie, dobbiamo in primo luogo cambiare le nostre abitudini, specialmente quelle alimentari: soltanto spostare il consumo verso le proteine di origine vegetale può essere la chiave per salvare il pianeta.
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